MILANO – Il Natale è ormai veramente alle porte e in molti oggi si stanno godendo il primo giorno delle sempre sospirate e meritate ferie. Ecco allora, dopo l’articolo di ieri e quello di due giorni fa, gli ultimi consigli degli scrittori su quali libri scegliere per passare in compagnia questi giorni di festa…

IL CONSIGLIO: Claudio Giunta, “Una sterminata domenica” (il Mulino).
«Ai lettori vorrei consigliare di leggere e acquistare una raccolta di saggi sull’Italia di oggi appena uscita dal Mulino e intitolata, con un verso di Vittorio Sereni, “Una sterminata domenica”. L’autore è Claudio Giunta, italianista quarantenne che spazia dai classici alla cultura pop, dimostrando di possedere una immaginazione sociologica ormai rarissima nei nostri intellettuali. Con una vivacità da reportage arbasinian-busiano, di continuo corretta da una limpidezza quasi anglosassone, Giunta ci spiega il “modernismo reazionario” di CL e la ragionevolezza di Radio Deejay, i tormentoni di Elio e il processo per cui Villaggio è diventato sempre più simile a Fantozzi; ci illustra i rapporti tra i Trobriand e Calciopoli, tra lo show-business e il terrore dell’invecchiamento; e soprattutto ci racconta la storia recente del costume italiano, senza moralismi apocalittici ma al tempo stesso senza ammiccanti indulgenze.»

IL CONSIGLIO: Bernard Malamud, “Il commesso” (minimum fax).
«È un libro miracoloso che racconta di un uomo che è tutti gli uomini. Contro la pochezza, la noia, contro le concorrenze. Beato chi lo leggerà la prima volta.»

IL CONSIGLIO: William Somerset Maugham, “Il filo del rasoio” (Adelphi).
«William Somerset Maugham è uno scrittore inglese che non si legge spesso. Il giovane Larry, innamorato di Isabel ma inquieto, incapace di accettare la vita che gli altri vogliono per lui, incapace lui stesso di capire che vita vuole per sé, è un personaggio letterario imponente, sullo sfondo dell’America e dell’Europa prima della guerra. Il libro può piacere a tutti; è una storia d’amore di quelle che non sanno finire, è la ricerca talvolta spaventosa di essere se stessi, è un mondo che non esiste più ma è molto vicino al nostro, alle nostre tentazioni di andare che sempre si scontrano con le persone che ci ancorano.»

IL CONSIGLIO: Paolo Di Paolo, “Mandami tanta vita” (Feltrinelli).
«Un breve romanzo, intenso e lirico, ambientato in una fredda Torino degli anni Venti. Racconta i tentativi del giovanissimo protagonista di conoscere e diventare amico del vulcanico Piero Gobetti, coetaneo ma politicamente più maturo di tanti rappresentanti dell’antifascismo. Gobetti morirà in seguito alle percosse degli squadristi, lasciando un’eredità etica senza uguali e il vuoto di una rivoluzione democratica incompiuta.»
IL CONSIGLIO – 2: Charles Dickens, “Grandi speranze” (Einaudi e altre case editrici).
«Un classico che Italo Calvino personalmente mi consigliò di leggere e che, in quanto classico, rivela sempre nuove suggestioni e nuovi significati. Ci si trova la miglior vena di Dickens, il quale tocca con sapienza le corde del mistero, dell’amore, della generosità, della redenzione morale, ed è popolato di figure irresistibili, sinistre e commoventi. L’inizio — l’incontro del piccolo Pip con il truce forzato nelle brumose lande — è uno dei più straordinari della letteratura.»

IL CONSIGLIO: «Credo che chi non l’abbia già fatto debba regalarsi almeno uno dei tanti libri che parlano dell’uomo dell’anno, purché riportino il suo pensiero semplice e affascinante. Papa Francesco ci ha restituito la speranza e ci ha arricchiti della sua straordinaria fiducia nella persona, nonché dell’autentico rispetto del prossimo. Ciò prescinde dalle nostre idee, religiose, politiche, filosofiche. E non è legato soltanto al suo altissimo ministero. A natale, chi più di lui può farci riflettere sul significato di questa festa?»

IL CONSIGLIO: Friedrich Hebbel, “Giudizio universale con pause” (Adelphi)
«Più che un libro è un’iniezione di vitamine mentali. Questi spezzoni di diari apparsi postumi possono definirsi aforismi o resoconti di sogni. Non è un caso, ci ricorda il risvolto, che Kafka li abbia letti “tutti d’un fiato”, annoverandoli fra i libri “che mordono e pungono”. Quando c’è talento, l’astio può trasformarsi in purissima letteratura. E qui il talento non manca di certo. Ma vediamo da vicino alcuni dei suoi guizzi di intelligenza, tanto simili a schizzi di veleno o nero di seppia. Innanzitutto, una profonda scontentezza, prossima all’autodenigrazione: “Spesso al mio prossimo non ne verrebbe molto, se io lo amassi come me stesso”. Poi un continuo sarcasmo sulla durezza dell’esistenza: “Che le sofferenze si diano il cambio, rende sopportabile la vita”. Subito dopo, uno spiccato senso del ridicolo e dell’incongruenza: “Nel pregare e nel radersi l’uomo fa la medesima faccia solenne”. E finalmente un po’ di acido corrosivo, rivolto verso l’ottusità del prossimo: “Io resto fedele a me stesso! È proprio questo il tuo guaio; vedi di esserti infedele, una buona volta”.»
23 dicembre 2013
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