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Paco Ignacio Taibo II e la rilettura della battaglia di Fort Alamo

DAL NOSTRO INVIATO A PORDENONELEGGE - È affezionato al pubblico pordenonese Paco Ignacio Taibo II, scrittore messicano amante della coca cola e delle sigarette, tornato ancora una volta nella cittadina friulana, preferendo il festival dei libri di fine settembre a molti altri in giro per l'Italia...

Il nuovo libro dello scrittore messicano ribalta la storia. E il mito di Alamo, scagliandosi contro un’iconografia ben definita

 

PORDENONE – È affezionato al pubblico pordenonese Paco Ignacio Taibo II, scrittore messicano amante della coca cola e delle sigarette, tornato ancora una volta nella cittadina friulana, preferendo il festival dei libri di fine settembre a molti altri in giro per l’Italia. Ieri sera alle otto e mezza, l’autore non solo presentava il suo nuovo libro “Alamo, per la storia non fidatevi di Hollywood” (Marco Tropea Editore), una ricerca da veri appassionati di storia su Fort Alamo, ma ha anche parlato di America latina e del suo rinascimento insieme a Gianni Minà e di fronte a un pubblico attento al teatro Verdi. Una platea ormai avvezza al suo umorismo, che capisce quasi tutto quel che lo scrittore dice, anche se in spagnolo, e lascia il divertimento nelle sue battute cariche di impegno civile e politico.

 

ALAMO – La sua ricerca per il libro, in uscita in questi giorni, è partita dal personaggio di Davy Crockett, che nel secolo scorso è stato spesso oggetto di fumetti, disegni dagli anni trenta, con il berretto in pelliccia, la coda, ma completamente falso. È nata con una storia di teatro, si era inventato per il personaggio Crockett un oggetto che viene spesso associato all’eroe ma che, dice lo scrittore, “non è assolutamente reale, e sembra banale, ma è importante la sua iconografia nell’immaginario comune: quella del berretto di procione”. Poi a renderlo ancora più famoso ci pensò Walt Disney, che ha guadagnato negli anni cinquanta “un milione di dollari in berretti, facendo anche estinguere i procioni — i berretti di adesso sono finti, in materiale sintetico”.

 

UN BERRETTO FINTO – Per lo scrittore, questa del berretto è la storia più paradigmatica di tutto quel che ci è stato propinato a proposito di Alamo. “È una storia fraudolenta. L’eroismo? Non esiste, né esistono i personaggi storici così come ci sono stati raccontati finora”. Lo scrittore sostiene che il Texas è stato invaso dagli americani per farne una “repubblica basata sulla schiavitù” e che Crockett era un politico fallito che si era dato a nuovi territori per rifarsi sulle sconfitte passate. Insomma, secondo lo scrittore è tutta una farsa.

 

UNA STORIA FRAUDOLENTA – Questa fraudolenta storia, con una battaglia durata appena un’ora e mezza e un esercito sgangheratissimo, è nata fondamentalmente perché “non esiste un contro-mito messicano rispetto a quello americano”. Il Generale Santana, infatti, considerato dai più un eroe nazionale, è in realtà un uomo di cui vergognarsi. “Santana decide di andare in Texas a combattere con un esercito senza medicine, medici, infermieri. Gli ufficiali comprano cibo e lo rivendono ai soldati. Molti soldati sono costretti a camminare per chilometri a piedi perché gli ufficiali avevano venduto i cavalli. I Generali conservatori sono poco motivati, disprezzano le truppe, che per di più erano di leva. Non avevano sparato neanche una volta nella loro vita”.

 

L’ACCOGLIENZA DEL LIBRO IN MESSICO – In patria, questo libro è stato accolto benissimo, perché, almeno stando all’autore, la gente da un po’ di tempo era consapevole di questa frode hollywoodiana. E in Italia? Staremo a vedere. Intanto, l’intenso scambio di battute tra Gianni Minà e Taibo II ha riscaldato ieri il pubblico pordenonese, come di consueto. E ci ha lasciato un sorriso sulle labbra. Ma anche un modo per riflettere sulla condizione socio-culturale e storica dell’uomo contemporaneo. Solo per questo, bisogna rendergli grazie. Per il resto, meglio leggere i suoi libri.

 

Anna Castellari

24 settembre 2012

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