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La ”Trento Universitaria” di Sandra Frizzera, spartiacque tra sogno e realtà

Spartiacque tra sogno e realtà. Una bolla di sapone che galleggia in una corrente agitata. La ''Trento Universitaria'' (edizioni 31, pp. 234, 2013) di Sandra Frizzera forse non è proprio quella nuda e cruda...

Pubblichiamo la recensione di Nicola Morandi all’ultima fatica letteraria della scrittrice trentina, scomparsa da poco

 

Spartiacque tra sogno e realtà. Una bolla di sapone che galleggia in una corrente agitata. La ‘Trento Universitaria’ (edizioni 31, pp. 234, 2013) di Sandra Frizzera forse non è proprio quella nuda e cruda, ma senza dubbio è quella percepita e quindi raccontata dall’autrice, che anche se per largo tratto diventa onirica, non manca certo di quelle piccole o grandi difficoltà che gli universitari incontrano nel corso dei loro anni accademici. Dai problemi con i professori che non sanno capire, che hanno dimenticato di essere stati giovani (come certe suocere con le nuore) e con i baroni, nonostante quella di Trento sia un’università tra le più prestigose d’Italia.

 

Uno grazioso quadretto quello ritagliato dall’autrice, che immagina e concentra in tre appartamenti di un palazzo di via San Giovanni quattro ragazzi e tre ragazze dirette a Trento per questioni di studio, arrivando chi più chi meno dai quattro angoli del globo. Una situazione all’interno della quale non mancano intrecci culturali e amorosi, raccontati lungo uno sfondo ideale, fondato sulla collaborazione e sul rispetto reciproco. «Un futuro – commenta Piergiorgio Rauzi nella prefazione – per una Trento che lei ama (Frizzera ndr.) descrivere come presente».

 

Attraverso una scrittura ricca di sfumature e suggestioni, tipica dell’autrice trentina, Frizzera ci conduce tra le pagine di queste libro attraverso una serie di vicende ricche di spunti e sfaccettature. La realtà è invece la parte che destabilizza, che ci costringe a riflettere: è la realtà di Stivor nella Bosnia contemporanea, dell’Argentina dei generali golpisti e della repressione. C’è allora quell’impressione che l’autrice non abbia solo voluto raccontarci una semplice storia ad intreccio, ma che attraverso le pagine di questo libro, Frizzera – attraverso ricordi più o meno personali – abbia lasciato ai suoi futuri lettori una testimonianza (quanto mai forte, a breve tempo dalla sua scomparsa ndr.), azzardando un suo testamento culturale.

 

Tanto da farci capire come sotto la pelle ciascuno nasconda un’indicibile, come tra le pieghe di una vita che sempre all’apparenza tranquilla si nascondino in realtà piaghe di un passato tormentato. Forse una realtà alla quale si può trovare una cura, e che può condurre ogni singolo Efrem (personaggio chiave di questo racconto, che lasciamo al futuro lettore il compito di svelare) ad aprire la porta di quella gabbia dorata che spesso si nasconde dietro il nome di intolleranza, di ignoranza. Per essere semplicemente umani: segnati, marchiati dal dolore, vittime di delusioni, ma vivi.

 

15 dicembre 2013

 

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