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Miska Ruggeri (Libero), ”La mia passione per la lettura è esplosa con Bukowski e Lovecraft”

“E’ sconfortante vedere in metropolitana ragazzi (e non solo) che smanettano invece di sfogliare un libro”. Parola di Miska Ruggeri, redattore delle pagine di cultura del quotidiano Libero...

L’antichista e giornalista che si occupa di libri e cultura per il quotidiano Libero ci parla del suo libro “Apollonio di Tiana. Il Gesù pagano” e analizza perché in Italia si legga sempre meno non solo libri, ma anche quotidiani

MILANO – “E’ sconfortante vedere in metropolitana ragazzi (e non solo) che smanettano invece di sfogliare un libro”. Parola di Miska Ruggeri, antichista e giornalista che si occupa di libri e cultura per il quotidiano Libero e autore per Mursia del saggio “Apollonio di Tiana. Il Gesù pagano”. Giornalista professionista dal 1997, Miska Ruggeri ci parla del suo libro, la cui prefazione è curata da Luciano Canfora, e analizza perché in Italia si legga sempre meno non solo libri, ma anche quotidiani.

Da cosa nasce l’idea di approfondire la figura di Apollonio di Tiana in questo saggio?
Nonostante i miei studi classici (e del resto i manuali di storia della filosofia, anche universitari, spendono solo qualche riga su Apollonio considerandolo più che altro un taumaturgo), l’ho scoperto leggendo i versi di Kavafis: “Un giorno apparirà / com’era, in atto di insegnare il vero: allora / certo riporterà il culto degli dei / nostri, i nostri squisiti riti ellenici”. Così mi sono incuriosito e ho deciso di dedicargli  la mia seconda tesi di laurea e poi anche questo libro, a cui ho lavorato a lungo.

Dalla tua indagine sulla sua figura, quale immagine emerge di Apollonio di Tiana? Diversa rispetto a quella legata a pregiudizi e leggende?
Su Apollonio, nel corso dei secoli, è stato detto tutto e il contrario di tutto: che era un essere divino o un ciarlatano, una sorta di Anticristo o un santo, un mago nero o un extraterrestre… Difficile, dopo tante incrostazioni, tornare al “vero” Apollonio.  Nella mia monografia, la prima di carattere scientifico in italiano, ho provato a ricostruirne i lineamenti principali. Di certo, comunque, il suo messaggio è stato rivoluzionario, anche se non come quello del suo coetaneo Gesù, e penso abbia ancora da insegnarci qualcosa a distanza di due millenni.

La prefazione del libro è curata da Luciano Canfora. Come è stato collaborare con lui?
L’antichista Canfora non ha certo bisogno di elogi da parte mia, è un maestro per chiunque si occupi di filologia, di storia e di letteratura classica. Piuttosto, mi piace sottolineare come sia una persona squisita, sempre disponibile con i giornalisti e pronto al confronto. Alcuni lo considerano uno stalinista ancorato a una visione del mondo ormai superata. Ma magari gli altri intellettuali italiani avessero la metà della sua apertura mentale…

Come nasce la tua passione per la lettura? Quanto ha influito nella tua carriera?
Fino alla fine del Liceo, leggevo solo giornali, riviste e fumetti. Poi ho scoperto Bukowski e Lovecraft, ho iniziato a divorare libri e non mi sono più fermato. Oggi, per lavoro o per piacere, leggo in media tre-quattro volumi alla settimana, più saggistica (soprattutto storia) che narrativa. Non vorrei cadere nella retorica più stucchevole, ma leggere è fondamentale per stare bene con se stessi, non solo per motivi pratici o di carriera.

In Italia si legge poco. Da questo punto di vista cosa possono offrire le pagina dedicate alla cultura di quotidiani e riviste per rilanciare il mercato?
Da noi si legge pochissimo ed è sconfortante vedere in metropolitana ragazzi (e non solo) che smanettano invece di sfogliare un libro. Purtroppo i giornali sono messi anche peggio e quindi non sono per nulla ottimista. Si fa quello che si può nelle redazioni, epperò mi sembra una battaglia di retroguardia. Se si va avanti è perché c’è illusione di lavorare per un’aurea minoranza. “Uno per me vale diecimila, se è il migliore”, diceva Eraclito. E il migliore è colui che continua a leggere, nonostante tutto.

7 aprile 2014

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