MILANO – Ho tanti “mi piace”, quindi esisto. Direbbe così Cartesio se si fosse trovato oggi a vivere nell’epoca di Internet, il luogo dove oggi gli individui si creano una identità, fanno di se stessi un marchio, un prodotto da promuovere. Questo approfondiscono Loredana Lipperini e Giovanni Arduino in “Morti di fama”, un pamphlet (e anche un tumblr: mortidifama.tumblr.com) scritto a quattro mani per spiegare come il concetto di fama, successo, autostima e confronto con il prossimo sia cambiato per sempre. Un viaggio nella nuova rete, dove miliardi di utenti documentano, condividono, amplificano e pubblicizzano ogni istante della loro vita e delle loro attività attraverso blog, Facebook, Twitter e decine di piattaforme e applicazioni, sfruttando l’approvazione d’impulso tipica dei social network. In quest’opera gli autori, attenti frequentatori e osservatori del web, raccontano quanto sia mutato il significato della fama, sottolineando con stile arguto e provocatorio come siano stati stravolti il concetto di identità e il nostro modo di confrontarci con gli altri.
Da cosa nasce il progetto di questo nuovo libro?
Morti di fama è un pamphlet (e anche un tumblr: mortidifama.tumblr.com) scritto a quattro mani per raccontare non solo come è cambiata la rete, ma come la rete sta cambiando noi, i nostri desideri, le pratiche per realizzarli. Giovanni Arduino e io frequentiamo il web e lavoriamo nel mondo editoriale, che è molto presente nel libro, e abbiamo raccontato quel che vediamo tutti i giorni. Senza alcun intento giudicante, visto che il meccanismo coinvolge tutti, noi, lei che mi pone la domanda, io che le sto rispondendo, chi ci leggerà: le critiche, semmai, riguardano chi mette in moto l’esigenza di microfama. Le multinazionali della rete. Le aziende, piccole e grandi, che usano i blogger come mezzo di propaganda. I venditori di recensioni positive o di finti “like” o finti follower. Tutti coloro che cercano di volgere a proprio vantaggio la corsa all’oro che si sta svolgendo sul web.
Come è cambiato negli ultimi anni il “modus operandi” per diventare famosi?
Si è contratto nei tempi, per cominciare: la cosiddetta fama dura molto meno dei quindici minuti profetizzati da Andy Warhol nel secolo scorso. Inoltre, si è al servizio di qualcun altro senza, spesso, averne consapevolezza: per diventare uno youtuber (micro)famoso e dunque aumentare gli accessi al mio canale, devo usare i social, e dunque passare molto tempo sui medesimi, e dunque spendermi più in promozione che in contenuti. Vale per chi fa video, libri, musica. Vale per le mom-blogger, vale per chi si occupa di cucina e di moda. Rende? In pochi casi. Vale la candela? Probabilmente no.
Secondo lei il web rappresenta più un opportunità o un pericolo?
Il web è neutro. E non è (del tutto) libero, dal momento che i supercapitalisti della rete (la solita triade: Google, Amazon, Facebook) hanno bisogno che diventiamo promotori di noi stessi e veicolo pubblicitario per loro conto. Meglio ci promuoviamo, più le aziende saranno interessate a contattarci per promuovere anche i loro prodotti: in cambio, quasi sempre, di un piatto di lenticchie.
Detto questo, l’intento del pamphlet è semplicemente quello di raccontare alcuni meccanismi: per diffondere consapevolezza, non di scoraggiare l’uso della rete.
La rete può rappresentare un’opportunità per promuovere la lettura e i libri, i quali spesso trovano poco spazio sui media generali?
Certamente, e in buona parte lo è. Ma giova ricordare che gli studi di settore indicano come market movers il premio Strega e la trasmissione di Fabio Fazio. Quindi, piano con la fiducia cieca nel passaparola del web.
13 ottobre 2013
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