Sei qui: Home » Libri » Patrizia Cadau, ”Vi racconto come ho deciso di pubblicare il mio libro da sola, senza il supporto delle case editrici”

Patrizia Cadau, ”Vi racconto come ho deciso di pubblicare il mio libro da sola, senza il supporto delle case editrici”

Dopo che Alessia Marcuzzi ha condiviso un suo stato su facebook โ€“ in cui lei la difendeva dalle critiche seguite alla rottura della conduttrice con Francesco Facchinetti โ€“ Patrizia Cadau sta vivendo un momento di grande successo mediatico, di cui ha approfittato per pubblicare in maniera indipendente il suo romanzo dโ€™esordio ''L'amore che ti sceglie''. Al termine dell'articolo รจ possibile leggere un estratto del libro..

Patrizia Cadau presenta il suo romanzo d’esordio, “L’amore che ti sceglie”

 

MILANO – Qualche tempo fa Patrizia Cadau – donna di quarant’anni con due figli, un lavoro e la passione per la scrittura – posta su facebook una sua osservazione sulla condizione femminile in cui difende Alessia Marcuzzi dalle critiche seguite alla rottura con Francesco Facchinetti. La conduttrice condivide questo stato con un commento entusiastico, e a migliaia iniziano a visitare il profilo di Patrizia, che su facebook diventa una star: viene creata addirittura una fan page per lei. I media iniziano a trattare il caso: blog, L’Unione Sarda, Visto. Lei allora, che dalle case editrici ha ricevuto diversi rifiuti, ma anche incoraggiamenti a proseguire per la sua strada, decide di sfruttare questo momento di visibilità per prendere il coraggio di autopubblicarsi attraverso il circuito de ilmiolibro.it: è così che vede la luce “L’amore che ti sceglie”, la storia di una donna e della sua relazione con un uomo sposato, la storia della sua maternità e del suo coraggio nell’affrontare i pregiudizi della gente.

 

Da dove nasce l’idea di questo romanzo?
Di solito una storia nasce, presuntuosamente, dall’urgenza di dire delle cose che si pensa possano avere valore per chi le legge, di affermarle quasi prepotentemente, e uno scrittore ha la possibilità di farle dire ad altri. In questo caso ho utilizzato un personaggio che ha raccontato la storia in prima persona: un racconto al femminile, una donna che parla a sua figlia e che tratteggia quindi un’ombra che ancora avvolge la condizione femminile. Troppi stereotipi, pregiudizi, violenze e una mancata solidarietà femminile che ha negato per troppo tempo il concetto di sorellanza in cui io credo molto. Credo, nel mio caso, che abbia influito molto anche l’avere scritto questo piccolo romanzo dopo la nascita della mia primogenita.

 

Può raccontarci il percorso che ha portato alla pubblicazione di questo libro?
Credo di avere avuto contatti con tutte le maggiori case editrici. E tutte mi hanno risposto in tempi brevissimi: con toni entusiastici mi invitavano ad andare avanti, ma mi ricordavano che ero un’esordiente, e non ho capito per quale logica l’esordiente dia così fastidio ad un editore. Ci sono colossi dell’editoria (ormai tutti) che scelgono per forza il personaggio mediatico, che non si espongono, che non propongono letture alternative. Giocatori di vari sport, presentatori di programmi tv, comici, cantanti, concorrenti di reality, outing, giornalisti, e poi gli immancabili best seller che arrivano dall’estero. Prendiamo le sfumature. Una tragedia narrativa e linguistica che intasa gli scaffali e che viene riprodotta in sottoteoremi con le varie parodie scritte in ogni salsa. Io credo che sia un’editoria malata (di pari passo con i media) quella che ci costringe a ricercare altro, quella che non mette in nessun catalogo la splendida Elfriede Jelinek,  Premio Nobel 2004 di cui io possiedo miracolosamente la traduzione de “Le amanti”, ormai fuori catalogo da anni insieme a tutta la sua produzione. Introvabile in Italia. In questo contesto, e forte di un seguito mediatico, ho deciso di metterci la faccia e con estrema fatica, di portare avanti il mio progetto da sola, senza copertura di nessun tipo, senza avere alle spalle la sicurezza di un editore e, quindi, ufficio stampa, marketing, pubblicità, organizzazione. Ci sto provando e non sta andando male. Ma è durissima.

