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Offerta cartacea e digitale possono convivere? Il parere di Stefano Mauri (Gruppo GeMS)

Offerta cartacea e digitale devono convivere, in quanto assolvono esigenze diverse dei lettori e hanno pari dignitร  di esistere. Parola di Stefano Mauri...

Il presidente e amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol interviene sul dibattito cartaceo-digitale che sta movimentando il mercato editoriale negli ultimi tempi

MILANO – Offerta cartacea e digitale devono convivere,  in quanto assolvono esigenze diverse dei lettori e hanno pari dignità di esistere. Parola di Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol. Mauri interviene sul dibattito cartaceo-digitale che sta movimentando il mercato editoriale negli ultimi tempi, commentando l’atteggiamento di alcuni colleghi e fornendo diversi spunti di dibattito.

Tecnologia e tradizione, secondo lei, possono convivere? O col tempo una avrà la meglio rispetto all’altra?
Devono convivere per forza, in qualche modo assolvono ad esigenze diverse dei lettori e hanno pari dignità di esistere. Nei fatti in nessun Paese il digitale ha superato il cartaceo. La contrapposizione, a volte talebana, tra i due strumenti è solo una retorica adottata da una parte integralista della rete e dalle multinazionali dell’ebook per spingere i consumatori verso questa scelta, cioè verso un mondo chiuso di proprietà di questa o quella  OTT. Non vedo perché si debbano contrapporre i due strumenti se portano entrambi a leggere di più.  Se c’è una categoria di persone che legge in digitale è quella di chi lavora in casa editrice. Abituati da decenni a controllare le bozze a video,  oggi sono tutti armati di smartphone e tablet per una ragione ovvia: devono  sfruttare ogni momento libero per leggere e devono portarsi dietro sempre 4 o 5 libri. Quindi si arriva al paradosso che i primi a sopravalutare la rivoluzione digitale siano proprio gli editori.

Solitamente gli editori vengono dipinti come poco propensi alle innovazioni. Lei che ne pensa?
Il fatto che gli editori vengano dipinti come dinosauri dalla retorica di certe OTT dimostra quanto siano strumentali certi pregiudizi. Per carità è vero che gli editori non pensano che tutto sia riducibile ad un algoritmo e a un numero, a differenza di chi domina internet e i dati sui consumatori. Il fatto è che  quando arriva il manoscritto di un esordiente non ci sono né i numeri né le bandelle né le quote dei giornali ad assisterti  ma solo il suo giudizio di editor e di lettore. Infatti le prove da ‘editore’ delle OTT sono state in venti anni deludenti.  Io scrittore, il nostro originale torneo on line, mi pare un buon compromesso tra automazione e accesso democratico da una parte e selezione e lavoro editoriale dall’altro.
La ricerca del nuovo resiste ad ogni tentativo di previsione strutturata sull’esperienza. Il nuovo è un pugno nello stomaco quando meno te lo aspetti. Non è il frutto di calcolo e pianificazione.

Qual è allora il punto di vista dell’editoria nei confronti del digitale?
La verità è che l’editoria tradizionale e le multinazionali del web hanno uno sguardo sulla realtà completamente diverso. Alle OTT, anche se a volte si atteggiano a paladini dei consumatori, non interessa affatto preservare l’intuito e la ricerca della qualità di autori, editori e buoni lettori. Considerano le relazioni umane dalle quali sgorga il processo creativo una inutile inefficienza. A loro interessa prendere di ogni business ciò che è automatizzabile tramite algoritmi e tutti i clienti che possono trasformare in un proprio asset. Così facendo tolgono una parte del margine all’industria tradizionale costringendola a modificare il proprio assetto. Agli editori interessa difendere il mestiere artigianale di scovare un nuovo talento e portarlo al successo. Eppure bisogna collaborare anche se con obiettivi diversi. Se gli editori potessero avere più dati dalle OTT lavorerebbero meglio e nell’interesse dei consumatori, ma per ora queste società sono molto autarchiche e avare di dati.

Qual è il punto di vista del Gruppo GeMS?
Il nostro gruppo editoriale continua a investire nel digitale e, a parte le riserve di cui sopra, continua a lavorare molto bene con le OTT. In realtà capiamo e temiamo la strategia monopolista decisa a Cupertino piuttosto che a Seattle, da aziende che vogliono imporre la propria visione di come dovrebbe essere l’organizzazione del sapere, ma con il loro personale mediamente preparato e di mentalità aperta ragioniamo molto volentieri perché, per deformazione professionale e DNA aziendale, siamo curiosi di tutto ciò che è nuovo. Tant’è che nel mercato ebook di questo Paese siamo secondi solo a Mondadori e nell’ecommerce siamo primi tra gli Italiani.

5 marzo 2014

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