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Lo scrittore Fabrizio Colarieti, ”Con il mio libro voglio fare luce sulle morti sospette della strage di Ustica”

SPECIALE USTICA -Era il 27 giugno del 1980 quando, un volo civile partito da Bologna e diretto a Palermo si inabbissa nel Tirreno, a pochi chilometri da Ustica. Quel volo era il DC9 dell'Itavia....

Oltre agli 81 morti  del volo DC9 dell’Itavia, i passaggeri innocenti, la strage di Ustica ricorda anche tantissime altre persone che, seppur a distanza di anni, hanno pagato con la vita quella tragica notte. Volontariamente e non. Sono le ”Vittime Collaterali” di cui racconta Fabrizio Colarieti nel suo omonimo libro

SPECIALE USTICA – Era il 27 giugno del 1980 quando, un volo civile partito da Bologna e diretto a Palermo si inabbissa nel Tirreno, a pochi chilometri da Ustica. Quel volo era il DC9 dell’Itavia e a bordo, oltre al personale, c’erano 81 passeggeri, adulti e bambini. Oggi, dopo 34 anni da quella tragica notte, ancora non si sono trovati i colpevoli. C’era una guerra nei nostri cieli? Il Mig Libico era li oppure no? I Francesi sono coinvolti? Sono tantissime le domande che ancora non hanno trovato una risposta. Fabrizio Colarieti, giornalista e scrittore, da oltre 16 anni dedica la sua vita e il suo tempo a uno degli incidenti più tragici che la nostra storia ricorda. Ha dato vita al sito Stragi80.it dove sono raccolti migliaia di documenti, e scritto libri. Uno di questi è ‘Vittime Collaterali’ che ricorda due protagonisti di questo misterioso caso, morti a distanza di anni. Perchè? L’autore ce lo spiega in questa intervista.

La storia ricorda gli 81 morti della strage di Ustica. Lei, nel suo libro, parla di due morti in particolare definite vittime collaterali: Mario Alberto Dettori e Franco Parisi. Chi sono questi due uomini e perché le loro storie sono importanti da ricordare?

Dettori e Parisi erano due radaristi dell’Aeronautica militare. Dettori, con alta probabilità, la sera della strage era in servizio al radar della base di Poggio Ballone. Parisi, con certezza, il successivo 18 luglio, il mattino in cui secondo la stessa Aeronautica il MiG libico cadde sulla Sila, era al radar della base di Otranto. Sono testimoni oculari ed erano in servizio con ruoli delicatissimi.

Per ricostruire la vita di Dettori e Parisi, che percorso ha effettuato? Quali sono stati gli elementi che l’hanno portata a pensare che sono delle ‘morti sospette’ le loro?

Ho ricostruito le loro storie affidandomi esclusivamente all’analisi degli atti giudiziari acquisiti dal giudice Rosario Priore (con Fabrizio Colarieti nell’immagine di copertina, ndr) nell’ambito dell’istruttoria sulla strage di Ustica. Entrambe i casi furono trattati (e archiviati) da due diverse procure, Grosseto e Lecce. Priore ha dedicato a questi due casi, su cui ancora oggi permangono molti dubbi, un capitolo della sentenza-ordinanza e, non a caso, quel capitolo s’intitola “Le morti sospette”. E’ un elenco di 13 nomi e gli ultimi due sono proprio Dettori e Parisi. Sulle sorti di questi due avieri, scrive Priore, “permangono indizi di collegamento con il disastro del Dc9 e la caduta del MiG”. I loro ruoli, i luoghi dove si trovavano, due siti radar molto importanti nel caso Ustica, e quanto avrebbero potuto raccontare agli inquirenti sono elementi che trasformano le loro vicende in vicende sospette e strettamente legate alle sorti del Dc9. Priore dice anche una cosa molto importante: “in questa storia non si sarebbero dovute determinare necessità estreme di soppressioni, se non nei casi eccezionali di testi diretti, tecnici, in possesso di larga parte dei fatti. Di testi cioè fonti, non smentibili o da mostrare come usciti di senno”. Dettori e Parisi, a mio avviso, erano due testimoni molto importanti. Nel mio libro concludo che nessuno potrà mai dire se furono “suicidati” o si suicidarono per le pressioni che subirono o perché la verità che conoscevano li schiacciò. Ma appare sufficientemente certo che entrambi erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato.

Il Dc9 dell’Itavia, secondo lei, era nel posto sbagliato al momento sbagliato? Cosa è successo veramente quella sera del 27 giugno 1980?

Credo che il volo Itavia si sia trovato al centro di un’operazione militare di cui è rimasto vittima fortuita. E’ certa la presenza di aerei militari intorno al Dc9 e di mezzi navali in mare, così come è certo, lo ha ribadito anche recentemente la Cassazione, che il Dc9 fu abbattuto da un missile e che le indagini furono depistate con pesanti omissione, anche da parte di chi doveva garantire la sicurezza del nostro spazio aereo, che, di fatto, fu violato da aerei militari di diversi paesi, nostri alleati e non.

