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“L’arte è contemporanea” l’ultimo saggio di Vittorio Sgarbi in cui rende omaggio alla produzione artistica più recente

Passa per l' acerrimo denigratore dell'arte contemporanea. Ma Vittorio Sgarbi all'addebito non si scompone: da oltre quarant'anni, pur manifestando interesse prevalentemente per l'arte antica, non smette di occuparsi della produzione artistica più recente. Lo dice (e lo scrive) ne ''L'arte è contemporanea'', ultimo suo breve saggio uscito nella collana dei Grandi Passaggi della Bompiani...

 Pubblichiamo la recensione di Mimmo Mastrangelo per la capacità di mettere in risalto gli autorevoli concetti artistici dell’autore del saggio

 

Passa per l’acerrimo denigratore dell’arte contemporanea. Ma Vittorio Sgarbi all’addebito non si  scompone: da oltre quarant’anni, pur manifestando interesse  prevalentemente per l’ arte antica, non  smette di occuparsi della produzione artistica più recente. Lo dice (e lo scrive) ne “L’arte è contemporanea”, ultimo suo breve saggio uscito  nella collana dei Grandi Passaggi della Bompiani.
 
E per entrare subito nel merito del titolo del pamphlet, il critico e storico ferrarese espone una tesi fortemente persuasiva: l’arte tutta è sempre contemporanea in quanto  il contemporaneo è una cifra cronologica e non ideologica. Per Sgarbi la contemporaneità  la si può sì riconoscere in un’opera che si fa lingua di una  ricerca o sperimentazione  innovativa, ma è rintracciabile anche  in Mantenga e Piero Della Francesca, giacché nelle opere di questi due  grandi artisti del passato è possibile specchiare  “ciò che  è esistito e continua ancora oggi a vivere”. E  al cospetto di quanto venga  divulgato o si voglia far credere,  secondo il critico dalla favella pirotecnica ogni opera   si riconosce per una sua specifica identità e natura, “ogni opera d’arte è, e basta, così  come la bellezza è. “L’arte – scrive – non ha bisogno di specialisti per essere capita”.

 

E se tutti siamo legittimati e capaci a dare una lettura di un quadro o di una scultura,  se è più facile interpretare un’opera di Kounellis, Pollock o Manzoni rispetto ad un affresco di  Michelangelo in quanto quest’ultimo richiede in più una conoscenza  storica e letteraria, Sgarbi – per dare ulteriore accredito al suo concetto di contemporaneo – non si risparmia nel biasimare chi fa dell’arte contemporanea non una libera ricerca estetica, ma merce da spremere, per massimizzare  i profitti  che girano intorno a gallerie, collezionisti e grandi mostre allestite con tanto di spreco di denaro pubblico. E sferra colpi bassi  contro quel sistema “mafioso” che porta dentro di sé enormi contraddizioni e, soprattutto, opera con discriminazione, osannando   comunicatori (e, quindi, non-artisti) come i Cattelan e i Koons e lasciando nell’anonimato artisti-artisti  che meriterebbero più riconoscimento e notorietà come i pittori Paolo Giorgi, Roberto Ferri, Lino Frongia o gli scultori Giuseppe Bergomi, Livio Scarpella o Giuseppe Ducrot.

 

Ma ritornando al titolo e all’idea portante del libello,  Sgarbi ammette che analizzando il contemporaneo passato e presente non si  fanno antitetici , diventano  elementi di complemento dentro  un unico discorrere  per cui non si può stabilire che un’artista è più attuale di un altro, “uno è più contemporaneo di un altro. L’arte contemporanea – sentenzia il critico –  è in divenire, quindi non ce n’è una , non ce n’è un aspetto soltanto. Il contemporaneo è infinitamente esteso”.

 

Venduto nelle librerie con due diverse copertine di cui una riporta un’opera  di Gaetano Pesce e l’altra di Antonio Lòpez Garcìa – il piccolo saggio si chiude con una conversazione tra Sgarbi e il massimo estetologo italiano vivente, l’ultracentenario  Gillo Dorfles, il quale con ferma lucidità  sostiene che oggi i pittori sono quasi del tutto scomparsi e gli artisti che passavano per avanguardisti a trent’anni col tempo, non avendo saputo imprimere alla loro  arte altri  elementi di novità , sono diventati la peggior retroguardia. Insomma, Dorfles sembra confermare  lo Sgarbi-pensiero sull’arte contemporanea al quale viene incontro pure l’ ultimo saggio  del grande storico e critico di fama mondiale  Jean Clair… Un interrogativo: vuoi vedere che in futuro il critico d’arte che è passato nel peggior nemico dell’arte contemporanea ne diverrà  massimo referente e voce?

 

25 agosto 2012

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