Una nuova settimana sta per cominciare e le case editrici hanno già preparato il catalogo con le nuove uscite. Sappiate che ce ne sono tantissime e che noi di Libreriamo non riuscivamo più a staccarci dalla lista.
Che siate in cerca di edizioni economiche, gialli d’indagine, saggi che oscillano tra filosofia e formazione, e piccoli salti temporali negli anni Novanta, c’è un libro pronto a soddisfare ogni gusto letterario.
16 libri da leggere
Abbiamo selezionato per voi le trame che stanno per vedere la luce in libreria (tra il 17 e il 23 novembre).
Preparate la vostra lista dei desideri: è il momento di scoprire quali storie stanno per arrivare.
Vi ricordiamo che questa non è una classifica basata su vendite o previsioni, perciò non badate all’ordine in cui presentiamo i libri, ma consideratela una bussola per orientarvi meglio tra le novità più interessanti.
“100.000 dollari per l’Everest” di Yves Ballu (Mulatero editore, 19 novembre)
Un thriller d’alta quota che trasforma l’Everest nella scena di un regolamento di conti. Basile, guida alpina dal passato duro e ora educatore di strada, accetta una sfida impossibile: portare sulla vetta più pericolosa del mondo tre ragazzi difficili – Freddo, Karim e Kevin – che non hanno mai messo piede in montagna. Il motivo? Il presidente Laurier è disposto a pagare 100.000 dollari per completare l’impresa, ma soprattutto vuole che i tre affrontino la stessa montagna che ha segnato la sua vita: sono loro i responsabili dell’aggressione alla figlia Caroline, e Laurier desidera una punizione che passi per gelo, fatica e paura.
Basile vede in questa missione un’occasione doppia: salvare i tre “teppisti” da un destino di violenza e dare un senso alla propria esperienza. Ma l’Everest non perdona. A quota ottomila, tra vento tagliente e fiato corto, il gruppo incontra un alpinista in difficoltà. Il gesto di soccorrerlo sembra naturale… finché non scatena una reazione a catena di imprevisti e tragedie. Perché, sull’Everest, non è la montagna il vero nemico: sono gli uomini, con la loro rabbia, la loro colpa e il bisogno disperato di espiazione.
Ballu costruisce un racconto serrato, dove vendetta e redenzione si intrecciano a ogni passo, e dove l’aria rarefatta diventa lo specchio di coscienze che lottano per non cedere al buio.
“L’artista dei profumi” di Kate Hamer (TRE60, 21 novembre)
Costa Azzurra, 1930. Tra i campi di gelsomino di Grasse, una casa prende misteriosamente fuoco, lasciando due fratelli, Luc e Sylvie, improvvisamente soli. Il lutto li travolge, ma il dono ereditato dal padre sembra offrire una via di salvezza: Luc, adolescente schivo e sensibile, possiede un talento raro, quasi prodigioso, nell’arte della profumeria. Gli basta annusare una fragranza per cogliere l’anima di chi la indosserà, come se ogni odore fosse un segreto da decifrare.
Quando il tutore, interessato solo al denaro, lo cede a un celebre profumiere, Luc viene portato a Parigi e rinchiuso in un laboratorio segreto. Le sue creazioni conquistano in fretta l’alta società, trasformandolo in un artista conteso e temuto: non tutti desiderano che il ragazzo veda – o “senta” – così in profondità. Alcuni sono disposti a tutto pur di trattenere il potere delle sue fragranze… o impedirgli di rivelare verità scomode.
Mentre sull’Europa si addensano le ombre della guerra, Sylvie scopre che l’incendio non è stato un incidente. Qualcuno vuole lei e Luc morti. Determinata a salvarlo, intraprende una ricerca disperata che la porterà al cuore dei segreti di famiglia, tra profumi che incantano, bugie che bruciano e un passato che non smette di tornare.
“Aggiustare l’universo” di Raffaella Romagnolo (Mondadori, 10 novembre)
Con “Aggiustare l’universo“, Raffaella Romagnolo firma un romanzo toccante di rinascita e memoria ambientato nell’Italia del dopoguerra, tra macerie reali e interiori. Siamo nell’ottobre del 1945: la maestra Gilla arriva a Borgo di Dentro per lasciarsi alle spalle Genova bombardata e gli orrori che l’hanno segnata. Ha combattuto, ha rischiato la vita, ha perso troppo: ora desidera solo silenzio, routine, un luogo in cui poter rimettere insieme i pezzi.
