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Marco Buticchi, ”Perché ho successo? Quando scrivo mi diverto, e il lettore l’avverte”

La ricetta della popolarità resta sempre misteriosa, ma uno dei suoi ingredienti secondo Marco Buticchi è questo: divertirsi. Vincitore del Premio Emilio Salgari 2012, unico scrittore italiano pubblicato nella collana I maestri dell’avventura di Longanesi, per cui è uscita di recente un'edizione completa di tutta la sua opera in ebook, Marco Buticchi ha saputo eguagliare il successo dei suoi colleghi anglofoni.

L’autore, vincitore del Premio Emilio Salgari di Letteratura Avventurosa del 2012, parla del suo lavoro e della sua passione per la scrittura

MILANO – La ricetta della popolarità resta sempre misteriosa, ma uno dei suoi ingredienti secondo Marco Buticchi è questo: divertirsi. Vincitore del Premio Emilio Salgari 2012, unico scrittore italiano pubblicato nella collana I maestri dell’avventura di Longanesi, per cui è uscita di recente un’edizione completa di tutta la sua opera in ebook, Marco Buticchi ha saputo eguagliare il successo dei suoi colleghi anglofoni.

La sua esperienza professionale è piuttosto singolare: laureato in Economia e Commercio, ha lavorato come trader petrolifero presso una multinazionale, lavoro che le ha dato occasione di viaggiare molto. Qual è stata la spinta che l’ha portata a pubblicare, a sue spese, il primo romanzo?
Ho anticipato i tempi… ha visto quanti ragazzi laureati che non trovano lavoro? Scherzi a parte la spinta l’ho sempre avuta dentro: non ci si improvvisa scrittori dalla sera alla mattina. Ma il motivo principale è che non mi si filava nessuno e ricevevo gran rifiuti dagli editori. E allora me la sono suonata e cantata. A cose fatte ho avuto ragione. Se un consiglio posso dare a chi crede di valere: misuratevi. Oggi non si è neppure più legati alla tiratura come ai miei tempi. Si va on line e si ordinano le copie da mandare agli zii a Natale… e si realizza un sogno!
Un altro luogo comune da sfatare è quello del grande viaggiatore. Viaggiare apre la mente e permette di vedere, ma per scrivere (e non descrivere) bisogna sedersi a tavolino e studiare il luogo di cui si vuol parlare.

I suoi libri sono stati un successo dietro l’altro, ha toccato il milione delle copie vendute e ogni suo romanzo è ormai considerato un long seller. Se guarda indietro al suo percorso, quali ingredienti ritiene che abbiano contribuito alla sua affermazione – quali tratti della sua personalità, quali passioni e interessi poi confluiti nei suoi romanzi, quali scelte ed eventi fortuiti?
Una cosa che ancora faccio è quella di divertirmi mentre scrivo. Non so se si possa considerare la chiave del successo, ma sicuramente è ciò che un lettore avverte quando legge un romanzo: quanto quello scritto è entrato “nelle ossa” dell’autore. E poi se gli ingredienti del successo fossero noti, saremmo invasi da quelli che chiamiamo Romanzi scritti a tavolino. Invece non c’è cosa più misteriosa della ricetta. Credo sia una miscela di abnegazione, ispirazione, documentazione, idee, piacere e voglia di raccontare… e quando si mettono insieme tanti ingredienti c’è sempre rischio che la miscela diventi esplosiva.

La sua opera viene accostata a quella di Wilbur Smith: è uno dei suoi riferimenti letterari? Cosa ritiene di avere in comune con questo autore, e in cosa invece rivendica una sua originalità?
Parto dal fondo e dalla mia rivendicazione di originalità. Una cosa mi distanzia dai mostri sacri a cui vengo spesso accomunato: loro hanno qualche centinaio di milioni di lettori più del sottoscritto. I paragoni sono sempre lusinghieri. Una cosa mi fa un gran piacere, però, da italiano e da amante del genere: in giro incominciano a dire che Buticchi scrive come… Buticchi…

Quali sono i suoi autori di riferimento e i suoi gusti in fatto di lettura, quali le sue influenze quando scrive?
Ne ho uno nel cuore da sempre: si chiamava Emilio Salgari e mi insegnato a leggere e a sognare. Guardi i casi della vita, quest’anno ho vinto il Premio Emilio Salgari con “La voce del Destino”.
Quando si scrive, penso sia sempre meglio scordarsi i modelli e fare ciò che si è capaci di fare. In caso contrario si rischia di scimmiottare gli altri e, come sempre, il primo ad accorgersene è il lettore.

 

È appena uscita l’edizione in formato ebook di tutta la sua opera: quali opportunità in più dà il digitale rispetto al cartaceo a uno scrittore? 
Sono convinto che ci troviamo davanti a una rivoluzione simile a quella di Gutenberg quando inventò la stampa. Non mi chieda dove andremo a finire perché non lo so. Tutti noi (rottamabili) ci riempiamo la bocca con “i profumi della carta”, “il piacere di sfogliare”, “la sensazione tattile che regala l’oggetto libro”. Ma lo studente elementare dei prossimi anni, che andrà a scuola con un tablet e senza zaino, pensate che ancora riconoscerà il piacere della carta? Credo che conviveremo per qualche tempo e poi l’oggetto libro resterà un prodotto per una nicchia di intenditori. Il futuro non mi spaventa anche perché non mi appartiene. Meno di me spaventerà i miei nipoti che sorrideranno nel guardare quanti libri ha nonno nella sua libreria… l’importante è che leggano, imparino, sorridano e si divertano. Leggere, qualunque cosa e comunque si legga, apre la mente e regala sogni e emozioni.

 

3 dicembre 2012

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