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”Niente e così sia”, la forza delle parole nelle piaghe della vita

Le parole hanno una loro forza. Entrano dentro di chi le legge per distruggere e creare sopra le macerie. questo dovrebbe fare un libro creare una propria coscienza. Questo fa 'Niente e così sia' di Oriana Fallaci...

Le parole hanno una loro forza. Entrano dentro di chi le legge per distruggere e creare sopra le macerie. questo dovrebbe fare un libro creare una propria coscienza. Questo fa ‘Niente e così sia‘ di Oriana Fallaci. Un libro che riflette sulle vita descrivendone la morte, le tortura, le ingiustizie, la solitudine. Le atrocità umane che rendono il mondo un campo di battaglia.

L’angoscia di chi attende di morire, maggiore quella di chi lo spera. ‘la vita che cos’è?’ con questa frase si apre il libro della giornalista italiana, una frase che in molti si sono posti ma a cui in pochi hanno risposto. La fallaci prova a farlo in Vietnam, durante la guerra. Trova la risposta alla vita tra le macerie di una città e nell’indifferenza politica che succederà la guerra. Un indifferenza dovuta alla convenienza e al perbenismo del mondo, l’indifferenza di una società intenta a stare al sole come ‘morte lucertole’ piuttosto che aprire gli occhi sul mondo e combattere per esso. Tar la pagine di un diario di guerra ripone i suoi pensieri le sue paure, la sua rabbia, l’amore che ha provato per ogni singolo uomo di quella nazione che si batteva per la propri libertà, indipendenza, valori che dovrebbero essere riconosciuti, ma che il colosso USA, non è riuscito ancora a comprendere. Pur avendo imparato a volare sulla luna, non riesce a volare sul mondo e nel mondo, a riconoscere l’uomo in quando tale, e non numero o macchina.

Perché ogni uomo, sia esso americano, messicano, asiatico prova li stessi sentimenti, la stessa paura di fronte la morte, lo stesso dolore davanti a ciò che il mondo è diventato Il realismo di questo libro ha una forza di uno schiaffo, che sveglia l’uomo dalla turpitudine in cui si è rilegato. Aprire gli occhi, questi chiede la Fallaci. Aprire gli occhi sulla guerra, arma di distruzione in cui i buoni diventano cattivi, in cui si perde il concetto di uomo che è stato costruito per anni con fatica. A cosa sono serviti millenni di storia, se l’uomo usa il suo ingegno per distruggere il suo simile, se stesso? A che serve la civiltà, le leggi, i parlamenti, se poi l’uomo si riduce a una bestia fradicia di sangue? Allora chiediamoci perché non consideriamo assassinio, omicidio, l’uccidere milioni di persone in nome di falsi ideali, in nome delle convenienza e della ricchezza? Perché morire è diventato più facile che vivere? Perché elogiamo solamente medici che salvano alla vita per dovere professionale a un uomo e allo stesso tempo accettiamo che mille bambini, mille donne, uomini, vengano mandati a morire, vengano fucilati. Perché abbiamo il culto della morte?

Raccontando le guerre che si svolsero in Vietnam negli anni a cavallo tra il 1967 e il 1968 contro USA con ingegno e una forza invidiabile Oriana ci mostra come la vita si è ridotta a un guscio vuoto, informe, dove l’uomo mostra la sua forza, il suo potere con la morte, la distruzione. Dove l’uomo si sente Dio, un dio che decide della vita e della morte. Ma dove allo stesso tempo brilla la fiamma dell’eroismo. L’eroismo di un popolo che si batte per la libertà, per un sogno. Di giovani che rischiano di esplodere su una mina, di venire sparati alle spalle per realizzare il desiderio di indipendenza e di vita. La fallaci in questo libro si racconta, con altri giornalisti tra cui l’amico Francois Pellù della France Press, e descrive la tragedia della vita, il sollievo di svegliasi la mattina, la quotidianità che sono diventati gli spari, le mine, la disperazione. Per questo ‘Niente e così sia’ non è solo una reportage sulla guerra, ma diventa descrizione dell’uomo, scava nel profondo dell’animo lasciando uno squarcio irreparabile.

Alla domanda ‘perché hai scelto di fare il giornalista?’ l’unica risposta vera sarebbe di voler conoscere l’uomo e la vita, perché è questo che un giornalista dovrebbe fare, eliminare il marcio dalla vertià e mostrarla nuda, palpabile, priva dei veli della convenienza. È difficile abbracciare la realtà della guerra, troppo lontana dal nostro mondo, dalla tranquillità che ha caratterizzato le nostre vite. Ci conviene non pensarci, chiudere la mente e dimenticare quella parte del mondo in cui non ci si preoccupa di feste, vestiti, di vacui e vuoti discorsi con cui mettere in mostra la propria ignoranza. La drammaticità di questo libro è il percepire il contrasto netto tra il Vietnam e il resto del mondo, un mondo anestetizzato, privo di coscienza. Notare come la televisioni, i giochi, la luna, i sindacati, la salute, diventano morfina per l’uomo. In ‘niente e così sia’ si chiede all’uomo con onestà intellettuale di uscire dai meccanismi in cui ci hanno rilegato, di riappropriarsi della propria vita. Perché ci stanno uccidendo, in silenzio. Se in Vietnam li spari che dilaniavano il petto dei civili erano rumorosi, le armi che ci stanno uccidendo ora sono lente, silenziose, piacevoli. Svegliarsi, aprire gli occhi, questo viene chiesto nel raccontare della battaglia di Dak To, dell”offensiva del Tet e dell”assedio di Saigon. Gli orrori del conflitto sono annotati giorno dopo giorno nel diario, che diverrà libro.

C’è il rifiuto della guerra, della morte, un urlo assordante: ‘Perché quasi niente quanto la guerra, e niente quanto una guerra ingiusta, frantuma la dignità dell”uomo’ In questo inno alla vita che Oriana scrive tramite la morte, la guerra si deve cercare quello spiraglio si speranza. Solo dopo aver capito ciò, dopo aver percorso il viaggio all’interno di una degli eventi più tragici ma più diffusi della vita che questo libro offre, dopo essersi svegliati, essere nuovamente Uomini, si può capire cos’è la vita: ‘La vita è una condanna a morte. E proprio perché siamo condannati a morte bisogna attraversarla bene, riempirla senza sprecare un passo, senza addormentarci un secondo, senza temer di sbagliare, di romperci, noi che siamo uomini, né angeli né bestie, ma uomini.’ E se l’Italia, o il mondo,mette in discussione un tale monumento storico e umano, per volgare convenienza politica, allora davvero siamo al baratro,rilegati un insuperabile abisso.

Chiara Lombardo

13 aprile 2014

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