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Piero Bianucci, ”Racconto la storia dell’astronomia partendo non dalle scoperte, ma dalle vite degli uomini che le hanno fatte”

Al centro della ''Storia sentimentale dell'astronomia'' sono le persone, gli autori delle grandi scoperte astronomiche, uomini geniali ma anche comuni, con i loro difetti e i loro problemi quotidiani. Scrittore e giornalista scientifico, Piero Bianucci ci parla di questo suo ultimo lavoro, edito da Longanesi...

Lo scrittore e giornalista parla del suo ultimo libro, “Storia sentimentale dell’astronomia”

MILANO – Al centro della “Storia sentimentale dell’astronomia” sono le persone, gli autori delle grandi scoperte astronomiche, uomini geniali ma anche comuni, con i loro difetti e i loro problemi quotidiani. Scrittore e giornalista scientifico – è editorialista de La Stampa –, Piero Bianucci ci parla di questo suo ultimo lavoro, edito da Longanesi, racconta com’è nata in lui la passione per la lettura e per l’astronomia e dà un giudizio sugli spazi dedicati da giornali e televisione ai libri.

Come le è venuta l’idea di scrivere la  “Storia sentimentale dell’astronomia”?
In effetti ci vuole una certa presunzione per scrivere una nuova storia dell’astronomia. Affrontare l’impresa richiede almeno due cose. La prima è trovare un punto di vista originale, che non ti metta in competizione con le storie dell’astronomia classiche. La seconda è aver accumulato nella propria memoria una grande quantità di episodi biografici, aneddoti, curiosità, conoscenze “collaterali”. Così diventa possibile raccontare la storia dell’astronomia non partendo dalle scoperte ma dalla vita degli uomini che le hanno fatte. In questa prospettiva, l’astronomia è il punto di arrivo, non di partenza. In primo piano ci sono le persone, con la loro genialità ma anche con i problemi quotidiani, gli amori e i tradimenti, rivalità meschine e comportamenti bizzarri. È una straordinaria materia narrativa, che ho poi cercato di organizzare in uno schema insolito, dividendo la storia dell’astronomia in tre grandi periodi: quello dell’osservazione del cielo a occhio nudo, quello dell’osservazione al telescopio e infine quello dell’osservazione nelle radiazioni a noi invisibili, con gli “occhi della fisica”, cioè con strumenti a bordo di satelliti e sonde spaziali.

Quali sono le sue fonti?
Soprattutto la storia dell’astronomia in sette tomi curata da Michael Hoskin per la Cambridge University Press. Ma più ancora biografie e testi di storia della scienza, e spesso le opere scritte dagli stessi protagonisti della ricerca astronomica. Copernico, Keplero, Galileo, Schiaparelli, per esempio, sono stati anche ottimi narratori. Italo Calvino addirittura parlò di Galileo come del più grande scrittore italiano.

 

Quale tra i grandi scienziati da lei raccontati è il suo preferito, l’animo che sente più affine, e perché?
Di solito faccio il tifo per i perdenti. Quindi la mia simpatia va a Keplero, mente geniale e visionaria, vero rivoluzionario dell’astronomia – capì per esempio che le orbite dei pianeti sono ellittiche, mentre lo stesso Galileo continuò a ritenerle perfettamente circolari secondo la tradizione aristotelica – ma nello stesso tempo prigioniero di un pensiero magico, dispensatore di oroscopi per far quadrare il bilancio domestico, in affanno per salvare la madre da un processo per stregoneria. Molto caro, naturalmente, mi è anche Galileo. Però più il Galileo malato e umiliato degli ultimi anni della sua vita al confino di Arcetri. Dove tuttavia lo consolarono allievi fedeli e intelligenti, come Viviani e Torricelli, e un amore tardivo, tutto intellettuale, per Alessandra Bocchineri, donna colta e di gran classe ma, ahimè, sposata con un terzo marito dopo essere rimasta due volte vedova.

Qual è il messaggio fondamentale che vuole trasmettere con il suo libro?
Messaggio è una parola impegnativa. Mi accontenterei di intrattenere il lettore accompagnandolo nella comprensione di alcune delle grandi conquiste della ricerca astronomica. A questa scienza dobbiamo nozioni fondamentali. L’astronomia ci dice dove siamo collocati nell’universo, come l’universo è nato, quanto è grande e come forse finirà. Ci rivela che siamo figli delle stelle, nel senso che gli elementi alla base della vita – il carbonio, l’ossigeno, l’azoto e molti altri – sono stati prodotti dentro le stelle nel corso della loro evoluzione; nel Big Bang, infatti, si formarono solo i due elementi più leggeri, idrogeno ed elio, più un pizzico di litio. Ci suggerisce la possibilità che esistano altre creature intelligenti sparse nel cosmo con le quali sarebbe molto interessante dialogare. E soprattutto non finisce mai di sorprenderci con nuovi enigmi, come quelli che riguardano la materia e l’energia oscure.

Da dove nasce in lei la passione per i libri e la lettura?
Risale all’infanzia, come del resto la passione per l’astronomia. A quando avevo tre o quattro anni e mia zia mi leggeva “Pinocchio”. Poi ho avuto la fortuna di incontrare buoni insegnanti, dal maestro Piero Viotto alle scuole elementari (poi diventato professore di filosofia all’Università Cattolica), ai professori Andreoli e Jouvenal del liceo d’Azeglio di Torino, fino a Luigi Pareyson, Pietro Chiodi, Massimo Mila, Gianni Vattimo, incontrati all’Università di Torino. Quanto all’interesse per il cielo, nacque quando al mercato di Susa mia zia mi comprò un binocolo di plastica. Quel giocattolo avvicinava la Luna! Incredibile!

Da giornalista, pensa che i media dedichino abbastanza spazio ai libri?
Il caso, o meglio, la fortuna, ha voluto che mi occupassi di libri dal mio esordio nel giornalismo ad oggi. Subito dopo la laurea (7 luglio 1967) mi si presentarono due possibilità di lavoro: un incarico nella scuola media di Favria Canavese e tre mesi in prova alla "Gazzetta del Popolo". Scelta la seconda opportunità, altra fortuna: un anno dopo, l’esodo di parecchi giornalisti famosi fece spazio all’ultimo arrivato. Così, grazie alla benevolenza del direttore Giorgio Vecchiato, mi trovai a curare la Terza Pagina e il Diorama Letterario, la prima pagina dei libri italiana, fondata da Lorenzo Gigli negli Anni 30. Fu il mio lavoro per quindici anni, poi passai a La Stampa e alle cose scientifiche, senza però mai abbandonare le recensioni, che scrivo ancora adesso per Tuttolibri. Che dire? Lo spazio sui giornali forse è persino aumentato. Ma è diminuita la cura con cui si legge, è un po’ svanito lo spirito di servizio che bisognerebbe avere verso gli autori e i lettori. Per alcuni anni con Guido Davico Bonino ho curato anche la rubrica libri televisiva di Raidue. Si chiamava “Finito di Stampare”. Erano interviste, recensioni, dibattiti girati e montati con attenzione meticolosa, e potevano durare anche dieci minuti. Oggi di libri in tv si parla soltanto a braccio nei talkshow, e gli autori intervistati sono sempre amici degli amici. Il valore del libro è quasi irrilevante. Peccato.

 

6 novembre 2012

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