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Dietro le quinte, fotografie di Chiara Vittorini

Lโ€™immediatezza nelle arti visive รจ quellโ€™essenza che specifica nel suo svolgersi e allโ€™istante in cui si guarda il messaggio estrinseco ed intrinseco di unโ€™opera...

L’immediatezza nelle arti visive è quell’essenza che specifica nel suo svolgersi e all’istante in cui si guarda il messaggio estrinseco ed intrinseco di un’opera.

La fotografia e’ forse la forma d’arte che concentra tutte le sue potenzialità nell’atto del guardare, ma presuppone appunto un dietro le quinte, un al di là prossimo che è immediatamente dietro l’obiettivo della macchina fotografica, azionato da un clic, ma non così immediato, non così improvvisato. La fotografia non è solo l’atto di un occhio, ma l’atto di un occhio che pensa e il pensiero può agire in due modi: o folgorando con un’idea o inabissandosi in profondità.

E’ questo che suscita la fotografia della giovane Chiara Vittorini che ritrae scene di quotidiana normalità, al chiuso e alla luce di una serranda abbassata o di una lampada che illumina uno spazio prossimo avvolgendo figure, persone, anime.

E’ lo spazio che colpisce, oltre che i soggetti, forse prima lo spazio nella finestra aperta di dentro dove si affaccia il suo obiettivo, è lì che diventa narrativa la sua posa in quell’istante in cui il movimento viene estrapolato dal gesto consueto.

Sembrano sequenze di un fermo-immagine cinematografico i suoi scatti naturali quanto studiati, colti con raffinatezza e ricerca; l’autrice vuole narrare il gesto, quello così ripetitivo ed usuale che si compie senza  più pensarci, e che pensandoci determina tutte le nostre azioni dal momento della sveglia a quando sopraggiunge il momento del riposo notturno o diurno, una differenza di poco conto, quando a contenerci è il dentro, le pareti domestiche o le pareti della nostra intimità, che può essere piena di contenuti o assolutamente priva di pensieri, colma di vacuità o di noia.

E’ questo che esprime la sua fotografia: attenzione, attenzione verso il gesto compiuto a cui non si pensa, l’attimo di noi visti dal di fuori, lo specchio che ci riflette inconsapevole, la psiche. Ecco, allora, che la solitudine si trasforma e diventa il luogo intimo in cui avvertiamo la presenza del nostro Io, lo spazio d’interstizio tra l’io e la relazione con lo spazio esterno che è comunque contenuto e reso fermo, immobile, una monade dotata di finestre aperte dentro. Sembra l’elaborazione di un’attesa e della costruzione di un evento che avverrà aprendo una porta verso l’esterno, provocando un suono, un rumore, uno squillo, un atto che ci proietta fuori dalla nostra ferma e rarefatta intimità nella quale la fissità e il movimento sono paradossi. Come appunto un dietro le quinte in cui si prepara la scena vera, ci si cambia d’abito, si studia la parte, si chiude gli occhi e ci si riposa. Un’ attesa proficua che poi si compie. Poi però in un attimo rimandato, l’attimo dopo.

Marianna Scibetta

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