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Il Signore degli Anelli di Tolkien e la spettacolare lotta tra il Bene e il Male

Recensione del famoso libro fantasy che ha fatto scuola e tendenza nelle generazioni più giovani. La storia si dipana tra mondi leggendari di difficile conoscenza, fino a mondi immaginifici dove la realtà si scontra con l'oggettività del sentire il pensiero circostante...

Suggestiva analisi in chiave poetica del famoso romanzo di Tolkien

 

Libro fantasy, di un genere che ha fatto scuola e tendenza nelle generazioni attualmente più giovani. La storia si dipana tra mondi leggendari di difficile conoscenza, fino a mondi immaginifici dove la realtà si scontra con l’ oggettività del sentire il pensiero circostante. Gli avvenimenti narrati in queste tre saghe che compongono la storia unitaria, si decifrano soltanto, se fosse possibile, col sentire personale delle successioni cronologiche che caratterizzano il susseguirsi del nostro personale tempo di avvio e conclusione.

 

La saga di questo pensiero vede l’ avvicendarsi di una serie di concause che riguardano gli aspetti di una vita dedita al sacrificio e alla necessità che il bene vinca, nel più semplice dei modi, il male. Male caratterizzato da un occhio, l’occhio che tutto vede, tutto può e a cui niente sfugge se non soltanto la propria rovina. Una rovina dettata dalla sopravvalutazione del se stesso nei confronti di un Davide, che si ritiene potente si, ma di sicuro non in grado di vincere la battaglia a cui gli eventi lo hanno incatenato come portatore del segreto da custodire, da vigilare, da non possedere, e che alla fine porterà il prescelto verso un mondo altro insieme alla compagnia, che da principio aveva caratterizzato l’inizio del libro di Tolkien.

 

In un continuo scontro in cui si vedono guerre sanguinolente e paesaggi incantati di un altro tempo ormai remoto, il pensiero non può fare altro che rincorrere il presente, con un misto di agrodolce sapore per quello che noi vorremmo rappresentare all’ interno di una sceneggiatura così sospesa. Agli Hobbit, ai raminghi, ai re, agli stregoni, ai mostri immondi, agli elfi, ai nani e alle belle principesse che sormontano il castello di carte, costruito con precisione e sapiente maestria dei propri mezzi narrativi, non può che rincorrersi un pensiero costante, dedito alla partecipazione, del nostro sentire nelle sfide che ognuno di questi eroi, percepisce come un dono, o come una prova da non sbagliare.

 

Mentre noi ci sentiamo pronti a sguainare la spada, scoccare la freccia, agitare l’ascia, o semplicemente sentirci partecipi del dolore che ha colpito il nostro signore, o il nostro amico di infanzia, vorremmo a tutti i costi dipanare il segreto che cela l’ avventura che non smette di incollarci alle pagine (se pur numerosissime, ma in fondo per questo critiche di un nuovo modo di sentire il genere). Inutile cercare di carpire il segreto di procedere attraverso terre, inconsuetamente fantastiche, nel loro terrore e nella loro luce buia, o nella magnifica cornice di un sole lucente, e di una vegetazione splendente e rigogliosa al pari dei suoi abitanti, di mostri da temere nel corso della propria strada ce ne sono a bizzeffe. Forse questo libro riesce perfettamente a farci capire che anche nel buio della terra sconosciuta e più tetra che ci può sembrare, un destino incantato ci ha donato preziosi amici di cammino, pensieri lontani che giungono in aiuto nel momento del bisogno, e forza a sufficienza per poter dire finalmente "sono quello che avrei voluto essere".

 

Il viaggio costituisce, infine, il segno o il simbolo inequivocabile del poter raggiungere quanto detto prima, che sia a piedi, che sia su un cavallo, che sia piacevole o faticoso, di sicuro qui ne potremmo trovare una dose talmente elevata da poter sentirci stanchi ma appagati del viaggiare dei nostri sogni. Ad alcuni tocca andare per non ritornare più, ad altri il compito di vivere la propria vita, davanti alla propria scrittura del libro del destino, ma sempre con in cuore, l’arguzia e il sentimento di aver capito che la parola fine non è mai il caso di scriverla.

 

Marco Miri

 

16 maggio 2012

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