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Lo stato delle biblioteche scolastiche in Italia, tra legislazione insufficiente e tagli ai fondi

INCHIESTA SULLE BIBLIOTECHE SCOLASTICHE - La condizione delle biblioteche scolastiche in Italia è tutt'altro che rosea: la maggior parte degli istituti dichiara di averne una, ma spesso non si tratta che di un armadietto magari tenuto chiuso a chiave. Con i tagli sui fondi destinati alla scuola la situazione va peggiorando, e il personale da dedicare a questo settore viene a mancare. Libreriamo ha cercato di ricostruire una panoramica della situazione con la collaborazione di Luisa Marquardt...

Diminuisce il numero delle biblioteche all’interno delle scuole: le revisioni della spesa pubblica colpiscono il personale addetto a quest’area. Libreriamo tratteggia una panoramica della situazione con l’aiuto di Luisa Marquardt

MILANO – La condizione delle biblioteche scolastiche in Italia è tutt’altro che rosea: la maggior parte degli istituti dichiara di averne una, ma spesso non si tratta che di un armadietto magari tenuto chiuso a chiave. Con i tagli sui fondi destinati alla scuola la situazione va peggiorando, e il personale da dedicare a questo settore viene a mancare. Libreriamo ha cercato di ricostruire una panoramica della situazione  con la collaborazione di Luisa Marquardt, docente di Bibliografia e Biblioteconomia presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università “Roma Tre” e coordinatore dell’AIB Commissione nazionale Biblioteche scolastiche. La professoressa Marqaurdt è anche Director Europe dell’Associazione internazionale di biblioteconomia scolastica (IASL), Elected Member della Federazione internazionale delle biblioteche e delle istituzioni bibliotecaria, Sezione biblioteche scolastiche (IFLA – SLRC) e dell’IFLA-IASL Joint Steering Committee.

LA LEGISLAZIONE SULLE BIBLIOTECHE SCOLASTICHE – In Italia non esiste una legislazione specifica in merito alla presenza di biblioteche e personale addetto alle biblioteche nelle scuole. Il primo intervento legislativo ad avere un effetto indiretto in questo campo è rappresentato dai Decreti Delegati del 1974 (D. 417/74, Art. 113), che hanno istituito l’uso dei docenti inidonei – docenti che, per problemi di salute, non possono più dedicarsi all’attività didattica in aula – in compiti diversi dall’insegnamento. La possibilità di tale utilizzo del personale scolastico è stata confermata successivamente dal Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione del 1994 (D.L.vo 297/1994 – Art. 514) e da tutti i successivi contratti nazionali, compreso il CCNI 2008, specifico per i docenti inidonei all’insegnamento. “Queste disposizioni prevedevano la possibilità che tali docenti venissero impiegati in aree diverse, per esempio nell’amministrazione, in segreteria e in particolare nelle biblioteca scolastica, che essendo un ambito molto vicino a quello della didattica rappresentava un ambiente naturale nel quale continuare a prestare servizio”, spiega Luisa Marquardt. “Qui i docenti inidonei potevano continuare a mettere in campo le loro competenze culturali, oltre a formarsene di nuove e specifiche di un bibliotecario.”

I DOCENTI-BIBLIOTECARI – “Sicuramente questo dispositivo normativo presentava luci e ombre”, commenta la professoressa: “l’utilizzo talvolta improprio che se ne è fatto e i casi di malattie gravi non hanno sempre facilitato lo slittamento degli insegnanti non più idonei in aree diverse, ma in molti casi ha rappresentato un meccanismo estremamente proficuo. L’insegnante proiettato in una dimensione diversa da quella strettamente scolastica si sentiva il più delle volte stimolato a costruirsi un’identità professionale nuova, in molti si sono riqualificati seguendo master e corsi di formazione ministeriali, costruendosi un bagaglio di esperienza ricchissimo. Oggi molti dei docenti inidonei si possono considerare ‘docenti-bibliotecari’ a tutti gli effetti, perché hanno competenze del tutto adeguate a gestire una biblioteca in maniera efficiente.”

L’EVOLUZIONE DELL’APPARATO LEGISLATIVO – In Italia, a differenza di quanto avvenuto nel resto d’Europa, questa legislazione non ha però mai portato alla definizione di un piano coerente di sviluppo delle biblioteche scolastiche, né è stato mai stabilito per legge che un istituto scolastico, per essere riconosciuto dal sistema dell’istruzione pubblica, debba avere una biblioteca, sicché è prerogativa della singola scuola dotarsi o no di tale struttura. Anzi, il recente Decreto Legislativo 95/2012, che definisce alcuni interventi per la revisione della spesa pubblica, nel caso specifico della scuola limita l’utilizzo in compiti diversi dall’insegnamento dei docenti inidonei, che vengono ora costretti a transitare in ruoli amministrativi. “Il provvedimento va a colpire almeno 3.665 docenti, che rivendicano il diritto a mettere a frutto le competenze notevoli maturate nel settore bibliotecario”, dichiara la professoressa Marquardt. “Oltretutto si tratta mediamente di persone abbastanza avanti con l’età, che hanno già subito duri colpi dalla vita. I bibliotecari provinciali nelle scuole superiori furono colpiti da provvedimenti analoghi nel 1999: il personale bibliotecario dipendente dalle amministrazioni provinciali dovette transitare nell’area amministrativa, e anche in questo caso persone con profili professionali molto alti furono costrette ad abbandonare il loro campo. La storia si ripete con il D.L. 95. L’AIB ha provato a intervenire per indurre un ripensamento, ma c’è poco da fare. Eppure la scelta di non investire nelle biblioteche scolastiche manca completamente di lungimiranza: la biblioteca scolastica potrebbe, tra le altre sue funzioni, ricoprire un ruolo importante di raccordo tra l’area didattica e le attività culturali del territorio, come avviene negli altri Paesi.”

