In Italia, nel 2025, ci sono più lettori che nel 2024; tuttavia questi trascorrono meno tempo con i libri. È questa, in estrema sintesi, la fotografia che arriva dall’ultima edizione dell’Osservatorio AIE sulla lettura, curato da Pepe Research e presentato alla fiera “Più libri più liberi” alla Nuvola di Roma.
Secondo la ricerca, oggi il 76% degli italiani tra i 15 e i 74 anni dichiara di aver letto almeno un libro (o ascoltato un audiolibro) negli ultimi dodici mesi: 33,9 milioni di persone, con un aumento del 4% rispetto all’anno precedente. La crescita riguarda tutte le fasce d’età, con un picco tra i 15-17enni, dove i lettori arrivano all’89% della popolazione.
Eppure, dietro questi numeri positivi, si nasconde una tendenza più fragile: si legge meno spesso, per meno tempo, e in modo sempre più intermittente.
Più lettori, ma letture più intermittenti
Un paese che si dichiara “di lettori”
Partiamo dai dati generali. Nel 2025, chi si definisce lettore – cioè chi ha letto almeno in parte un libro a stampa, un e-book o ha ascoltato un audiolibro nell’ultimo anno – è il 76% della popolazione 15-74 anni, contro il 73% del 2024. In termini assoluti si passa da 32,6 a 33,9 milioni di persone.
Se restringiamo lo sguardo ai soli libri a stampa, la crescita resta, ma è leggermente più contenuta: dal 67% al 70% della popolazione, pari a 30,8 milioni di persone.
Il cartaceo, insomma, continua a reggere il centro della scena, mentre digitale e audiolibri ampliano – più che sostituire – l’esperienza di lettura.
Giovani protagonisti, ma non “lettori per sempre”
La crescita coinvolge tutte le fasce d’età, ma è trainata soprattutto dai giovanissimi:
- tra i 15 e i 17 anni i lettori crescono di 5 punti percentuali in un solo anno;
- tra i 18-34 anni l’aumento è di 2 punti;
- tra i 35-54 anni di 3 punti;
- tra i 55-74 anni di 2 punti.
Colpisce il fatto che l’Osservatorio legga però questi dati in chiave discontinua. Nei grafici che ricostruiscono l’andamento dal 2018 al 2025, gli indici di lettura salgono e scendono, oscillando tra il 58% e il 76%.
Come se diventare lettori, in Italia, non significasse più “essere lettori per sempre”, ma piuttosto entrare e uscire da una pratica culturale esposta a mille concorrenze: lo smartphone, le piattaforme video, i social, il lavoro sempre connesso.
Il divario di genere che non si chiude
Resta stabile il gap fra uomini e donne: le lettrici sono l’81% della popolazione femminile, mentre i lettori sono il 72% di quella maschile. Nove punti percentuali di distanza, che si ritrovano tanto nel cartaceo quanto nelle forme digitali, con le donne che – secondo la ricerca – si stanno avvicinando e in alcuni casi superano gli uomini anche nell’ascolto di audiolibri.
È un dato ormai strutturale: in Italia leggere resta, in buona parte, una pratica femminile, con evidenti ricadute sul tipo di mercato editoriale che si sviluppa e sul modo in cui vengono pensate le politiche di promozione.
Quanto e come leggiamo: l’Italia dei lettori “occasionali”
Chi legge poco, chi legge tanto
L’indagine entra anche nel dettaglio delle quantità. Se guardiamo a tutti i formati (libri, e-book, audiolibri), il profilo che emerge è questo:
- il 37% dei lettori legge (o ascolta) fino a 3 titoli l’anno;
- il 22% si colloca tra 4 e 6 libri;
- il 19% tra 7 e 11;
- un altro 22% legge 12 o più libri l’anno.
Se stringiamo l’inquadratura sui soli libri a stampa, i lettori “occasionali” diventano quasi la metà: il 47% dei lettori di cartaceo si ferma infatti tra 1 e 3 libri l’anno, il 30% arriva a 4-6, il 13% a 7-11 e solo il 10% legge 12 o più titoli.
Lo stesso schema si ripete per e-book e audiolibri: anche qui chi consuma pochi titoli è la maggioranza assoluta (circa il 49% legge solo 1-3 e-book, il 59% ascolta 1-3 audiolibri l’anno).
È come se la lettura, nel paese, fosse un gesto ripetuto a piccole dosi: un libro ogni quattro mesi, qualche ascolto sporadico, un e-book scaricato in vacanza.
Frequenza: dal “almeno una volta a settimana” al “qualche volta all’anno”
Ancora più eloquente è il dato sulla frequenza. Tra il 2022 e il 2025 la quota di chi dichiara di leggere “almeno una volta alla settimana” crolla dal 72% al 61% dei lettori. Nello stesso periodo, chi legge “solo qualche volta al mese” o meno passa dal 26% al 38%, con un raddoppio di chi prende un libro in mano solo qualche volta all’anno (dall’8% al 16%).
In altre parole, crescono i lettori, ma cresce soprattutto la figura del lettore “saltuario”: quello che alterna periodi di forte curiosità a lunghi intervalli di silenzio, magari occupati da serie TV, podcast, scroll infinito.
Il tempo che dedichiamo ai libri: sotto la soglia dei 30 minuti al giorno
Quando si passa dalle dichiarazioni alla misura del tempo reale, la fotografia si fa ancora più precisa. Nel 2022, chi aveva letto almeno un libro a stampa nell’anno precedente dichiarava di aver passato, nella settimana dell’intervista, in media 3 ore e 32 minuti a leggere: poco più di mezz’ora al giorno. Nel 2025 questo tempo scende a 3 ore e 7 minuti, che vuol dire 30 minuti scarsi al giorno.
