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Nerina Gatti, “Per battere le mafie occorre un salto di qualità da parte delle Istituzioni”

In un’intervista esclusiva, la reporter esperta della criminalità organizzata calabrese ci accompagna nel cuore della Calabria e della Ndrangheta, e spiega quanto il nostro Paese si ricordi degli eroi che lottano contro la mafia solo dopo la morte e non quando, nella vita di tutti i giorni e in silenzio, cercano di contrastarla a ogni costo…

Viaggio nel cuore della Ndrangheta con la reporter che da anni racconta e indaga le ramificazioni della criminalità organizzata calabrese

 

MILANO – Nel giorno dedicato alla memoria delle vittime di mafia e terrorismo abbiamo chiesto a chi da anni si è messa sulle tracce della Ndrangheta di portarci nel cuore della Calabria, terra bella e disgraziata. Nerina Gatti, reporter indipendente, ci spiega quanto vale oggi la lotta alle mafie e quanto ancora bisogna fare, a partire soprattutto dalle stesse Istituzioni, per avere la meglio su una piaga così dolorosa del nostro Paese.

 

Quanto vale oggi il sacrificio dei morti vittime di mafie e stragi?

Questo è un paese che si dimentica facilmente. Aver istituito un giorno dedicato alla memoria delle vittime del terrorismo e di mafia è importantissimo. Lo divulgherei anche nelle scuole, fa parte della nostra cultura e della nostra storia, e quindi deve essere insegnato e ricordato fin da piccoli. Quello che secondo me non si fa abbastanza è quello di ricordare o aiutare le persone vive che lottano per contrastare le mafie e il terrorismo. Come abbiamo visto nel passato i vari Falcone, Borsellino, Impastato sono sempre stati contrastati in vita e poi osannati dopo la morte. Questa è un po’ la pecca del nostro Paese.

 

Lei da tempo racconta i misfatti della criminalità organizzata calabrese. Qual è la situazione in Calabria?

Molti magistrati che sono venuti da altri luoghi, come l’ex Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso, hanno detto di aver ritrovato la Sicilia di venti anni fa. Il nuovo procuratore capo Cafiero De Raho, che veniva da un’esperienza importantissima di contrasto ai casalesi, ha detto la stessa cosa quando si è insediato a Reggio Calabria, così come l’ex procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. La Calabria è stata per tanto tempo sotto traccia, perché ha una mafia molto intelligente che anziché seguire la strategia di Cosa Nostra si è ramificata e intrecciata col potere e le istituzioni. Quello che più mi spaventa è la mancanza di una seria volontà della magistratura e della politica di riconoscere queste gravissime infiltrazioni. Questo perché stiamo facendo la lotta alla fanteria criminale mentre arrivano dall’estero, dai servizi segreti tedeschi ad esempio, notizie di come la Ndrangheta riesce a smuovere grossi pacchetti azionari sulla borsa di Francoforte, è infiltrata in Gazprom e ha comprato mezza Germania dell’Est. Come si fa a contrastare una mafia che dicono fatta solo di santini?

 

Viene dato più risalto all’aspetto folkloristico quindi

Sicuramente questo aspetto esiste ma non si tratta soltanto di santini, dei riti della “punciuta”, degli incontri alla Madonna di Polsi a San Luca. Però non si può credere che don Mico Oppedisano, l’uomo che sussurra nell’aranceto, sia il vero capo della Ndrangheta: non si può a mio parere ignorare tutto il resto. Lo Stato e le Istituzioni hanno certe volte voluto colpevolmente ignorare la parte attiva che si è insinuata tra di loro. Perché siamo riusciti a vincere la guerra contro il terrorismo e quella contro la mafia no?

 

Come si pongono le giovani generazioni nei riguardi della lotta alle mafie e al terrorismo?

Sicuramente ci sarà gente che lo farà forse perché “va di moda” se così possiamo dire e questo grazie anche al libro di Roberto Saviano che, checché se ne dica, sta diventando quasi il personaggio da azzoppare. Però Saviano ha portato in auge l’argomento del contrasto alle mafie e ben venga che molte persone si siano avvicinate a questi temi così. Ci sono altre persone che lo devono fare per sopravvivenza. Quando si è in una realtà dove la presenza mafiosa è talmente elevata e il peso mafioso è talmente forte da non renderti libero, anche colui che magari non saluta il boss mafioso o denuncia diventa un eroe. Cose però che in un Paese normale sarebbero normali diritti. In Calabria si sta trovando una leggera voglia di libertà e di giustizia. A Reggio Calabria esiste un movimento che si chiama Reggio Non Tace ed costituito da cittadini che vuol fare chiarezza e ha voglia di sapere. Nella Locride, dove c’è il paese di San Luca che rappresenta la Corleone calabrese, qualche anno fa ci sono stati due imprenditori che hanno denunciato i loro aguzzini. Ma questo sarebbe assurdo in Paese normale. Sempre a Reggio Calabria lavora un giovane sostituto procuratore, Giuseppe Lombardo, che sta riuscendo a ricostruire tutti i legami delle lobby che svolgono servizi e lavorano con la Ndrangheta ma ha dovuto fare i conti con molte “remate” contro. Oltre che con le innumerevoli minacce di morte che, per usare una triste espressione, lo definiscono “un morto che cammina”. Finché le Istituzioni non decideranno di darsi una bella ripulita non si farà mai il vero salto di qualità.

 

9 maggio 2013

 

 

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