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”Marmellata d’arance”: crescere è vita

Sviluppandosi nei solchi dei romanzi psicologico e di formazione, “Marmellata d’arance” (edizioni Arianna), di Rosalia Messina, sviscera le conflittualità vissute dai genitori, il cui processo di maturazione, sempre in fieri, prosegue in parallelo a quello dei figli...

Sviluppandosi nei solchi dei romanzi psicologico e di formazione, “Marmellata d’arance” (edizioni Arianna), di Rosalia Messina, sviscera le conflittualità vissute dai genitori, il cui processo di maturazione, sempre in fieri, prosegue in parallelo a quello dei figli. Protagonista del romanzo è la trentaduenne, Fabrizia Manno, medico  “approdata al lavoro presso il centro oncologico di Aviano”, in una città diversa da quella natia. Fabrizia sente forte il “richiamo” dell’amata nonna paterna, da cui è stata allevata e appena può va a trovarla:” casa è dove stai tu, non questo spazio in cui dormo, mangio, mi lavo, leggo.” 

Della  nonna Bianca a Fabrizia mancano le lunghe chiacchierate, “una geometria armoniosa che da sola non riuscivo a vedere e che tu mi svelavi, senza aver l’aria e il tono di chi insegna”, i sapori “la tua sublime marmellata d’arance, per esempio”, i profumi “del tuo sapone al mughetto e della colonia leggera”. E poiché ogni individuo, pur consapevole dell’ineluttabilità della morte, ritiene la stessa, sempre,  inopportuna per i propri cari, Fabrizia dinanzi alla  nonna “immobile e bianca” si sente impreparata: “per la prima volta, orfana davvero.”  Un triste evento che non getta, però,  Fabrizia nella disperazione “nonna, mi hai insegnato a non soccombere quando la tempesta si abbatte su di me”.

E così vicina a quel corpo inerme la protagonista traccia il bilancio affettivo della propria esistenza, costellato, purtroppo,  da numerose perdite: la rottura col fidanzato Giulio “Tutto si era consumato di questo rapporto, perfino le ceneri si erano già disperse, senza che dovessi cercare un posto adatto per spargerle al vento”; la prematura scomparsa del padre “Nemmeno ci pensavo al come. Era già enorme la scoperta del fatto in sé”; la fuga in California della mamma, Emma, “Il copione non cambia mai; ogni due o tre anni, nell’incontrarmi, dopo le effusioni iniziali fa un  passo indietro e mi scruta, tenendomi le mani sulle spalle”. Un album di ricordi che configura il vissuto di ciascuno plasmato, certamente, anche da manchevolezze e responsabilità. “Peccati” che, però,  l’autrice perdona, a differenza di Bianca inflessibile nei confronti di sé stessa, nonostante l’infondatezza delle “prove”.

Interrogandosi sulle proprie colpe nei confronti del figlio, la “stabile e rocciosa” Bianca, infatti,  non riesce a scoprirne    “ma di certo devono esserci state”.  Il libro che, scritto con un linguaggio raffinato ed efficace, procede a mo’ di flusso di coscienza, culmina con una sfilza di sequenze dialogiche tra Fabrizia e la madre,  quasi a rimarcarne il serrato confronto. Raccogliendo la più grande eredità della nonna che usava dirle  “Crescere è una cosa complicata, Fabrizia,  Quasi quanto essere genitore”, la protagonista, dunque, si rappacifica con Emma, così che il  loro rapporto, in passato sempre superficiale, acquista vigore.  Una riconciliazione, però, con qualche puntino di sospensione,  incompiuta, d’altronde, com’è la vita. “La perfezione è la virtù dei fiori di plastica”.

Lucia Corsale

6 febbraio 2014

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