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Mark Twain, siamo figli e figlie di Adamo ed Eva

E’stata scritta nel lontano 1883, eppure è, ancora, estremamente attuale. Lui e Lei. Lei che parla in continuazione; lei che è curiosa e che si pone in relazione con il mondo dando i nomi a tutto...

E’stata scritta nel lontano 1883, eppure è, ancora, estremamente attuale.

Lui e Lei.

Lei che parla in continuazione; lei che è curiosa e che si pone in relazione con il mondo dando i nomi a tutto, come si fa per i figli generati; lei che non cerca mera utilità pratica nel mondo, ma ne coglie la poesia; lei che infrange le regole e sovverte il monotono svolgersi degli eventi; lei che esige spiegazioni; lei che vive di emozioni e sa perfino piangere senza pudore.

La storia sembra una fra le tante, fin troppo stereotipate, che popolano caterve di romanzi e saggi. E, soprattutto, sembra una scena, a variabile minima, che a molti è capitato di vivere, assai spesso, fra le mura domestiche, seduti sul divano, davanti ad una partita di calcio trasmessa in tv.

Ma questa è la prima storia, e i protagonisti sono Adamo ed Eva, descritti con ironia e sagace analisi dei ruoli, ma anche con romanticismo puro e non melenso, da Mark Twain.

Non cercate nel loro immaginifico ‘Diario‘ verità assolute, siamo entità uniche e distinte, a prescindere dalla sequenza dei cromosomi. Cercatevi, invece, quei caratteri universali che, almeno per alcuni versi, accomunano chi condivide lo stesso sesso e lo svolgersi del continuo e proficuo, ma talvolta difficile e perfino buffo, tentativo di comunicazione fra l’universo femminile e quello maschile.

 

Si è messa a supplicarmi di smettere di andare alle cascate. Ma che male c’è? Dice che è una cosa che la fa stare in pensiero. Mi domando perché; l’ho sempre fatto, mi è sempre piaciuto tuffarmi per l’emozione e per quel fresco che mi procurano. Immaginavo che le cascate servissero per questo. Non hanno nessun’altra utilità, secondo me, eppure devono essere state fatte per qualche cosa. Lei dice che sono state fatte soltanto per il panorama, come i rinoceronti e il mastodonte”.

Dal diario di Adamo.

 

Copenhagen, dove vivo, e Malmö distano 45 minuti di treno. Si attraversa il ponte e si raggiunge la Svezia. Spesso io e Pietro ci andiamo per concederci una passeggiata, durante la stagione più clemente o durante le festività natalizie.

L’ultima volta che vi ci siamo recati, circa un mese fa, io avevo da poco scritto un saggio di scrittura creativa inerente allo stilare la propria autobiografia. Seduti attorno ad un tavolino, all’aperto, intenti a gustare una bistecca e a sorseggiare una birra, gli ho chiesto di espormi la sua storia, come se si trattasse della propria biografia. Ha iniziato a raccontare. Se la è cavata non male, lo ammetto: è stato bravo.

 

Scoperto che il rettile sapeva parlare, ricominciai a provare interesse nei suoi confronti, perché io adoro parlare. Parlo tutto il giorno, parlo anche nel sonno, e dico cose molto interessanti”.

Dal diario di Eva.

 

Ovviamente attendevo, simulando calma e disinteresse, il momento in cui io sarei entrata in scena, nel lo svolgersi del suo racconto. Ho pesato con circospezione ogni sua parola, pausa, gesto, sospiro. Si trattava di un esame spietato, credo che per entrare nel corpo dei marines siano più flessibili.

“Poi sei arrivata tu e tutto è cambiato”, ha sentenziato, “hai cambiato il mio mondo, con la tua irrazionalità. E mi sono meravigliato che una persona così fragile fisicamente possedesse tanta caparbietà e tanta abilità nel trovare sempre una soluzione”. Pausa.

 

Ho cercato di tirare giù dall’albero qualcuna di quelle mele, per lui, ma non mi riesce di imparare a tirare come si deve. Non ce l’ho fatta ma penso che le mie buone intenzioni gli abbiano dato piacere. Sono mele proibite. Dice che mi metterò nei guai; ma perché preoccuparmene se è per compiacere lui che vado a finire nei guai?”.

Dal diario di Eva.

 

Io gongolavo, lo confesso. Lo conosco abbastanza per sapere che era ignaro di quanto un solo monosillabo non mi sarebbe sfuggito. Aveva parlato per almeno un’ora, lui, che, di solito, non supera i quindici minuti continuativi: non era più in grado di erigere barriere.

Una seconda pausa e poi, in un soffio: “Mi gatita juguetona”.

Chi io??? Gatta sì, non c’è animale che adori di più, ma giocherellona…speravo in un aggettivo più consono ad una donna adulta. Invece, riflettendoci, ha ragione: io ho scoperto, proprio con il passare degli anni, la bellezza del gioco, della vita come scoperta, come sfida in cui l’importante è partecipare e non restare in panchina, per tornare poi a casa, ogni giorno, con le guance arrossate, un ginocchio sbucciato, un abbraccio complice a seguito di una strategia di squadra, una stretta di mano all’avversario, se leale, e una nuova tecnica appresa.

Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere”, scriveva John Gray, alcuni anni orsono. Ma si incontrano sulla terra, per amarsi, completarsi e ritrovarsi.

 

Dunque ciascuno di noi è una frazione dell’essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un’altra che le è complementare, perché quell’unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. E’ per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare. […]Allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l’anima a noi più affine, e innamorarcene”.

Platone, Simposio.

 

Emma Fenu

3 luglio 2014

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