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Maria Pia Romano, ”Nel mio libro parlo della più bella attesa che una donna possa avere”

Raccontare la bellezza della vita, che si vive sulla pelle e diventa gioia da custodire nel grembo materno. Dopo il successo con l' ''L'anello inutile'', la scrittrice e giornalista salentina Maria Pia Romano torna in libreria e approda alla prosa con la sua seconda opera narrativa ''La cura dell'attesa'' (Lupo Editore)...

L’autrice salentina parla della sua ultima opera “La cura dell’attesa” e lancia un consiglio a tutti quei giovani scrittori che sognano di affacciarsi al mondo dell’editoria

MILANO – Raccontare la bellezza della vita, che si vive sulla pelle e diventa gioia da custodire nel grembo materno. Dopo il successo con l’ “L’anello inutile”, la scrittrice e giornalista salentina Maria Pia Romano torna in libreria e approda alla prosa con la sua seconda opera narrativa “La cura dell’attesa” (Lupo Editore), un libro completamente diverso dal precedente, per parere della stessa autrice più leggibile, con una trama ben definita e personaggi meno evanescenti. L’autrice parla dei protagonisti del suo libro, sottolineando cosa l’accomuna e cosa no con la protagonista, e lancia un consiglio a tutti quei giovani scrittori con un manoscritto nel cassetto che sognano di affacciarsi al mondo dell’editoria.

Da cosa nasce l’idea del tuo ultimo romanzo “La cura dell’attesa”?
Dalla voglia di raccontare la vita. Quella delle persone comuni, che ad un certo punto, per uno strano gioco del destino, scoprono una forza inaspettata che non credevano di avere. La vita, soprattutto, di una donna come tante, forte e determinata solo in apparenza, ma la cui fragilità nasconde un bisogno segreto di essere accolta. E nasce anche dal desiderio di raccontare la bellezza della vita, che si vive sulla pelle e diventa gioia da custodire nel grembo materno.

 

Cosa è l’attesa di cui si parla nel libro?
E’ la più bella delle attese che una donna possa vivere. La narrazione, infatti, si apre con Alba, la protagonista, che è incinta e continua ad insegnare macchine ai suoi studenti, quelli che porterà poi ad una competizione internazionale riservata a veicoli progettati e costruiti in ambito accademico. Tuttavia l’attesa è anche quella della felicità nel senso più ampio del termine, perché solo quando si lascia andare alla vita, Alba, l’ingegnere amante della poesia, troverà per la prima volta il suo riscatto da un’esistenza di cose che, in fondo, non l’avevano mai appagata fino in fondo. Arriva così la visita inattesa della felicità, per una donna di trentasette anni, che s’immerge nel suo presente, con tutto l’amore che scopre di avere dentro.

 

Quanto c’è di autobiografico nella protagonista del libro?
Tutto e niente. Anch’io a diciotto anni ho iniziato a studiare ingegneria, in quella che allora era l’Università degli Studi di Lecce e che poi è diventata l’ Università del Salento. La vita poi mi ha portata altrove, ma avendo sostenuto ventinove esami, posso dire che l’ingegneria mi ha formata (ed oggi, a distanza di molto tempo, ho scelto di terminare gli studi, per completare un percorso al quale, comunque, devo molto). Anch’io come Alba sono divisa tra la poesia e l’ingegneria, solo che lei è più pragmatica di me, corre dritta alla meta, perché in fondo sa che la scienza delle costruzioni le potrà consentire di vivere meglio, rispetto alle parole accostate le une alle altre. Io, invece, mi sono sempre lasciata prendere per mano dalla poesia, nei miei vagabondaggi solitari, ai quali solo i versi hanno potuto dare un senso.
Avendo lavorato poi sette anni come Ufficio Stampa e Comunicazione all’interno del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento, ho avuto modo di conoscere molti gruppi di ricerca ed attività studentesche, tra questi Salento Racing Team e Salento Eco Team mi hanno decisamente affascinata, con il loro entusiasmo contagioso, quindi ho scelto di ispirarmi liberamente anche a loro.
La maternità, comunque, io l’ho solo immaginata. L’amore no, quello l’ho vissuto e lo vivo nella profonda anima della carne. Un legame d’amore con la vita.

 

Quanto influisce e in questo libro la tua terra, il Salento?
Tanto, perché i miei luoghi dell’anima diventano sfondo e protagonisti della narrazione. C’è il Salento segreto, quello lontano dal clamore e poco noto ai vacanzieri d’agosto, con i suoi luoghi magici, in cui si gusta la natura nel silenzio puro. C’è il Salento dei poeti: Comi, Bodini, Verri, Fiore, che ho letto ed amato, e che mi hanno spiegato questa terra, la cui luce non sempre è dolce e da cartolina, come si crede. C’è il Salento di Rina Durante e Gli amorosi sensi, libro bellissimo e praticamente introvabile. Ma c’è anche Ruvo di Puglia, la Città del Talos, e l’Alta Murgia, il cuore di pietra della Puglia. Terra dal fascino discreto e indimenticabile, che mi ha accolta dopo il mio matrimonio.

 

Quali sono le differenze principali, rispetto al tuo precedente romanzo “L’anello inutile”?
La cura dell’attesa è un libro completamente diverso da L’anello inutile: è più leggibile, c’è una trama ben definita e ci sono dei personaggi meno evanescenti, a differenza dell’altro, che era un gioco di specchi in cui protagonisti senza nome si rincorrevano attraverso acqua, aria, terra e fuoco. C’è meno introspezione, ora, e più romanzo. C’è il gusto di vedere come va a finire, mentre nell’altro c’era il passo breve della poesia che, come ha detto qualcuno, voleva farsi prosa.
Una collega giornalista che ha letto in anteprima il nuovo libro mi ha detto "ero pronta a farmi rivoltare come un calzino, come ho fatto con l’anello inutile, invece ora mi sono sentita accolta". Credo sia molto bello questo.

Dopo il successo che hai avuto con “L’anello inutile”, quali sono le tue aspettative per questo libro?
Ho imparato a non aspettarmi nulla, in modo che ogni cosa che viene sarà un dono. Intanto posso già dirti che quello che mi aspettavo lo sto avendo: la vicinanza e la cura di Cosimo Lupo e di tutto lo staff della casa editrice.

Cosa ti senti di consigliare a tutti quei scrittori con un manoscritto nel cassetto, che sognano di affacciarsi al mondo dell’editoria?
Se sono di quelle persone che hanno tanti soldi da impiegare per realizzare il loro sogno, consiglio di scegliere una bella copertina, scegliere una bella casa di produzione video per un book trailer, pagare un buon ufficio stampa e contattare le librerie più in, preoccupandosi di offrire anche un aperitivo letterario per le signore amanti dei salotti letterari. Poi, ovviamente, di incorniciare e mettere in bella vista il primo articolo che esce sul mensile del paese.
Se invece sono scrittori che credono in quello che hanno scritto e non sono disposti a farsi fregare dalle becere logiche editoriali del nostro tempo, consiglio di tenere il manoscritto nel cassetto senza fretta, finché non si incontra un editore serio, anche piccolo, ma pieno di passione, che creda in quello che pubblica. I Cosimo Lupo sono pochi, ma esistono.

 

18 gennaio 2013

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