Tra i banchi della nuova scuola incontra Francesca, una bambina ospite dell’orfanotrofio vicino: occhi che dicono tutto, un passato che pesa come un macigno, una solitudine che Gilla riconosce all’istante. Perché il dolore, tra simili, si riconosce senza presentazioni. Francesca porta un segreto che nessuno deve sapere: prima della guerra si chiamava Ester, e nell’unica casa che abbia mai sentito davvero sua non puoi più tornare spontaneamente — devi sopravvivere al ricordo per meritarti il rientro.
Il legame tra Gilla e Francesca cresce giorno dopo giorno, trasformando due vite sospese in un percorso comune di cura e riscatto. Gilla vorrebbe liberarsi definitivamente del proprio passato; Francesca, al contrario, desidera solo tornare a ciò che ha perduto. Tra speranze fragili e traumi indelebili, Aggiustare l’universo racconta come due ferite possano diventare una forza, e come la famiglia — quella trovata o ritrovata — possa davvero aggiustare, pezzo dopo pezzo, ciò che la storia ha rotto.
“L’imperatore inesistente” di Jean-Baptiste Pérès, Richard Whately, Aristarchus Newligh (Sellerio, 19 novembre)
L’”imperatore inesistente“ è un’opera brillante, paradossale e irresistibilmente colta che smonta il mito di Napoleone Bonaparte portandolo all’estremo: e se l’Imperatore non fosse mai esistito? Se la sua figura fosse il risultato di un gigantesco fraintendimento, di un’allegoria religiosa o addirittura di una suggestione collettiva?
Il volume raccoglie tre celebri opuscoli ottocenteschi — firmati da Pérès, Whately e dallo pseudonimo Aristarchus Newlight — che, ciascuno a suo modo, si divertono a smontare la figura napoleonica con un’ironia degna dei migliori pastiche illuministi. Attraverso parallelismi, deduzioni assurde, giochi linguistici e logiche portate all’eccesso, gli autori dimostrano “scientificamente” che Napoleone non sarebbe altro che un mito, una costruzione simbolica nata dalla fusione di tradizioni classiche, figure bibliche e fantasie popolari.
C’è chi lo paragona a un dio solare, chi lo definisce una “bestia apocalittica”, chi lo vede come un prodotto letterario inventato da generali sconfitti o da moralisti indignati. Il risultato è un irresistibile attacco satirico a ogni forma di dogmatismo, un gioco intellettuale che anticipa le teorie complottistiche moderne e insieme le ridicolizza.
Arricchita dai contributi di Manganelli ed Eco, questa nuova edizione Sellerio restituisce tutta la forza dissacrante di un testo che resta sorprendentemente attuale: quando si portano all’estremo le tesi degli altri, scrivono gli autori, “una risata li seppellirà”.
“Crossfire” di Miybe Miyuki (Atmosthere Libri, 21 novembre)
In una Tokyo attraversata dalla violenza delle gang giovanili e da un crescente senso di smarrimento sociale, Aoki Junko vive una doppia vita: all’apparenza una giovane donna riservata, in realtà una pirocineta, capace di generare e controllare il fuoco con la sola forza del pensiero. È un potere che consuma e affascina, e che Junko ha scelto di indirizzare verso un’unica missione: punire chi semina brutalità nella città. Ma ogni vendetta ha un prezzo, e Junko lo scopre quando sulla sua strada compare Ishizu Chikako, investigatrice della squadra incendi dolosi, determinata a capire chi si nasconda dietro la scia di cadaveri carbonizzati trovati nei quartieri più degradati.
Mentre Chikako segue gli indizi e intuisce che dietro quei delitti c’è qualcosa di più di una semplice faida tra bande, le azioni di Junko attirano l’attenzione dei “Guardian”, un’organizzazione segreta che agisce ai margini della legalità per ristabilire l’ordine. Il confine tra giustizia e punizione privata si fa sempre più sottile.
