Perché Kant venne sconvolto dalle opere di Rousseau

5 Luglio 2025

Kant era famoso per essere una persona precisa e che non sbagliava di un secondo, questa precisione, però venne sconvolta da Rousseau: scopri come.

Perché Kant venne sconvolto dalle opere di Rousseau

Si racconta che, nella Königsberg ordinata e puntuale del Settecento, bastasse osservare Immanuel Kant uscire per la sua passeggiata pomeridiana per sapere che erano esattamente le 15:30.

Un uomo che aveva trasformato la disciplina in filosofia di vita, tanto che la leggenda lo dipinge come incapace di derogare anche di un solo minuto alla propria routine. Eppure, c’è stato un giorno in cui qualcosa, o meglio qualcuno, riuscì a incrinare quella perfezione geometrica: Jean-Jacques Rousseau. O, per essere precisi, il suo romanzo Giulia o la nuova Eloisa.

Sì, Kant, il filosofo dell’imperativo categorico, il pensatore della ragione autonoma, il padre della filosofia critica, un giorno dimenticò di uscire di casa. Si era immerso nella lettura del capolavoro sentimentale di Rousseau, ne era rimasto talmente rapito da trascurare la sua famosa passeggiata quotidiana.

Quella giornata divenne leggenda, ed è uno degli episodi più emblematici per raccontare l’incontro, filosofico, emotivo e umano, tra due menti geniali ma radicalmente diverse.

Rousseau e Kant: due visioni del mondo a confronto

Ma cosa c’entra davvero Jean-Jacques Rousseau con Kant? All’apparenza, nulla: uno era il filosofo dell’autenticità interiore, della natura come rifugio dall’artificio sociale, autore di confessioni appassionate e romanzi travolgenti.

L’altro, il teorico della ragione pura, della morale fondata sul dovere, della libertà intesa come adesione a una legge che ci diamo da soli. Due figure quasi opposte, eppure profondamente collegate.

Kant non conobbe Rousseau di persona, ma fu tra i suoi più attenti lettori. Quando lessero per la prima volta Il contratto sociale, L’Emilio e soprattutto Giulia o la nuova Eloisa, le parole del ginevrino lo colpirono in profondità.

In una lettera scrisse: “Rousseau mi ha fatto vergognare di me stesso”. E in una nota aggiunse: “Newton mi ha mostrato la maestà dell’ordine naturale, ma Rousseau mi ha rivelato la nobiltà dell’uomo”.

L’influenza sotterranea: natura, libertà, dignità Rousseau per Kant fu una scossa esistenziale.

Prima di incontrare il pensiero rousseauiano, Kant era un giovane professore che seguiva una linea più razionalista e ancora fortemente legata alla metafisica tradizionale. Dopo Rousseau, qualcosa cambiò. Non tanto nei termini delle sue categorie logiche, che matureranno anni dopo nella Critica della ragion pura, ma nello sguardo sull’essere umano.

Da Rousseau Kant trasse l’idea che la dignità dell’uomo risiede non nel suo successo sociale, ma nella sua autonomia morale. L’eco del celebre passaggio de Il contratto sociale, “l’uomo è nato libero, e dappertutto è in catene”, si ritrova nella tensione kantiana a liberare l’uomo non politicamente, ma interiormente.

Entrambi, a modo loro, vedevano nella libertà l’essenza dell’essere umano. Ma se Rousseau la identificava con il ritorno alla natura, Kant la faceva coincidere con l’adesione consapevole a una legge morale universale.

Giulia o la nuova Eloisa: la passione che fece tremare la ragione

E poi c’è quel romanzo, Giulia o la nuova Eloisa , che colpì Kant nel profondo. Un libro che, nel 1761, fece impazzire l’Europa. Non era soltanto un racconto d’amore, ma un’opera che metteva in discussione l’ipocrisia sociale, i ruoli imposti, la separazione tra sentimento e dovere.

Kant, che non era noto per lasciarsi andare alla commozione, ne fu travolto. Si dice che tenesse il libro sempre sulla scrivania, che ne rileggesse dei passaggi, che piangesse durante alcuni brani.

Una prova che anche la ragione più severa può vacillare di fronte alla bellezza. In Giulia, la protagonista lotta tra l’amore per Saint-Preux e la lealtà verso il marito, tra passione e virtù, tra istinto e regola.

È, in un certo senso, un personaggio perfettamente “kantiano”: combatte con il dilemma tra ciò che desidera e ciò che ritiene giusto. Solo che Rousseau lascia spazio al sentimento, mentre Kant, nel suo sistema morale, chiederà alla volontà di dominare l’inclinazione.

Una rivoluzione morale (e personale)

Kant non divenne mai un rousseauiano in senso stretto. Ma fu Rousseau ad avvicinarlo alla questione morale in modo nuovo. Prima dell’incontro con le opere del ginevrino, Kant era immerso nelle scienze naturali, nella filosofia meccanicistica. Dopo, tutto ruotò attorno alla centralità della persona, alla dignità dell’essere umano, alla sua capacità di autodeterminarsi.

Scriverà nella Critica della ragion pratica : “Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona che in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”. Non è un caso che questa “riscoperta dell’uomo” coincida con la scoperta di Rousseau.

Il filosofo che smise di camminare per seguire una voce

L’episodio della passeggiata mancata è diventato quasi un mito nella biografia kantiana. In quella giornata, il filosofo tedesco non solo smise di camminare, ma si concesse di uscire dalla gabbia della routine per immergersi nella lettura di un uomo che parlava all’anima.

E forse fu proprio in quel momento che Kant decise, pur senza dichiararlo, che la vera ragione non esclude mai il cuore. Perché tra l’imperativo categorico e le lacrime di Giulia, tra l’ordine dei cieli e il tumulto delle lettere, si nasconde un’idea rivoluzionaria: quella che l’essere umano non sia fatto solo per conoscere il mondo, ma anche per sentire, amare, commuoversi. Anche se si chiama Kant.

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