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La Cina Di Yu Hua descritta in dieci semplici parole

Un bambino che chiede alla polizia di lasciare andare i suoi rapitori, un padre che si suicida perché non ha soldi per comprare una banana a suo figlio, Obama che fa da testimonial al BlockBerry... sono solo alcune delle storie incredibili che con grande maestria Yu Hua narra nella sua ultima prodezza letteraria, “La Cina in dieci parole” (Feltrinelli)

 Pubblichiamo la recensione di Timothy Dissegna per la chiara e lucida analisi del libro di Yu Hua

 

Un bambino che chiede alla polizia di lasciare andare i suoi rapitori, un padre che si suicida perché non ha soldi per comprare una banana a suo figlio, Obama che fa da testimonial al BlockBerry… sono solo alcune delle storie incredibili che con grande maestria Yu Hua narra nella sua ultima prodezza letteraria, “La Cina in dieci parole” (Feltrinelli), per poter raccontare la vera storia del Paese più controverso al mondo, dove l’ideologia comunista convive ogni giorno con la potenza del mercato capitalistica che lo sta rendendo la prima potenza economica mondiale.

 

Viene fuori una Cina nascosta, diversa da quella che noi occidentali pensavamo di conoscere, descritta con incredibile abilità da Hua, già autore di “Vivere!” e di altri libri sulla vita difficile della povera gente nel Paese di Mao, dove in alcune città bisogna lottare contro le demolizioni selvagge delle case per far spazio a continue nuove costruzioni di appartamenti e fabbriche.

 

Ma questo Paese non è solo miseria: c’è anche chi riesce a fare fortuna da solo, magari usando metodi non molto ortodossi. Si capisce quindi perché le parole più diffuse sono “taroccato” e “intortare”, sintomo di una società abituata a una realtà relativa lontana da quella vera. Una spiegazione per ciò si trova nel fatto che <>, come spiega lo stesso Yu Hua.

 

In effetti, è grande il divario tra uno Stato governato dal comunismo più severo e uno dove il mercato è padrone. C’è da sperare solo che il popolo cinese si riprenda da questo lungo shock e che torni a essere unito come non succede dal 1989, quando una folla immensa riempì Piazza Tian’anmen. Perché la Cina di oggi è sintomo di una società sola e confusa, e di questo i governi futuri dovranno fare i conti.

6 ottobre 2013

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