Con un ritmo serrato e una tensione psicologica crescente, “Crossfire” esplora il potere, la solitudine e l’ambiguità morale. Junko deve decidere se portare a termine la sua missione o fermarsi prima che il suo stesso fuoco la consumi — e prima che Chikako, l’unica in grado di comprenderla davvero, arrivi a fermarla.
“Brimstone” di Callie Hart (Rizzoli, 12 novembre)
In “Brimstone“, Callie Hart torna nel mondo oscuro e affascinante della Corte del Sangue, seguendo le conseguenze dell’incoronazione di Saeris Fane, una regina riluttante. Saeris non ha mai desiderato il potere, ma ora che porta la corona scopre che la vita di una sovrana non appartiene più a lei: ogni decisione pesa, ogni scelta può mettere in pericolo chi ama. Divisa tra il dovere verso i suoi sudditi e la crescente difficoltà di convivere con la propria natura a metà umana e a metà vampira, Saeris sa che non può lasciare Zilvaren, dove il fratello la attende.
A occuparsi della missione al suo posto è Kingfisher del Cancello di Ajun, un sopravvissuto a orrori indicibili, guerriero temuto e uomo che sa muoversi nel buio meglio di chiunque altro. Accanto a lui, Carrion Swift, mentre il viaggio verso Zilvaren li spinge nel cuore di Silver City, un luogo dove ogni vicolo può celare una trappola e ogni ombra un nemico.
Il loro obiettivo è proteggere l’erede al trono di Yvelia e portarlo in salvo… ma nulla è semplice in un regno dove potere, sangue e segreti governano ogni passo. Con Saeris lontana e in pericolo, l’urgenza cresce: Se Fisher vuole rivederla viva, dovrà compiere la missione più rapidamente che mai.
Un fantasy dark e sensuale, pieno di intrighi, tensione e atmosfere incandescenti.
“Darkly Fantastic. Racconti perturbanti di sette autrici irlandesi” (ABEditore, 27 novembre)
“Darkly Fantastic” è una raccolta che riporta alla luce un’eredità quasi perduta: quella della narrativa fantastica al femminile irlandese tra Ottocento e primo Novecento. Sette autrici, diverse per stile e destino letterario, compongono un mosaico inquieto e visionario, in cui il gotico diventa un linguaggio di libertà. Come ricorda l’introduzione di Giuseppina Brandi, il fantastico non fu una scelta casuale: per molte donne, relegate alla sfera domestica e all’educazione, il soprannaturale diventò l’unico territorio in cui poter dire ciò che altrove non era concesso.
La raccolta attraversa paesaggi oscuri, case infestate, presenze inspiegabili, ossessioni e apparizioni che richiamano antiche colpe. Charlotte Riddell e Rosa Mulholland offriranno ai lettori atmosfere gotiche classiche, fatte di brividi, ombre e mistero; Katharine Tynan e Clotilde Graves, invece, sorprendono con storie che oscillano tra spiritualismo, simbolismo e inquietudine psicologica. Le vicende spaziano da premonizioni di morte nelle campagne irlandesi a notti di terrore in cattedrali avvolte dalla nebbia, da anime in cerca di giustizia a trasmigrazioni che sfidano la razionalità.
Con testi datati tra il 1866 e il 1914 – difficili da reperire e a lungo rimasti nell’oblio – “Darkly Fantastic” offre un viaggio nel perturbante che è anche un atto di recupero culturale: un omaggio a una genealogia femminile di scrittrici visionarie che hanno saputo trasformare il soprannaturale in una forma di resistenza narrativa.
“Inseguimento” di Patricia Highsmith (La nave di Teseo, 21 novembre)
Con “Inseguimento“, Patricia Highsmith torna a un’ambientazione italiana dopo “Il talento di Mr. Ripley“, scegliendo una Venezia sospesa tra acqua e silenzi, labirintica e quasi irreale, come teatro di un duello psicologico feroce. Tutto ha inizio con una tragedia: Peggy, giovane figlia del pittore Ed Coleman, si toglie la vita. Il lutto sconvolge entrambe le famiglie coinvolte, ma soprattutto incrina definitivamente il rapporto tra Ed e Ray Garrett, ex genero della ragazza, mercante d’arte dal passato nebuloso. Consumato dal dolore e convinto che Ray sia il responsabile della morte di Peggy, Ed intraprende una persecuzione spietata che si insinua nei calli avvolti dalla nebbia, nei ponti deserti e nelle stanze d’albergo dove la colpa prende nuove forme.