UN CONFRONTO CON L’EUROPA – È il caso per esempio del Portogallo, che partendo da una situazione analoga alla nostra dal 1996 ha portato avanti inarrestatamente un piano di sviluppo delle biblioteche scolastiche. Nel 2010 una legge ha lì stabilito che in ogni biblioteca scolastica dovesse esserci un bibliotecario specializzato, e c’è un piano congiunto di formazione aperto ai bibliotecari pubblici e ai docenti inidonei impiegati nelle biblioteche scolastiche: c’è una collaborazione efficace e virtuosa tra biblioteche scolastiche e pubbliche. “Ai bambini, ai loro genitori e ai docenti delle scuole portoghesi vengono date maggiori possibilità d’accesso all’informazione”, sottolinea Luisa Marquardt: “anche le famiglie  meno interessate, meno vicine agli ambienti della cultura, attraverso la biblioteca scolastica hanno scoperto la dimensione della biblioteca pubblica. In Portogallo la diffusione della tecnologia è avvenuta anche attraverso le biblioteche scolastiche: ci si è avvalsi del personale inidoneo a questo scopo.” Ma lo stesso discorso di biblioteca in condizione professionale vale per Francia, Croazia , Polonia, Lituania. “I politici dovrebbero guardare a questo segmento della macchina scuola con attenzione diversa.  I risultati che si possono ottenere sono molto interessanti.”


DATI SULLA PRESENZA DI BIBLIOTECHE SCOLASTICHE IN ITALIA
– Riguardo al numero di istituti scolastici dotati di biblioteca in Italia e alla loro dislocazione sul territorio, i dati sono frammentari. “È stata sì istituita un’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica”, ci informa la professoressa Marquardt, “ma questa pone attenzione soprattutto sull’aspetto della sicurezza.” Nel 1997 la Direzione generale Istruzione classica promosse e coordinò un’indagine quantitativa per censire le biblioteche scolastiche, condotta mediante la somministrazione di un questionario a tutte le scuole secondarie superiori e a un campione di scuole secondarie inferiori ed elementari. Il 97% dei dirigenti scolastici dichiarava di avere una biblioteca, ma questo era solo il dato quantitativo. “Nella realtà dei fatti, ma si va da spazi articolati e ben forniti allo scaffaletto metallico chiuso a chiave, magari collocato in sala professori. Manca una cultura della biblioteca scolastica come ambiente per l’apprendimento, indispensabile a realizzare davvero una didattica attiva. Laddove in una scuola emerge la necessità di trovare nuovi spazi, la prima a saltare è la biblioteca. Tendenzialmente comunque l’offerta migliore si colloca nelle regioni del centro-nord, come la Toscana, l’Emilia Romagna, il Piemonte, la Lombardia, che più hanno investito nelle biblioteche. Una realtà di eccellenza è quella bolzanina: nel 1990 la provincia autonoma di Bolzano ha legiferato in materia di biblioteche scolastiche (legge 17/1990), e a distanza di quasi un quarto di secolo queste si confermano anche a livello internazionale un modello vincente. Alla biblioteca scolastica viene riconosciuta piena dignità, sono istituite le figure del direttore, dell’assistente di biblioteca, e questa lavora in maniera integrata concorrendo al raggiungimento degli obiettivi didattici dell’istituzione scolastica e operando in piena collaborazione con le biblioteche del territorio. Nel sito della provincia di Bolzano è immediatamente visibile, sia per la comunità italiana sia per quella tedesca, quest’area integrata che presenta un doppio canale – per le biblioteche scolastiche e per quelle pubbliche.”
 
LA DIFFICOLTÀ DI MANTENERE UNA BIBLIOTECA NELLE SCUOLE – Rispetto al passato, la situazione delle biblioteche scolastiche va peggiorando: il loro numero è sicuramente diminuito. Tanti docenti prima utilizzati nelle biblioteche sono già transitati in ruoli amministrativi, perché in certe Regioni alcune circolari hanno anticipato il D.L. 95, e quest’ultimo aggrava ulteriormente il problema. Laddove si è già verificato questo passaggio la biblioteca ha chiuso, oppure ha ridotto drasticamente l’orario di apertura, offrendo servizio in un orario minimo e su base volontaria. D’altra parte questo si verificò anche quando bibliotecari ex provinciali transitarono nell’organico amministrativo. “Anche i dirigenti scolastici denunciano la difficoltà di mantenere una biblioteca”, commenta la professoressa Marquardt: “non si può più nemmeno ricorrere a quei dispositivi normativi che consentivano, laddove mancava personale specializzato, l’utilizzo delle ore vacanti dei docenti, perché tutti i docenti ora hanno la cattedra piena.”

 

6 febbraio 2013

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