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Lorenzo Amurri, ”La scrittura mi ha salvato la vita”

Il musicista e scrittore, autore del romanzo autobiografico “Apnea”, commenta la sua candidatura al Premio Strega e ci parla del suo libro
MILANO – Una storia che ha commosso l’Italia e fatto molto riflettere, quella di Lorenzo Amurri. Musicista di professione, amante del rock e con una passione smodata per i Pink Floyd, rimane vittima di un grave incidente avvenuto mentre sciava sul Terminillo, che l’ha reso tetraplegico. Nel suo libro “Apnea”, edito da Fandango e finito tra i dodici finalisti del Premio Strega, Amurri racconta tutta la vicenda legata all’incidente, la voglia di ricominciare e contemporaneamente di farla finita, e tutto ciò che è avvenuto dopo: la rinascita e l’uscita da quella insostenibile situazione di “apnea” che per troppo tempo lo aveva pervaso. In questa intervista, Lorenzo Amurri commenta la sua candidatura allo Strega e ci parla del suo libro e della sua passione per la lettura.
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Cosa rappresenta essere tra i dodici finalisti al Premio Strega? Come ha accolto la notizia?
Sono molto contento e sicuramente sorpreso. “Apnea” è il mio romanzo d’esordio e non immaginavo proprio che con questo testo sarei potuto arrivare tra i dodici finalisti di un premio così importante e prestigioso come lo Strega.
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Quali sono le speranze e le aspettative derivanti da questa candidatura?
Sinceramente, non spero in niente. E’ tutto già bellissimo così. Certo, entrare in cinquina sarebbe ancora meglio, ma come ripeto io sono già felice di questo traguardo, che per me vale come una vittoria.
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Cosa l’ha spinta a scrivere “Apnea”? 
L’idea non è venuta da me, bensì da una mia amica scrittrice che mi ha spinto a raccontare la mia storia. All’inizio ero terrorizzato all’idea di cimentarmi con la scrittura di un romanzo, per di più autobiografico. Poi pian piano, capitolo dopo capitolo, non senza difficoltà, sono riuscito a dar vita a quello che ora è “Apnea”.
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Cosa ha significato per lei, attraverso la scrittura della sua autobiografia “Apnea”, ripercorrere quei momenti così difficili della sua vita?
E’ stato indubbiamente molto duro, ma devo dire che ha avuto un valore terapeutico. Quando ho incominciato a scrivere il romanzo erano passati 17 anni dall’incidente, eppure non ero ancora riuscito totalmente a metabolizzare quanto mi era accaduto. E’ molto difficile quando metti nero su bianco quelli che sino a prima erano solo ricordi. Questo esercizio ti impone di ripensare e, scrivendo, di scontrarti e rivivere nuovamente quei momenti.
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Se dovesse dare una definizione della sua “Apnea”, quale sarebbe?
L’ “apnea” è tutto il periodo della mia vita raccontato nel libro. Quando, con la mia forza di volontà, ho deciso di uscire da questo stato, è come se avessi ricominciato a respirare con una bella boccata d’ossigeno, riprendendomi la mia vita.
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Lei è un grandissimo appassionato di musica. Che ruolo ha avuto proprio la musica per quella che lei ha definito come una rinascita?
La musica ha avuto un ruolo da protagonista. Io dopo l’incidente non riuscivo più ad ascoltare musica, in particolare quella che suonavo e che non potevo più suonare. La scrittura del libro e la musica mi hanno aiutato a riconciliarmi con la mia vita e con quanto accaduto. Ora la ascolto con piacere, e non potrei vivere senza.
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Come è nata la sua passione per i libri e per la scrittura? C’è qualche aneddoto particolare legato allo scoccare di questo amore?
Il mio amore per la lettura è nato con “A ovest di Roma”, un testo formato da due racconti scritti dallo scrittore statunitense John Fante. Questo libro mi ha davvero illuminato, un po’ come è accaduto con le canzoni dei Pink Floyd per la musica. Sono sempre stato un avido lettore, ma questo romanzo è stato un po’ come una sorta di rivelazione.
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