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Monica Maggi, ”Non sono le persone a venire in libreria, è la mia libreria ad andare dalle persone”

''Esco ferita grave, ma viva'', così Monica Maggi commenta la sua decisione di convertire in un'attività itinerante la sua libreria Libra, che un tempo aveva una sede stabile a Morlupo, in provincia di Roma, ma che nel maggio del 2012, dopo due anni di intensa attività, è stata costretta a chiudere. In pochi mesi la sua Associazione Libra ha già riscosso un grandissimo successo...
Fondatrice della libreria ambulante Libra, Monica Maggi ci parla della sua iniziativa e dei progetti per il futuro. Puntando tutto sulla cultura

MILANO – “Esco ferita grave, ma viva”, così Monica Maggi commenta la sua decisione di convertire in un’attività itinerante la sua libreria Libra, che un tempo aveva una sede stabile a Morlupo, in provincia di Roma, ma che nel maggio del 2012, dopo due anni di intensa attività, è stata costretta a chiudere. In pochi mesi la sua Associazione Libra ha già riscosso un grandissimo successo.

Può spiegarci da cosa nasce l’iniziativa dell’associazione Libra e della libreria ambulante?

In principio è nata da una necessità, poiché ho chiuso la mia libreria di Morlupo, in provincia di Roma, dopo due anni e mezzo di appassionato lavoro. Premetto che non nasco libraia ma fin da piccola sono cresciuta tra i libri, sono scrittrice, giornalista, docente universitaria. Quando mi hanno proposto di intraprendere questa attività, ovvero di aprire una libreria-caffè letterario mi sono buttata, senza aver avuto prima alcuna esperienza nel settore commerciale. La libreria andava benissimo: facevo eventi, presentazioni, laboratori, proiezione di film, organizzavo iniziative soprattutto rivolte alle donne, come i venerdì culturali, che riscuotevano grandissimo successo. Era dunque un punto di raccolta culturale. Ho chiuso perché l’impegno era troppo gravoso, passavo lì anche 15 ore al giorno, inoltre non riuscivo a seguire l’aspetto commerciale contemporaneamente a quello della creazione di eventi culturali. Non dimentichiamo l’onda d’urto della crisi, fortissima, che mi ha travolto. Ho fatto due conti e mi sono detta: “piuttosto che morire, esco ferita grave, ma viva”. Dopo la chiusura ho riconvertito tutte le mie attività, senza tuttavia avere un negozio: la mia macchina è il mio negozio, io continuo a essere organizzatrice e libraia. Vado a creare eventi, vado dalle persone. Il concetto è che non sono le persone a venire in libreria ma è la libreria ad andare dalle persone.

Quali sono le principali iniziative che ha realizzato e quali progetti coltiva per il futuro?

Ne ho realizzate molte, con grande soddisfazione. Una che ha riscosso un enorme successo è “Una piccola estate romana”, realizzata nel quartiere Tuscolano: ogni quindici giorni ho creato appuntamenti di due ore dedicati a ogni parte del mondo: Cina, Sud America, Filippine, Paesi Arabi, Est europeo…Abbiamo ottenuto il permesso per organizzare eventi in strada, quali letture di poesie, -la poesia nella mia vita è fondamentale- in lingua originale e in lingua italiana, musica, danza, oltre alla vendita del libro, sfilata di moda dell’Associazione Libera con modelle africane. Ho fatto quello che per me è fare cultura a tutto tondo. Inoltre promuovo e organizzo concerti, letture, visite guidate. La cultura secondo me è vivere la quotidianità in tutti i suoi aspetti particolari. Il libro li raccoglie tutti, poiché è prodotto della cultura. Amo dedicarmi a tutte queste attività.

Quali valori si propone di promuovere e perché?

Sono sostanzialmente due, che ruotano intorno alla cultura: in primo luogo, la cultura dà lavoro e fa impresa, in Italia soprattutto, poiché siamo zeppi di cultura, nostra e altrui. Inoltre, fondamentale è comprendere che senza cultura non c’è sviluppo, non possiamo puntare su altro su aggregazione e condivisione, sullo scambio delle nostre esperienze: soprattutto ora che abbiamo tante culture da integrare in Italia. La cultura può dare tanto lavoro, e questo è un aspetto fondamentale.

Al di là delle singole iniziative e dei singoli librai, quali iniziative sarebbero necessarie per far si che le librerie indipendenti superino la crisi che le sta affliggendo?
Innanzitutto ristabilire il conto deposito: fondamentale per la sopravvivenza del libraio. Il libraio invece deve comprare e pagare tutto entro 90  giorni, è vero che poi c’è il reso ma non rendono soldi, rendono altri libri: per salvarsi il libraio fa un magazzino di carta che non smaltirà mai, e in alcuni casi dice: “compro altri libri” ma è peggio! è una sorta di usura, se posso usare questa metafora. Inoltre sarebbero necessarie alcune facilitazioni: non dico una maggiorazione del prezzo di copertina, che è imposto e sul quale il libraio ha il 20-30 %, ma non possiamo dimenticare un’altro grande problema che è rappresentato dal monopolio schiacciante dei grandi distributori:il libraio infatti non può rifornirsi direttamente dalle case editrici, se non in rarissimi casi. Fiscalmente lo Stato guarda il libraio come qualsiasi altro imprenditore, noi guadagniamo molto meno però; e facciamo anche un lavoro sociale.

Quali possibilità apre il campo del digitale? Abbiamo letto che sta avviando un’attività in questo campo e che si propone di pubblicare e-book di esordienti a pagamento, attività criticata da più parti: si dice infatti che si rischia di affollare un mercato già saturo e di scarsa qualità. Cosa risponde a queste critiche?
Voglio ufficializzare questa attività, che già prima facevo. Mi sento di poter dire di avere un certo fiuto in questo senso, poiché in passato ho lanciato, soprattutto nell’ambito della poesia, autori e autrici che hanno riscosso grande successo, che mi hanno mandato i loro manoscritti in tempi non sospetti, già dal 2002 e 2003, e ora viaggiano nel mondo della poesia conclamata, alcuni hanno anche aperto delle proprie case editrici: sono personaggi affermati e conosciuti in questo campo come Dona Amati, Francesca Ferrando, Alice Clarini, Ada Crippa, Elena Falgheri…Persone che stanno pubblicando, sia prosa che poesia. Inoltre, la selezione la faccio comunque, ovviamente non pubblicherei tutto. Però garantisco agli esordienti di non restare invischiati nelle maglie della grande casa editrice che chiede 2000-3000 euro a pubblicazione. Anzi, quelli che chiedono 2000-3000 euro non fanno selezione: forse inquinano molto più loro il mercato di quanto non possa farlo io. Io difendo gli esordienti, offro una possibilità a quelli che veramente valgono e che, a mio avviso, sono meritevoli di emergere.

1 febbraio 2013

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