Cesare Pavese, uno dei più raffinati e tormentati autori italiani del Novecento, ha lasciato dietro di sé non solo un’opera monumentale, ma anche un sottotesto bruciante fatto di lettere mai spedite, pagine strappate e notti insonni. Una doppia vita? Forse. Di certo, una vita segreta. Pavese e le sue “donne letterarie”: Clelia (da Tra donne sole) è ispirata a una donna realmente conosciuta a Torino, ma con tratti di varie figure idealizzate.
Constance Dowling è la musa nascosta di molti testi poetici; anche se Cesare Pavese non ne parlò mai esplicitamente nei romanzi. Le lettere all’attrice sono dense di desiderio, frustrazione e senso di colpa.
Cesare Pavese e i desideri sopiti
Pavese ha scritto pagine indimenticabili, ma ha taciuto altrettanto. La sua è una letteratura del non detto, dell’amore che non osa farsi parola. In quelle lettere mai spedite, in quei frammenti scomposti, si intravede un uomo fragile, attraversato da passioni irregolari, affamato di una tenerezza che forse la sua epoca non gli avrebbe perdonato.
Le sue notti segrete, oggi, ci parlano più che mai: di quanto il desiderio possa essere invisibile, eppure bruciare lo stesso.
Cesare Pavese non amava i salotti, era riservato, schivo, malinconico. Così lo descrivevano i colleghi dell’Einaudi, dove lavorava come redattore. Non era l’anima delle feste, eppure aveva una sensualità in sordina, che traspariva dai suoi diari ( Il mestiere di vivere ), da certi ritratti femminili nei suoi romanzi, e soprattutto da quel nodo irrisolto che fu la sua relazione, o forse meglio dire ossessione, per l’americana, l’attrice Constance Dowling.
Ma prima di lei, Pavese aveva già collezionato innamoramenti sublimati, relazioni mai nate, lettere mai inviate. Nella sua biografia sentimentale non ci sono veri amori felici, ma tanti turbamenti. E qualche allusione che gli studiosi hanno letto come segnali di una tensione erotica più complessa di quanto la sua narrativa lasciasse intendere.
Le lettere (alcune mai spedite) di Cesare Pavere
È noto che Pavese scriveva molte lettere, ma non tutte finivano imbucate. Alcune venivano tenute nel cassetto, come esercizio di passione silenziosa. Altre ancora, dopo essere state inviate, venivano ritirate.
È il caso della famosa lettera a Bianca Garufi, coautrice con lui del romanzo Fuoco grande (pubblicato postumo). In quella lettera, Pavese si lasciava andare a una confessione struggente, una resa incondizionata. Poi cambiò idea e la fece tornare indietro.
Anche nei suoi taccuini privati si leggono frasi come «Ti bacio senza dirtelo» oppure «Ti desidero nel silenzio che mi sommerge». Ma chi erano i destinatari? Non sempre donne. Alcuni studiosi, con discrezione, hanno suggerito che Pavese vivesse anche un conflitto interno legato al desiderio maschile, mai esplicitato ma forse avvertibile tra le righe. Il mistero del “ragazzo della collina” Una delle più affascinanti, e discusse, suggestioni riguarda una figura evanescente che compare nei suoi appunti del 1949: “Un ragazzo della collina, con gli occhi chiari e la bocca che non parlava mai”.
Non è un personaggio di un romanzo, non è un amico noto. È un’ombra. Un’evocazione che ritorna più volte, associata alla parola “tentazione”. C’è chi ha ipotizzato che si trattasse di un giovane contadino incontrato durante uno dei suoi soggiorni in Langhe, quando Pavese si ritirava per scrivere. Una fascinazione silenziosa, repressa, mai agita, o forse sì, ma solo nelle pagine che non ha mai voluto pubblicare.
Il corpo, in Pavese, è sempre qualcosa che si osserva a distanza. Le sue figure femminili non sono mai oggetto di erotismo esplicito: sono simboli, sono assenze, sono “l’altrove”. La sensualità non è mai pienamente realizzata. E questa distanza, che qualcuno ha chiamato “poetica dell’inadeguatezza”, potrebbe celare una lotta interiore più profonda: quella di chi non si sentiva libero di desiderare come avrebbe voluto.
In una nota del diario, Pavese scrive: “Nessuno sa che ogni notte dormo come se aspettassi una carezza che non arriverà mai.” Ecco: forse il segreto non è nei romanzi. È in quel sonno vegliato, in quella notte che non smette mai, in quel silenzio pieno di attese.
Scopri “La notte”, la poesia di Cesare Pavese sull’importanza dei nostri ricordi