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Luigi Mascheroni, ”Nel mio libro ho raccolto le manie più curiose dei bibliofili d’Italia”

Un libro che raccoglie i ritratti dei ''peggiori'' bibliofili d'Italia. Da Vittorio Sgarbi a Giampiero Mughini, da Giulio Andreotti a Marcello Dell'Utri, da Philippe Daverio a Cesare De Michelis, una galleria di accaniti bibliofili, più o meno famosi, persi tra la passione della lettura e l'ossessione del collezionismo. Luigi Mascheroni in ''Scegliere i libri è un'arte. Collezionarli una follia''...
L’autore e critico del Giornale ci presenta il suo libro “Scegliere i libri è un’arte. Collezionarli una follia”. Perché quando si parla di appassionati, estremi, di libri, è difficile distinguere genio e mania
 

MILANO – Un libro che raccoglie i ritratti dei “peggiori” bibliofili d’Italia. Da Vittorio Sgarbi a Giampiero Mughini, da Giulio Andreotti a Marcello Dell’Utri, da Philippe Daverio a Cesare De Michelis, una galleria di accaniti bibliofili, più o meno famosi, persi tra la passione della lettura e l’ossessione del collezionismo. Luigi Mascheroni in “Scegliere i libri è un’arte. Collezionarli una follia’’ tratteggia le loro virtù e manie, accompagnando i lettori attraverso un’indagine curiosa condotta, con geniale bravura, tra le pieghe dell’amore e della patologia. Il rapporto fisico con l’oggetto libro, la ricerca spasmodica di un testo, il tempo e le energie spese da chi proprio “non può farne a meno”. L’autore ci parla del viaggio, letterario e divertente, che l’ha portato alla pubblicazione del volume.

Da cosa nasce l’idea di questo libro?
Qualche  anno  fa la rivista letteraria e bibliofila “BVS” della Biblioteca di via Senato, a Milano, di Marcello Dell’Utri mi propose di tenere una rubrica a tema, intervistando ogni mese un grande bibliofilo, conosciuto o meno, ma che avesse una bella storia da raccontare sui libri, il collezionismo, le piccole e grandi manie degli amanti del libri, della lettura, della letteratura. E così, era il 2009, iniziai da Giampiero Mughini, che proprio in quel momento aveva pubblicato “La collezione”, dove, come recita il sottotitolo, “Un bibliofolle racconta i più bei libri italiani del Novecento”. Da allora, per quasi due anni tutti i mesi ho intervistato un bibliomane o bibliofilo, o blibliofolle… a seconda dei casi.

Secondo lei quanti in Italia collezionano libri per vera passione e quanti, invece, perché essere bibliofili rende più “intellettuali” all’esterno?
Al netto di qualche vero pazzo, credo che chiunque impegni così tanto tempo e denaro per mettere insieme una collezione ragionata di libri lo faccia per vera passione, anzi per malattia. Perché non può farne a meno. Si innamora chessò, del futurismo, come Pablo Echaurren, oppure della letteratura di fantascienza, come Bruno Baronchelli, o dell’astrologia. Come Leandro Cantamessa, l’avvocato del Milan… e inizia a recuperare tutto ciò che riguarda quel settore, per anni, con pazienza, con ostinazione, e con un pizzico di ossessione… Certo, qualche vezzo è inevitabile, ma al fondo di tutto, per tutti, c’è l’amore per il libro.  Nessuno, o ben pochi, tra le persone che ho incontrato vuole passare per “intellettuale”. Anche se noi, alla fine, li consideriamo tali…

Qual è la linea di confine che lei traccia tra appassionato di lettura e maniaco del collezionismo?

Soldi, pazienza e spazio (tanto spazio…). Chi ha queste tre cose può diventare un collezionista. Gli altri sono amanti della lettura.

Una passione che può sfociare in vero e proprio furto, come dimostrano i recenti fatti di cronaca  che hanno riguardato la Biblioteca Girolamini di Napoli. Che idea si è fatto del caso Dell’Utri?
Sinceramente? Per come conosco questo mondo, e per quanto conosco il senatore, credo sia anche possibile (ripeto: possibile) che qualcuno che si è trovato fra le mani certi libri abbia pensato di andare a proporli a un bibliofilo come Dell’Utri. Ma escludo che uno come lui possa cascarci. Consoce troppo bene le trappole di questo mondo.

Dalla sua indagine, quale personaggio-bibliofilo risulta essere il più stravagante?
Tra tutti, forse padre Sergio De Piccoli, un monaco benedettino che ha dedicato la vita a Dio e ai libri: vive da 35 anni a Marmora, in Alta Valle Maira, sopra a Cuneo, 1.548 metri d’altezza, nella canonica del monastero. Da solo. Passa le giornate a pregare e a riordinare i libri che la Provvidenza gli manda lassù: qualcuno lo compra, la maggior parte glieli regalano: donazioni di fedeli, amici editori che si liberano del magazzino, vecchie biblioteche ecclesiastiche. Ormai ha superato gli  80 anni d’età e i 55mila volumi. Dopo aver celebrato Messa, il tempo lo trascorre catalogando i libri con il suo vecchio computer. E la cosa più incredibile è che, a parte la Bibbia, sono vent’anni che padre Sergio non legge più niente. Trovo che in tutto ciò ci sia qualcosa di sublime. E poi dentro la storia di questo monaco solitario si può leggere mezza storia del pensiero filosofico e letterario dell’Uomo: il monachesimo, i padri del deserto, quelli della Chiesa, il vecchio della Montagna, la spiritualità delle grandi Religioni, non so perché Nietzsche e Dostoevskij…

Ultima, inevitabile, domanda. Quanti libri sono presenti nella sua personale biblioteca? Alla luce di questo suo libro, come definirebbe la sua passione?
Come la maggior parte degli “accumulatori” di libri, come sono io (né bibliofilo né bibliomane) non li ho mai contati. Vado a metri di scaffali. Non so, circa 20mila, forse un po’ di più… Diciamo che come “accumulatore” di libri sono uno che ha qualcosa del bibliofilo (con meno soldi e minor specializzazione), qualcosa del bibliofolle (con un po’ più di senso del limite), e qualcosa del “semplice” lettore (con l’obbligo professionale, però, di leggere anche tanti libri che se dipendesse solo dal puro piacere non aprirei neppure). Insomma, non so bene cosa sono rispetto ai libri. Ma so che senza, vivrei peggio.

8 febbraio 2013

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