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Le onde, il volo delle falene sul libro di Virginia Woolf

Un libro non va necessariamente capito. Si può leggerlo con attenzione, apprezzarlo, amarlo. E non capirlo affatto. È quello che accade leggendo “Le onde” di Virginia Woolf. Un libro che la stessa Woolf considerava oscuro, difficile, disorganico, il più complesso tra i suoi. Da Woolf del resto, non ci aspetta di certo una trama, una forma, una linearità. Sempre la realtà si confonde con la letteratura. E la letteratura con la vita. Ma qui la letteratura non si confonde con la vita, si confonde con il caos, con il pensiero, con le innumerevoli sfumature della caotica mente umana.

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Non c’è trama, non c’è storia, non c’è forma, non ci sono personaggi. Non c’è niente. Ma niente è già qualcosa quando si parla di Virginia Woolf. Quando si parla de Le onde. Un libro di difficile gestazione, anche per lei. Anche per Woolf, che di difficile ha tutto. Incerta a volte, e in difficoltà (in vera e propria crisi) nel decidere quale attimo fissare sulla carta, quale percezione rinchiudere in una parola, quale evanescente sogno confondere con la realtà. Quale ritmo dare alla narrazione, se la narrazione non esiste. Perché Woolf, come lei stessa ha dichiarato, non scrive “a trama”, ma “a ritmo”. E il ritmo de Le onde non può che essere quello dell’onda «sempre uguale, eternamente mobile, eternamente ripetitivo». Quando Woolf scrive il suo libro, «ciò che “vede”, e “sente” è una massa che muove a mo’ di onda, sale, scende, si solleva, ricade, s’innalza, s’abbatte. L’onda è prima di tutto il moto di un elemento fluido – aria, acqua, sangue, respiro – che si intona coi ritmi in battere e levare di agenti impersonali quali il sole, il cielo, il mare […]».

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Di sprazzi, schizzi, sfumature, impronte buttate a caso secondo un ordine che non è del lettore e che per questo si mostra tanto incomprensibile, di questo è fatto Le onde. Le sensazioni, l’estasi, la solitudine, la paura, il terrore, l’angoscia, l’eccitazione di sei bambini (pseudo personaggi le cui vite attraversano l’interno romanzo ma mai trovano compimento) che come ondate travolgono la scrittura.

Come comprendere un libro che è un’onda? Un libro in cui tutto è un’onda, in cui tutto ondeggia, fluttua secondo un ritmo che altro non è che quello dell’onda stessa. È solo immergendosi piano piano nella lettura che si prende il ritmo della narrazione esattamente come quando in mare ci si adatta gradualmente al movimento delle onde che trascinano e travolgono. Sopra le onde le falene, le farfalle notturne in cerca di luce, dalle quali Virginia Woolf fu ossessionata durante l’intera stesura del romanzo (tanto che il suo primo titolo doveva essere proprio “Le falene”), forse ossessionata come loro dalla ricerca della luce, della salvezza che solo nell’immortalità che garantisce la scrittura si può raggiungere. Ma farfalle notturne che cercano luce è un controsenso, come un controsenso è basare la struttura di un libro sul movimento di un’onda, “infinità di movimento che si ripete” e che dunque non ha una fine, come del resto non ha fine e completezza nessuna delle storie, dei microdrammi, pensieri, schizzi che compongono la pseudo trama del libro.

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La vita non conclude come non concludono le storie che Bernard-Virginia racconta. Se Bernard-Virginia non riesce a completare le sue storie che immagina anelli di fumo che inglobano personaggi e vicende, è anche vero che come la sua creatrice egli ha bisogno degli altri personaggi e delle loro vite per sopravvivere e farli sopravvivere mescolandosi con loro, perché Le onde non ha personaggi ma una totalità di vite intrecciate in un concerto di voci, pensieri, schizzi di percezioni che non sono mai in fondo solo del singolo ma di un’umanità complessa e variegata rappresentata qui dalle sei voci di Bernard, Jinny, Neville, Louis, Rhoda, Susan, non altro che facce di una stessa identità. Le onde è un libro che non va capito dunque. O tutt’al più, un libro che va capito con pazienza. La pazienza di capire che il suo senso sta nel non-senso o tutt’al più nei piccoli suggerimenti, “momenti di essere” che Woolf dissemina qua e là tra le pagine del romanzo. Un libro fatto di percezioni come rileva il ruolo centralissimo della figura di Percival che ha nel suo nome il significato di “percezione” per l’appunto ( in inglese PERCEption-PERCival) e che pure è figura dell’assenza, dell’inesistenza, dell’evanescenza che vive solo nei ricordi e nei pensieri che gli altri personaggi hanno di lui. Senza voce, è l’eroe, il mito che muore e rinasce in chi lo commemora e ricorda.

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Per comprendere Le onde dunque, bisognerebbe forse immergersi in un flusso di pensieri, indagare lati oscuri dell’essere, immaginare vite non vissute. Accettare, senza perdita o dolore, l’insensatezza dell’esistenza, naufragare in mari senza fine. E perdersi nel volo di una falena sopra le onde. Che sempre si infrangono e si rompono sulle radici della vita.

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Rossella di Vincenzo 

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