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Mauro Corona, ”La memoria non è malinconia, ma testimonianza. Scrivo per testimoniare le nostre radici”

DAL NOSTRO INVIATO A PIETRASANTA - A Mauro Corona quest'anno gli organizzatori hanno dedicato la Piazza del Duomo e c'è un pubblico delle grandi occasioni ad attendere l'uomo di Erto

PIETRASANTA – A Mauro Corona quest’anno gli organizzatori hanno dedicato la Piazza del Duomo e c’è un pubblico delle grandi occasioni ad attendere l’uomo di Erto che si presenta con la sua consueta canotta e bandana. La editor lo introduce leggendo l’incipit de Gli uomini freddi,  che uscirà a settembre, ma Corona esordisce parlando i un altro libretto che uscirà che sarà in libreria da martedì prossimo e che si chiamerà ‘Guida poco che devi bere’ che fa rizzare i capelli in testa a qualche genitore presente sulla piazza.

 

SCRITTORE IN CONTROTENDENZA – È un decalogo di consigli su come bere da parte di uno che come dice lui, è stato un grande bevitore. ‘È inutile dire ai ragazzi di non bere, tanto lo faranno lo stesso, perché questo è il vero problema dei giovani. Tanto vale che lo facciano con un certo criterio, evitando di andarsi a schiantare con la macchina. Non si può bere vino e poi birra, semmai il contrario e bisogna che i ragazzi prima di schiantarsi, magari facciano ma chiamata a casa dicendo che non possono guidare. Ci vuole sempre una coperta, una torcia e altri piccoli oggetti che possono evitare brutte conseguenze. A questo libro tengo più che all’altro’.

 

VIVERE FELICI IN NATURA – L’altro è appunto ‘Gli uomini freddi’, un libro di memoria in cui Corona si perde molto a parlare della manualità della vita di questi uomini che vivono felici nella natura, la cui felicità è rotta dall’invidia di altri uomini. ‘Un romanzo potrebbe essere riassunto in 50 righe, ma non venderebbe una copia. E allora lo scrittore ci inserisce altre storie che sono come rivoli che confluiscono in un fiume principale. È un libro che vuole imbalsamare, fissare una età che è passata: mi soffermo sugli attrezzi, sui gesti del lavoro di questi uomini perché altrimenti saranno perduti. Non vorrei avere un quadro di Van Gogh, ma il pennello con cui lavorava dove sta l’essenza del pittore, oppure la mazza con cui lavorava Michelangelo’.

RITORNO ALLA TERRA – ‘La modernità ha portato via la manualità e la fatica; esiste anche una forchetta che arrotola gli spaghetti. Adesso non si fa più fatica, ma siamo tutti stressati. Gli attrezzi simboleggiano l’andare piano, ma prima o poi dovremo tornare a quella vita, all’economia della terra. Finita la benzina, si tornerà alla manualità: il corpo si ribella a questo modo di vivere e reagisce con tutte le nevrosi che affliggono le persone oggi. Mi fanno ridere gli scrittori che hanno il problema dello stress da pagina bianca. Quando ho una storia, è già in testa dall’inizio alla fine. E se non ho da scrivere faccio un’altra cosa, vado al bar o mi metto a scolpire il legno. Abbiamo bisogno di scrivere queste storie che altrimenti si perdono: oggi si fanno migliaia di violini in un giorno che non suonano bene, Stradivari ne costruì un migliaio nella sua lunga vita e suonano ancora benissimo, perché sapeva che il legno va tagliato in particolari giorni a fine marzo, quando li alberi ‘cantano’ in tutto il mondo. Sono cose che vanno tramandate. La memoria non è malinconia, ma testimonianza. Scrivo per testimoniare le nostre radici. Se scrivessi per vendere, parlerei delle sfumature di verde, di giallo e di rosso. Ma è una scrittura inutile’.

 

Michele Morabito

9 giugno 2013

 

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