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”Il gioco di Ripper”, una serie di misteriosi omicidi sullo sfondo di San Francisco

''Il male è incarnato da un criminale che sfida la Giustizia, ne esce vinto, riceve la sua punizione e il bene trionfa, così tutti sono contenti. Hai capito?'' Questa è la ''formula del romanzo poliziesco'' dettata dalla stessa Isabel Allende per bocca della sua protagonista, Amanda...

Pubblichiamo la recensione dell’ultimo libro di Isabelle Allende

 

“Il male è incarnato da un criminale che sfida la Giustizia, ne esce vinto, riceve la sua punizione e il bene trionfa, così tutti sono contenti. Hai capito?” Questa è la “formula del romanzo poliziesco” dettata dalla stessa Isabel Allende per bocca della sua protagonista, Amanda, la diciassettenne che in questo romanzo veste i panni di atipico detective e indaga sul killer seriale che a San Francisco miete una vittima dopo l’altra, in una serie di violenti assassini.

 

L’autrice si attiene alla norma? La sua eroina giungerà alla risoluzione dei casi e la farà pagare ai cattivi? Naturalmente questo non lo sappiamo, ci riserviamo la sorpresa del finale – arrivare in fondo non sarà difficile, questo è sicuro, le pagine sono 458, ma volano…
Certo è  che se, sempre stando ai dettami di Amanda, “senza vizi, peccati e cattiveria” la storia non attira il pubblico, questo libro non ha da temere, vista l’ampia galleria di debolezze umane e pecche piccole e grandi di cui si racconta.

 

La trama del giallo si intreccia alle storie dei personaggi, che l’autrice tesse insieme con la sua magistrale abilità narrativa. C’è un po’ di tutto: Indiana, madre di Amanda, la guaritrice sensuale dalla bellezza provocante e irresistibile e dall’animo puro, irriducibilmente convinta della bontà umana e incapace di reprimere l’impulso di accorrere in soccorso a chiunque abbia bisogno di aiuto; Alan Keller, amante molto più vecchio di lei, ricco e viziato, incapace di provvedere a sé; Ryan Miller, ex navy seal senza una gamba con sindrome da stress post-traumatico; Danny D’Angelo, cameriere di giorno, drag queen di notte, e tutta una serie di personaggi variamente afflitti nel corpo e nell’anima – la schiera su cui Indiana impone le sue mani dai “poteri taumaturgici” e a cui prescrive le sue essenze miracolose. Dall’altro lato c’è Bob Martín, padre di Amanda, giovane capo della Sezione Omicidi addestrato al cinismo dal suo lavoro, debole nella carne e vulnerabile alle armi seduttive femminili.

 

E poi c’è lei, Amanda, adolescente un po’ emarginata dai coetanei – tra loro si sente fuori posto, non ha molti amici nella vita reale – ma brillante, intuitiva e testarda. Appassionata di indagini poliziesche e avida lettrice di manuali su assassini seriali – un’indole ereditata dal padre, già incline al disincanto –, mette a frutto le sue doti nella caccia all’assassino. Ma non è sola nell’impresa: l’aiutano i suoi compagni di Ripper, gioco di ruolo on line il cui nome viene da Jack lo Squartatore (Jack the Ripper), in cui lei svolge il ruolo di maestra. In uno “spazio virtuale” cui i partecipanti accedono da varie parti del mondo attraverso i loro pc – prodigi della connessione internet – cinque ragazzi e un vecchio si riuniscono per portare aventi le indagini. Oltre ad Amanda, sono: un ragazzo paraplegico della Nuova Zelanda che nel gioco veste l’identità di Esmeralda, gitana furba e curiosa; un ragazzo del New Jersey che soffre di agorafobia e non esce mai di casa, ovvero, in Ripper, sir Edmond Paddington, colonnello inglese in pensione che porta il suo contributo all’inchiesta come esperto di armi; una diciannovenne anoressica di Montreal che ha inventato il personaggio della evanescente Abatha, sensitiva; un afroamericano tredicenne orfano, con quoziente intellettivo 156, che vive a Reno e studia in un’accademia per ragazzi-genio e nel gioco è Sherlock Holmes, “perché dedurre e trarre conclusioni non implicava alcuno sforzo per lui”. Un bel gruppo di “freak”, come li definisce l’autrice – del resto Amanda qualche cosa dalla madre deve pur aver preso… 

 

Con loro gioca il nonno di Amanda, Jackson Blake, che in Ripper è Kabel, poliziotto agli ordini della nipote, incaricato di spiare furtivamente tra i documenti delle indagini della Sezione Omicidi, guidate da un Bob Martín spesso disponibile a chiudere un occhio sul discutibile passatempo di sua figlia e del suo ex suocero. Proprio il rapporto nonno-nipote è uno dei punti forti della storia: tra i due c’è una complicità in grado di superare le barriere generazionali, e la dedizione dell’uomo ad Amanda è commovente.

 

Lo sguardo della scrittrice si posa ironico e arguto su tutto e su tutti: in questa grande commedia umana non c’è mai autocompatimento, anche quando la narrazione esplora gli angoli più bui e dolorosi del vissuto. L’impressione è di trovarsi lì, in mezzo a tutti loro, che ci sia un posto proprio per noi in questo variegato universo di “freak” – per usare l’espressione di Isabel Allende – cui riconosciamo di appartenere, con le nostre debolezze. Ma sempre con un sorriso. Perché l’invito è quello a scoprire le nostre risorse e la nostra identità più vera, per seguire la costruzione dell’indagine indizio dopo indizio fino alla sua soluzione, per prendere parte al gioco di Ripper, e a quello della vita.

 

22 dicembre 2013

 

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