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Maria Isabella Piana, da Montalbano a Masterpiece, dal teatro alla pubblicazione con Bompiani

Maria Isabella (detta Maribella) Piana, siciliana vulcanica, insegnante di latino e greco in pensione, ha recitato e fatto molte altre cose. È autrice del romanzo I ragazzi della piazza (Bompiani)...

Maria Isabella (detta Maribella) Piana, siciliana vulcanica, insegnante di latino e greco in pensione, ha recitato e fatto molte altre cose. È autrice del romanzo I ragazzi della piazza  (Bompiani).

 

Ciao, Maribella. È sempre con una dose supplementare di entusiasmo che intervisto autori siciliani, alla quale ne aggiungo un’altra se si tratta di una donna. E poi, come dico spesso, le persone che esprimono la creatività in molte direzioni mi affascinano. Insegnante di latino e greco adesso in pensione, hai recitato in un film tratto da uno dei romanzi di Camilleri che hanno per protagonista il celeberrimo commissario Montalbano, Il campo del vasaio. Ti occupi di teatro. Hai partecipato alla trasmissione Masterpiece. E comincerei con una domanda su questa esperienza, sulle tue emozioni e su quello che ti ha dato, per parlare poi del tuo romanzo, in uscita a breve, I ragazzi della piazza (Bompiani).

È vero che faccio tante cose, non mi fermerei mai. Ho iniziato con un altro episodio di Montalbano, Il gatto e il cardellino e poi una parte ne Il capo dei capi, un film “Agente Matrimoniale”, e tanto teatro con la mia compagnia Gli Instabili. A Masterpiece ho partecipato assolutamente al buio, senza minimamente immaginare a cosa sarei andata incontro. Pensavo di iscrivermi a un concorso letterario. Invece ho vissuto un pezzo di vita completamente diversa, mi sentivo in un’astronave, a volte anche su una zattera nel mare in tempesta, ma era bellissimo, perché ero con amici e pensavo solamente a qualcosa che mi piaceva. Ho imparato, anche dai ragazzi con cui gareggiavo, io, la più “vecchia” di tutti. Ho imparato a piegare il tempo alle mie esigenze, a confrontarmi con personaggi importanti, a esprimere il mio pensiero in maniera veloce e efficace. Ti pare poco?

 

Il tuo romanzo è un romanzo di formazione, un romanzo di ambientazione siciliana, con un uso moderato e accattivante del dialetto e personaggi che è facile rappresentarsi, veder vivere con gli occhi della mente. Ci lavoravi da molto? Immaginavi che avresti pubblicato con una casa editrice importante come Bompiani?

Ho cominciato a scrivere anni fa, perché emozioni, vicende, tutto un periodo importante per me non andasse dimenticato. A poco a poco sono nati personaggi e storie costruiti, come il costume di Arlecchino, con pezzi di altre vite e di altre storie. Ho fatto qualche timido tentativo di pubblicare con qualche piccola casa editrice locale, ma non ci credevo molto neanch’io. Quando Elisabetta Sgarbi, lontano dalle riprese, mi fece capire che aveva dei progetti su di me, provai qualcosa che mi capita molto di rado: rimasi senza parole…

 

Lo scrittore e l’editor, un rapporto che può essere molto intenso. Si condivide una cosa importantissima, la scrittura di una storia. Com’è stata la tua esperienza?

Il primo contatto con questo personaggio dal nome affascinante, ma dalle attività sconosciute, l’ho avuto mentre ero a Masterpiece. Alberto Cristofori, un vero signore, attento, garbato, competente. Mi ha fatto quasi impressione, perché ha colto immediatamente il nucleo del mio romanzo, usando parole che avevo detto solo a me stessa. Seguendo le sue indicazioni ho lavorato molto bene, credo, rendendo i miei periodi, che lui definiva “ciceroniani”, più svelti e efficaci. Poi ho conosciuto il mio editor definitivo, Massimiliano Governi. Con lui un lavoro importante, quasi di cesello, condotto a volte con ironia, a volte all’arma bianca, ma sempre concluso in pieno accordo. In ogni caso un’esperienza interessantissima, perché sono convinta che chi scrive non ha la necessaria lucidità per guardare dall’esterno. I libri, come i figli, “sò piezz’e core”.

 

Rimpiangi gli anni trascorsi in mezzo ai ragazzi? Bilancio positivo quello tuo di ex docente? Qualche nota amara?

Solo note dolcissime, assolutamente, o frizzanti, anche se a volte li avrei appesi al filo del bucato. Gli alunni, dico. Ma li ho amati, e anche se urlavo, loro lo hanno sempre capito, e fino ad ora con parecchi di  loro siamo amici, ci sentiamo, usciamo insieme. Abbiamo fatto teatro, abbiamo imparato le declinazioni cantando l’inno d’Italia, abbiamo studiato I promessi sposi  recitandolo. E quando un ragazzo diciassettenne a giugno ti dice: – Peccato, è finita la scuola! – cosa vuoi di più dalla vita?

 

Cosa leggi? Hai generi e autori preferiti? Un romanzo (o una poesia, una novella, un testo teatrale) senza il quale saresti una persona diversa?

Non so se sarei diversa, ma certo Mary Poppins, letto dopo il tristissimo Cuore, mi ha salvato la vita. Ho scoperto la fantasia, l’ironia, il sorriso. E ancora oggi mi piacciono gli autori che sanno far riflettere con un sorriso, con una battuta. Grande Elisabeth von Arnim, che adoro, o Doris Lessing, o il magnifico Pennac. Mi riconosco spesso nella Mazzantini. Erri de Luca è per me un maestro di vita, e David Grossman un conoscitore dell’animo umano che ha del paranormale. E Marquez? E Neruda? Basta, non potrei citarli tutti, sono una lettrice onnivora.

 

Progetti per il futuro (oltre che continuare a essere il vulcano attivo che sei)?

Non posso certo smettere di leggere. Nemmeno di scrivere. Sto già lavorando a due romanzi, due, sì, perché uno è serio, mi sta impegnando molto, sia dal punto di vista psicologico che della scrittura, l’altro è per i momenti di allegria e rido da sola mentre scrivo. Non smetterò certo di recitare, e meno che mai di fare la nonna, con i miei splendidi quattro nipoti.

 

Grazie, Maribella, per il tuo tempo e le tue risposte.

 

Lia Messina

 

21 febbraio 2015

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