Sono numeri che mettono in discussione l’idea romantica del lettore immerso per ore in un romanzo: l’esperienza media è frammentata, compressa, spesso ritagliata in spazi a margine del resto – i mezzi pubblici, la sera tardi, il weekend.
Nord e Sud: un paese a due velocità (ma con una domanda nascosta)
Dove si leggono i libri, dove si vendono le copie
Uno dei grafici più interessanti del rapporto è quello che mette in relazione popolazione, lettori e copie vendute per area geografica. Nel 2024, il Sud e le Isole rappresentano il 34% della popolazione italiana, ma “pesano” solo per il 30% dei lettori di libri a stampa e, soprattutto, per il 19% delle copie vendute nei canali fisici e online monitorati.
Il Centro-Nord, al contrario, concentra il 66% degli abitanti, il 70% dei lettori e l’81% delle copie vendute. Il messaggio è chiaro: esiste nel Mezzogiorno una domanda di lettura che non viene intercettata né dalle librerie di catena e indipendenti né dagli store online.
Biblioteche, borghi, periferie: il lavoro ancora da fare
Non è un caso che, presentando i dati, il presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, abbia richiamato il “Piano Olivetti”: un investimento di 60 milioni di euro in due anni per le biblioteche pubbliche, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare l’accesso ai libri nelle aree più periferiche e nei borghi.
Dall’altra parte dello spettro politico, Irene Manzi ha insistito sulla necessità di un “tavolo permanente di ascolto” presso il Centro per il libro e la lettura e di una legge organica per la filiera, che consideri il libro come una vera infrastruttura democratica.
A mettere insieme queste posizioni, il messaggio è lo stesso: senza politiche strutturali su biblioteche, librerie di prossimità e presidi culturali nei piccoli centri, il divario territoriale rischia di cristallizzarsi.
Infanzia, adolescenza, età adulta: dove si spezza la catena dei lettori
Quasi tutti leggono da piccoli
Un altro passaggio chiave del rapporto riguarda la lettura infantile. Se consideriamo 0-6 anni e 7-14 anni, la percentuale di bambini e ragazzi che entrano almeno occasionalmente in contatto con i libri è altissima: tra il 98% e il 99% nelle fasce 4-6, 7-9 e 10-14 anni.
Si tratta spesso di libri cartonati, animati, letti ad alta voce da un adulto, oppure di libri per ragazzi letti in autonomia o condivisi con i genitori. La lettura, insomma, è presente quasi ovunque durante l’infanzia.
L’adolescenza come soglia critica
Il salto si vede quando si entra nell’età “da sondaggio AIE”: tra i 15 e i 17 anni la quota di lettori scende all’89%, per poi calare progressivamente all’82% tra i 18-34 anni, al 79% tra i 35-54, fino al 68% tra i 55-74 anni.
È come se l’adolescenza segnasse una soglia di rischio: le letture imposte dalla scuola, la precoce esposizione ai social, la riduzione del tempo libero finiscono per erodere un’abitudine nata in famiglia. Chi regge il passaggio verso l’età adulta spesso diventa un lettore forte; chi lo perde può non tornare più.
Che cosa ci dicono questi dati: sfide e possibilità
La lettura come “ossatura della vita civile”
Nelle parole della vicepresidente AIE Renata Gorgani, la lettura rimane “l’ossatura della vita culturale e civile” del paese.
Ma un’ossatura, per reggere, ha bisogno di muscoli: tempo, attenzione, occasioni di incontro, politiche lunghe. I numeri dell’Osservatorio raccontano un’Italia in movimento, ma ancora fragile:
- cresce il numero di persone che dichiara di leggere, in particolare i giovani;
- la lettura resta però prevalentemente occasionale;
- le differenze territoriali restano forti, con il Sud che chiede più libri di quanti ne arrivino;
- il tempo medio dedicato ai libri è sceso sotto la mezz’ora al giorno;
- il divario di genere è marcato, la tenuta nel passaggio infanzia-età adulta non è garantita.
Cosa possono fare scuole, biblioteche, librerie, media
I dati da soli non bastano, ma permettono di immaginare alcune piste di lavoro:
Scuole e università
Hanno un ruolo decisivo nel trasformare i lettori “per compito” in lettori per scelta. Laboratori di lettura ad alta voce, biblioteche scolastiche vive, incontri continuativi con autori e autrici possono rendere i libri una pratica di relazione, non solo di valutazione.
Biblioteche di pubblica lettura
Il Piano Olivetti può diventare un’occasione storica per ripensare le biblioteche come luoghi di comunità: spazi aperti, presidi culturali contro la solitudine informativa, soprattutto nelle periferie e nei piccoli comuni dove la libreria non c’è.
Librerie indipendenti e di catena
Oltre a vendere libri, possono costruire tessuto sociale: gruppi di lettura, presentazioni, eventi dedicati ai bambini e agli adolescenti, percorsi di formazione per insegnanti ed educatori. In particolare nel Sud, dove il mercato intercetta solo una parte della domanda, immaginare forme ibride di presidio (corner in spazi civici, librerie-caffè, collaborazioni con scuole e associazioni) potrebbe fare la differenza.
Media tradizionali e social
Se i giovani percepiscono la lettura come qualcosa da “mostrare con orgoglio”, come suggerisce l’Osservatorio, allora BookTok, Bookstagram e i format digitali non sono un nemico ma una risorsa. L’importante è che il racconto dei libri non si esaurisca nel consiglio mordi-e-fuggi, ma apra strade, dia contesto, porti le persone dai video agli scaffali reali.