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Michele Serra, ”Fare il genitore oggi è impossibile”

Michele Serra giunge a Collisioni 2014 e porta con sé, in Piazza Blu, il suo libro 'Gli sdraiati', uscito a novembre e diventato subito un caso letterario nazionale per vendite e dibattiti generati...

BAROLOMichele Serra giunge a Collisioni 2014 e porta con sé, in Piazza Blu, il suo libro ”Gli sdraiati’, uscito a novembre e diventato subito un caso letterario nazionale per vendite e dibattiti generati. Con la sua scrittura ironica e penetrante, il giornalista di Repubblica ha dato voce al monologo interiore di un padre che riflette sul rapporto generazionale genitori/figli di oggi e ripercorre gli errori commessi nella relazione con quell’oggetto misterioso che ha messo al mondo. Tra autoaccuse di deficit di autorità e lievi critiche alla tribù degli ultimi arrivati (la mancanza di ordine che è mancanza innanzitutto estetica; il narcisismo, assassino della relazione; la facilità con cui si espone al dominio altrui), il viaggio di due mondi lontanissimi si dispiega in episodi significativi e divertenti di vita quotidiana (una piccola perla quello del colloquio scolastico), per chiudersi su un finale che ribalta il tono malinconico e inquieto del racconto.

 

CONFLITTO PADRI-FIGLI – Serra apre il suo incontro con il pubblico andando subito al nucleo del problema sollevato da Gli sdraiati: il conflitto tra padri e figli. O, piuttosto, il sospetto che questo conflitto stia scomparendo. “Non sono un sociologo, non sono uno psicologo, non sono un pedagogista, ma sono uno scrittore. Il libro è un racconto che vuole essere una storia precaria che ha per protagonista un padre nevrotico, con una componente biografica forte”. Un padre che medita, a partire dalla sua storia, sulla mancanza di un terreno comune su cui le generazioni oggi possano confrontarsi (anche e soprattutto in termini oppositivi). “Si cresce attraverso il conflitto, che è stancante, ma che sicuramente è pure formativo. Prima esisteva un ring comune. Ora il dubbio è che quel campo condiviso non ci sia più, e si vada incontro a una separazione drastica e irrimediabile”.

Promuovendo il libro, Serra afferma di essersi trovato davanti a molti genitori che vi si sono riconosciuti. Anche un ventenne romano, una volta, gli ha rivelato di aver rivisto se stesso nel figlio “sdraiato”. La sua domanda però è stata:”Ma che problema c’è?”. Una messa in discussione netta dei criteri di pensiero di un sessantenne. Una delle caratteristiche del padre narrato è anche una forma di relativismo che confligge proprio con quell’idea di autorità sentito come impossibile da istituire fino in fondo.

 

ESERCIZIO DI SINCERITA’ – Il secondo pensiero di Serra, poi, si sposta naturalmente sul concetto di paternità senza esercizio del potere, ricordando come il protagonista del testo non abbia “un decalogo da esporre”, ma che così facendo compia “un esercizio di sincerità”, convinto che alcune cose andrebbero trasmesse per seduzione e non per imposizione. Se lo scrittore toscano dichiara di essere consapevole della necessità di un principio d’autorità come motore di ordine, si rivede completamente nell’ingenuità intellettuale del suo personaggio. Senza troppi patemi d’animo, però. Perché, come sostiene Recalcati, “il genitore imperfetto, è il solo a esserlo a pieno titolo”.

 

LE DIFFICOLTA’ DEI VENTENNI – In seguito, Serra ricorda due episodi centrali del racconto. Il primo è quello del progetto di romanzo del protagonista, una narrazione di una futura guerra mondiale fra l’esercito dei vecchi e l’esercito dei giovani. A partire da questa vicenda, l’autore sposta la riflessione sulle difficoltà dei ventenni di oggi, ostacolati da case troppo ospitali da cui non si ha ansia di uscire (“io non avrei mai portato a casa la mia ragazza, né l’avrei presentata ai miei genitori”) e una situazione sociale mutata che ha tolto la possibilità di diventare indipendente anche a chi vuole farlo (“Prima, se uno voleva andarsene di casa, il lavoro c’era. Io non avrei mai avuto dubbi che ce l’avrei fatta. La macrodifferenza con la generazione giovanile di oggi è un problema gigantesco e uno svantaggio drammatico”).

IL FINALE DELL’OPERA – Dopo essersela presa un po’ coi critici (“in questo dannato paese è difficile fare lo scrittore perché conta più il contesto del testo. Per fortuna ci sono i lettori che salvano il testo”), poi, evoca il finale: l’ossessione del padre per una passeggiata importante (almeno per lui) da fare con il figlio. L’episodio, oltre a rivelare come l’eroe comico dell’opera sia il primo, vuole essere una conclusione benaugurante (“Finalmente posso diventare vecchio”) e liberatoria (nell’illusione, chissà se reale, della constata autonomia del secondo) a una meditazione sempre condotta nel dubbio e nella mancanza di risposte certe.

 

ESSERE GENITORI E’ UN ATTO BIOLOGICO, NON IDEOLOGICO – L’altro personaggio, lo ”sdraiato”, è il figlio. Sul finire dell’incontro in Piazza Blu, Serra riceve l’inevitabile domanda su come i suoi di figli abbiano reagito. Il giornalista e autore televisivo dice che tutti e quattro hanno fornito un campionario vasto e variegato. Il responso di uno è stato il silenzio. Probabilmente la reazione più vicina a quella del figlio di carta.

E’ con questo che Michele Serra lascia il palco di Collisioni a Barolo, non senza prima aver ricordato che, al di là di tutte le difficoltà e i problemi del confronto generazionale attuale, “la genitorialità è un atto biologico, non ideologico. Bisogna perciò sdrammatizzare questa ossessione, parlarne un po’ meno, non colpevolizzarsi troppo.” Stiamo più sereni, conclude, “tanto fare il genitore è impossibile”.

Luigi Cruciani

24 luglio 2014

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