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Perché “essere stupidi” può aiutarci a stare meglio

"Manuale per esercitare la propria stupidità" di Andrea Bianconi è una raccolta di disegni che descrivono attività che a nessuna persona razionale verrebbe in mente, ma che in realtà possono farci sentire meglio

Ode all’energia terapeutica dell’essere stupidi e della stupidità, che tutto accoglie e tutto cura! Pare sia questa la sintesi azzardata del già iconico “Manuale per esercitare la propria stupidità“, vergato e illustrato dal “folle” talento trasformista e funambolo di Andrea Bianconi.

La sua balda ispirazione, che ha sempre attinto all’heritage della sua travel attitude, omaggiando, a buon diritto, il fascino delle vie più estroverse del mondo, sta iniziando a folleggiare con tono disinvolto e stringente attualità, non solo sugli scaffali delle librerie, ma anche nella mente delle persone.

Manuale per esercitare la propria stupidità

Nell’era dell’“ebetudine”, discutibilmente prodiga di colori onnipresenti, il mini-pamphlet edito da Skira (novembre 2022) e curato da Luca Fiore, arredato da parole e 50 tavole (che non parlano di certo a bassa voce), si presenta scrupolosamente in bianco e nero, con rilegatura a spirale, quasi a voler evocare il moto vorticoso e spiraleggiante della sostenibile leggerezza dell’essere (stupidi!).

«Avrebbe potuto intitolarsi Cinquanta cose da fare invece di discutere di Covid oppure Non commentare quel post su Facebook. È un manuale, cioè, per esercitare quella parte di intelligenza che, soprattutto in questi ultimi anni, siamo stati sempre più disabituati a utilizzare».

Sono queste le parole ad alto profilo che issano a paladino del “free speech”, della libertà di espressione più assoluta, il neo progetto editoriale dell’artista emerito, e che portano la firma di Fiore.

Alla ricerca di un senso in un mondo senza senso

Intrepido di ogni libertà, il libro è prontuario pro-stupidità, a trazione dadaista, che non sgabbia solo cliché, ma decanta il no sense, esalta l’ironia e vagheggia l’happening.

La sua voglia di trasgredire volteggia infatti con la suprema leggerezza (colta) di chi sa, che cosa vuole: “fare cose senza senso per trovare un senso in un mondo che non ha senso”. Ma, attenzione, fa notare la penna di lungo corso del critico d’arte: «Lo scopo delle azioni descritte dai disegni di Bianconi non è tanto diventare stupidi (quello, forse, lo siamo già abbastanza), ma diventarlo nel modo giusto».

Ma cosa fare per “essere stupidi”  e stare meglio? Baciarsi appassionatamente allo specchio, andare a un concerto di musica rock ascoltando musica trap, fare il bagno con maschera e boccaglio, guardare l’arcobaleno insieme a un daltonico, sono solo alcune delle attività che il piccolo glossario osé invita a eseguire con maestria e a tocchi di seriosa leggerezza, ogni santo giorno per almeno dieci minuti.

«Attraverso segni e gesti in apparenza infantili Bianconi riesce ad aprire fessure nella cappa di non senso dentro cui spesso ci autorecludiamo».

Pertanto, se da una parte l’anarchismo ideologico di Fiore lascia interstizi aperti, dall’altra la trasgressione morale di Bianconi, dà scacco a Sua Maestà la ovvietà: «Pregare una porta di aprirsi è un esercizio che probabilmente tutti facciamo nella nostra vita. Una porta può essere una difficoltà, un ostacolo, un desiderio.

Dirsi “ciao ciao” molte volte di fronte a uno specchio significa conoscersi, salutarsi, volersi bene o semplicemente tentare una risposta sul chi siamo».

Il diritto di “essere stupidi”

Insomma, in questo mondo governato dal totem della prevedibilità, dove noi tutti siamo chiamati a rispondere alle tante – infinite – sollecitazioni, sviluppando solo e soltanto azioni pragmatiche e pronosticabili, la poetica di rito bianconiana strizza ferocemente l’occhio, e anche qualcosa in più, al “diritto di essere, fare e pensare “stupido”.

«Per me la stupidità è un esercizio quotidiano, il mio spazio di libertà. Creare un luogo sicuro per la stupidità mi aiuta a concentrarmi su cose molto intelligenti. Ho bisogno di liberarmi per ingabbiarmi di nuovo». La vera magia? Della sua gabbia, il “mago” Bianconi, non ci si innamora mai!

Sara Cariglia

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