Dal 1980 ad oggi, di teorie sul caso Ustica e su come, e da chi, è stato abbattuto il DC9 dell’Itavia, ne sono state fatte molte. Chi parla di bombe all’interno del velivolo, chi di un caso diplomatico nato addirittura un anno prima…Qual è la sua teoria? A cosa crede?

Ho imparato a basarmi su ricostruzioni ufficiali, ho lavorato 16 anni a questo caso e ne ho lette di tutti i colori, comprese bizzarre ricostruzioni, come quelle legate alla presenza di un Ufo. Credo che la verità sia molto più elementare. Ma spesso, anche tra le pagine dei romanzi, si trovano spunti interessanti e ricostruzioni verosimili. Ustica si presta molto a questo tipo di interpretazioni, così come anche altri misteri italiani. Stiamo ai fatti: sappiamo che Stati Uniti, Francia, Libia e la Nato, e forse anche Israele, non hanno raccontato la verità su quanto accadde quella notte. Abbiamo un tracciato radar, quello di Ciampino, che racconta, seppur senza attribuire chiare responsabilità, una storia che, per essere raccontata fino in fondo, ha bisogno della collaborazione dei paesi che certamente quella sera avevano aerei in volo e navi nel Tirreno. Con quale missione?

Se c’era una battaglia in corso, è possibile che nessuno sapesse nulla?

La verità sul caso Ustica è a conoscenza di molti, certamente dei governi interessati. Ma siamo di fronte a un segreto, non un segreto di Stato limitato ai confini della nostra nazione (ufficialmente mai opposto dai nostri governi). E’ certamente un segreto militare in ambito Nato. Ricordo, in tal senso, le parole pronunciate dal Presidente Napolitano nel 2010: «oltre ad intrecci eversivi, ci furono anche intrighi internazionali che non possiamo oggi non richiamare, insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, ad inefficienze di apparati e di interventi deputati all’accertamento della verità».

Ustica e stazione di Bologna. Quale connessione c’è?

A mio avviso nessuna. Ma su questo tema ci sono diverse correnti di pensiero a cui personalmente non mi sono mai appassionato.

Lei ha dato vita a Stragi80.it, un sito giornalistico che raccogli oltre 500mila pagine di documenti ufficiali. Segue il caso Ustica da 16 anni. Dopo oltre 30anni c’è ancora speranza di riuscire a trovare al verità?

Credo proprio di sì. Ci sono margini molto ampi, ma non credo che si possa raggiungere la verità soltanto attraverso ulteriori indagini. C’è bisogno della collaborazione dei paesi coinvolti e in questa direzione vanno le rogatorie promosse dalla Procura di Roma negli ultimi anni. E’ necessario, da parte del nostro governo, un intervento forte.

Che ne pensa delle ultime sentenze emesse dalla Cassazione sul caso Ustica? C’è ancora qualcuno che sa ma che non parla secondo lei?

La Cassazione, con tre diversi pronunciamenti in sede civile, ha individuato, condannandoli a risarcire i familiari delle vittime, le responsabilità dei ministeri dei Trasporti e della Difesa, per omessa attività di controllo e sorveglianza nei cieli del Tirreno, ha confermato che ad abbattere il Dc9 fu un missile e che le indagini furono depistate. L’unica sentenza penale giunta in Cassazione è quella relativa al processo per i presunti depistaggi operati dall’Aeronautica, nato dall’istruttoria di Priore. Priore non riuscì a procedere per strage “perché ignoti gli autori del reato” ma delineò uno scenario, ancora oggi credibile, inquadrando precise responsabilità che le successive sentenze civili hanno attribuito. I depistaggi ci furono, sono documentati, ma la magistratura in sede penale si è scontrata contro un “muro di gomma” e non è riuscita ad andare oltre a causa di diversi fattori. Non dimentichiamo che gli ultimi due imputati del processo penale, i generali dell’Aeronautica Bartolucci e Ferri, sono stati definitivamente assolti per mancanza di prove. Restano le omissioni, le manipolazioni documentali e i silenzi di decine di soggetti, mai finiti sotto inchiesta o usciti di scena perché i reati contestati si sono prescritti. Molti di loro di fronte ai giudici di quel processo si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, altri, anche di fronte ad evidenze palesi e schiaccianti, si sono trincerati dietro imbarazzanti “non ricordo”. La nostra Aeronautica, che quella notte aveva aerei in volo e diverse postazioni radar attive lungo tutta la rotta percorsa dal Dc9, non poteva e non può non sapere, ancora oggi, cosa è accaduto.

27 giugno 2014

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