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Luis Sepulveda, ”Solo sognando e restando fedeli ai sogni siamo migliori”

''Solo sognando e restando fedeli ai sogni siamo migliori''. Da questa citazione di Luis Sepulveda, prende avvio la conversazione di Ilide Carmignani, traduttrice di tutti i suoi libri, con l’autore cileno per presentare...

PORDENONE – “Solo sognando e restando fedeli ai sogni siamo migliori” . Da questa citazione di Luis Sepulveda, prende avvio la conversazione di Ilide Carmignani, traduttrice di tutti i suoi libri,  con l’autore cileno per presentare, in anteprima assoluta per Dedica, “L’avventurosa storia dell’uzbeko muto” (Guanda), nuova raccolta di imperdibili racconti ambientati tra le macerie degli anni ’70.

 

GLI ANNI CHE HANNO PRECEDUTO LA RIVOLUZIONE – “ Sono gli anni – spiega Sepulveda – in cui i giovani sognano la rivoluzione e si preparano in ogni modo , tendando piccole rapine per espropri proletari, addestrandosi anche alle arti marziali e preparando armi rudimentali, che magari scoppiavano prima di essere utilizzate  . Ma sono soprattutto anni di speranze e di grandi illusioni. Per questo ho fatto di quest’ epoca il vero personaggio di questi racconti, legati fra loro dall’umore sano, la parte migliore  di quei momenti”. Quasi un romanzo insomma, in cui il racconto è sempre filtrato attraverso l’ironia e il garbo di chi a quegli anni è sopravvissuto. Lo spunto proviene dalla realtà quotidiana cosi il racconto che dà il titolo alla raccolta L’Avventurosa storia dell’uzbeko muto nasce da un incontro a Ginevra fra Sepulveda e un “ compagno “ cileno , che gli racconta i suoi anni all’ università di Mosca  finiti rocambolescamente a Tashkent . Si tratta infatti del peruviano Ramiro, vincitore di una borsa di studio all’Università Lomonosov, destinato a ricevere un’educazione sovietica nella Patria del socialismo. Peccato che a Mosca Ramiro non trovi nulla di quello che gli interessa davvero, cioè le ragazze, la musica e l’alcol. Peggio gli va quando tenta di raggiungere Praga, dove si dice che tutte queste cose abbondino, ma approda invece in Uzbekistan “ Piccoli grandi episodi di anni amari, ma felici – dice l’autore cileno – perché c’era la possibilità, molto più limitata oggi, di fare grandi cose e di prepararci a un futuro che immaginavamo sterminato e migliore”. 

 

DAGLI ANNI ‘ 70 AL PRESENTE E LE ORIGINI DELLA MILITANZA – Che cosa è rimasto di quell’epoca? “ E’ rimasto – confessa Sepulveda – la possibilità di credere ancora nei sogni,  grazie a persone come Pepè MuJica, presidente dell’Uruguay fino a una settimana fa, esempio di impegno civile e di coerenza politica e morale. Un Presidente che ha voluto essere una persona come le altre, rinunciando a tutti i privilegi che gli competevano.”  Presente e passato recente, ma anche il passato remoto della sua infanzia in un quartiere proletario di Santiago, dove era impossibile, scherza l’autore, non crescere “ rossi”.

Era un quartiere infatti in cui erano arrivati i lavoratori licenziati dopo la chiusura delle miniere di salnitro e, come tutti gli emigrati del mondo, erano stati accolti dalla destra come “ barbari  e delinquenti”.  “Ma  nel  mio quartiere , invece, – racconta Sepulveda- il clima era di grande solidarietà e nessuno si sentiva solo. Anche il nome della squadra di calcio del rione era significativo: ci chiamavamo Unidos  Venceremos. A 13 anni poi ho sentito Neruda recitare le sue poesie e sono diventato il fondatore della prima cellula dei gioventù comunista del quartiere. Mi si chiedeva di essere creativo per diffondere il nostro credo e mi sono inventato una mostra sulle riviste sovietiche dell’epoca, che ha dato avvio, davvero, alla cellula della gioventù comunista. Non c’erano vacanze o week end al mare, ma lavori volontari e cori sulle note di Bella ciao.” Una gioventù favolosa insomma, anche se dolorosa.

 

LE DONNE, COMPAGNE DI LOTTA – E la conversazione si chiude con le donne, alle  quali Sepulveda ha dedicato una lunga poesia (Le donne della mia generazione) Una di esse, Bichito, è anche la protagonista di uno dei racconti dell’ultima  raccolta: “ aveva una  vita complessa e bella fino a quando un giorno di dicembre del 1973  non uccisero il Chino e qualcosa fece crac dentro di lei” . L’autore cileno conclude l’incontro,  raccontando appunto  delle compagne di gioventù , della moglie Carmen sopravvissuta alle torture di Villa Grimaldi , ma anche di Nelly o di Lucia e di molte altre che , giovanissime, stuprate e torturate hanno dato la loro vita per il sogno di un mondo migliore per il Cile e per tutto il Sudamerica.

 

Alessandra Pavan

 

10 marzo 2015

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