 

L’ipocrisia che emerge da certi giudizi scagliati contro le donne, nei quali ancora si avverte il retaggio di uno spirito da “caccia alle streghe”, è questo uno dei temi principe che lei scandaglia nel suo romanzo. Nel suo libro ritroviamo questa ipocrisia nel padre della protagonista, nella durezza che le dimostra quando apprende da lei della sua relazione con un uomo sposato. Ci può qualcosa di più dire di più a riguardo?
Il padre della protagonista non è  ipocrita: ad un certo punto dice “ma non sarò io a giudicarti. Non partiranno da me le pietre”. Risponde duramente, è vero, legge alla figlia la realtà fatta di pregiudizi cui andrà incontro, e certamente non le manifesta complicità. È un uomo ferito e preoccupato per quello che può intravvedere nel destino della figlia, ed è quello che si occuperà di lei cercando di costruire un rapporto e affrontando il medesimo viaggio introspettivo alla ricerca di un dialogo comune. Di un territorio emotivo comune. L’ipocrisia è in senso più in generale uno dei grandi problemi dell’umanità, si lega alle aspettative disilluse, alla necessità di indossare maschere e interpretare ruoli per essere conformi a quanto gli altri soggettivamente percepiamo si aspettino da noi, è un modo per barare che nasconde una profonda insicurezza e mancanza di carattere. L’omologazione al gregge è ipocrita, il sottolinearlo non significa essere asociali, ma assorbire tutto quanto ci viene proposto senza un filtro critico che muova le coscienze individuali è un’abitudine che va corretta fin da piccoli, perché il vero obiettivo di ciascun Uomo è la liberta. Nel rispetto altrui, ma la libertà di essere se stessi. La libertà di smarcarsi dal pregiudizio sia come soggetto che come oggetto/bersaglio del medesimo.

 

L’amore, altro grande tema del suo libro, è vissuto in modo diverso da uomini e donne?
I sentimenti sono vissuti in maniera diversa da tutti, pur essendo legati da un filo comune. Io non do molto peso all’essere maschi o femmine. Ragiono in termini di persone più o meno consapevoli, mature, responsabilizzate,  alfabetizzate emotivamente. C’è stato un grande condizionamento culturale che ha sempre voluto che donne e uomini vivessero le loro passioni in maniera diversa.  E sicuramente un condizionamento culturale incide profondamente anche nella strutturazione della personalità. Ma oggi credo sia più difficile dividere l’umano così nettamente. Per cui a parte i casi di enorme diseducazione in cui il maschio non riesce a svincolarsi dal pensiero che la donna sia sua proprietà, resta il problema educativo appunto, che è pertinenza principale di noi donne. Se ci ritroviamo mariti, compagni, fratelli, figli tendenzialmente incapaci di veicolare relazioni emotive è perché noi non li abbiamo educati a questo, non li abbiamo inclusi nel nostro perimetro relazionale. Abbiamo una buona dose di responsabilità, insomma.

 

E il rapporto con i figli è vissuto secondo lei in maniera diversa da un padre e da una madre?
Per questione di tempo, e sempre in virtù di quel condizionamento culturale, una madre è sempre presente, e comunque i figli li partorisce, il primo legame, l’attaccamento è suo. È la madre poi che aiuta il padre a diventarlo. Anche qui contano molto le soggettività e la cultura, ma direi che va decisamente meglio, se si pensa che oggi s’incontrano padri nelle scuole materne, nei parchi col passeggino, o collaborativi in ambito domestico.
 
Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere con questo suo libro?
Inutile prendere decisioni, nutrire aspettative, in amore non si può. Perché appunto l’amore ti sceglie, ti sbatte e ti trascina da chi vuole lui. E allora bisogna imparare a godere di quello che ci può regalare, e se è amore accettare anche che non può essere idealizzato sempre, che comporta responsabilità. Che non sempre arriva per renderci felici, ma anche sì.

 

26 dicembre 2012

ยฉ Riproduzione Riservata