Il romanzo segue l’alternarsi di ruoli tra vittima e persecutore, in un crescendo di ambiguità morale tipico della Highsmith. A ogni pagina, i confini fra innocenza e vendetta si fanno più labili, mentre Venezia stessa diventa un labirinto della mente, specchio di ossessioni e paure. Non esistono eroi, non esistono certezze: solo due uomini intrappolati in una spirale di rimorsi, sospetti e violenza psicologica. Inseguimento è un noir psicologico di altissima tensione, in cui la domanda non è più “chi è colpevole?”, ma “quanto può spingerci il dolore verso la follia?”. Highsmith firma così un romanzo insieme sinuoso, inquietante e profondamente umano.
“E poi” di Natsume Sōseki (Neri Pozza, 21 novembre)
Pubblicato originariamente nel 1910, “E poi” è considerato uno dei romanzi più moderni e psicologicamente complessi di Natsume Sōseki, il grande maestro della narrativa giapponese. Ambientato nei primi anni del Ventesimo secolo, nel pieno dell’Era Meiji, il libro ritrae un Giappone attraversato da una trasformazione tumultuosa, diviso tra il richiamo della modernità occidentale e la solidità delle tradizioni millenarie.
Il protagonista, Daisuke, è un giovane aristocratico colto, ironico e disincantato, che trascorre le sue giornate immerso nella letteratura europea, tra D’Annunzio e i francesi decadenti. La sua vita agiata e indolente nasconde però una fragilità profonda: un’inquietudine che lo rende incapace di prendere decisioni definitive e, al tempo stesso, insofferente alle aspettative sociali. Due eventi incrinano il suo equilibrio: il pressante invito della famiglia a contrarre un matrimonio d’interesse e il ritorno a Tokyo dei suoi amici Hiraoka e Michiyo, una donna verso cui Daisuke ha sempre provato un affetto segreto.
Il sentimento silenzioso che lo lega a Michiyo si trasforma presto in un tormento irresistibile. Daisuke, per la prima volta nella sua vita, è costretto a scegliere tra l’onore familiare e la verità del proprio cuore. Con una scrittura elegante, sottile e modernissima, Sōseki indaga il desiderio, il rimpianto e la difficoltà di crescere in un mondo che cambia troppo in fretta.
“Come fiori nella neve” di Tina Harnesk (Piemme, 11 novembre)
“Come fiori nella neve” è un romanzo delicato e potentissimo che intreccia la malinconia del tempo che passa con il calore ostinato dei legami umani. Protagonista è Màriddja, ottantacinque anni, una donna sámi dalla tempra antica, alle prese con un marito brusco e sempre più smemorato, e con una diagnosi che lei stessa fatica ad accettare.
Decisa a non gravare su Biera, che già si perde tra omissioni e vuoti di memoria, Màriddja intraprende un percorso silenzioso ma lucido: trovare qualcuno che possa prendersi cura del marito quando lei non ci sarà più. È un compito difficile, quasi impossibile, in una casa che scricchiola come il ghiaccio al disgelo e in una comunità dove la vita e la morte sono parte dello stesso cerchio, da affrontare con dignità.
Accanto a lei c’è Siré, la “voce” nel cellulare di Biera, unica presenza costante che sembra poterle offrire un appiglio. Intanto, a chilometri di distanza, il giovane Kaj scopre una scatola colma di antichi oggetti sámi appartenuti alla madre: un’eredità misteriosa che lo costringe a rimettere ordine nel proprio passato.
Quando la neve inizia a coprire le montagne, le traiettorie di Màriddja e Kaj cominciano lentamente a convergere, come due fiori che sbocciano nel cuore dell’inverno. Un romanzo sulla memoria, sui segreti che resistono al gelo e sull’amore che continua a cercare una strada, anche quando sembra troppo tardi.
“L’amore ai tempi dell’Uomo Ragno” di Marco Iurato (Rizzoli, 25 novembre)
Ambientato nei primi anni Novanta, “L’amore ai tempi dell’Uomo Ragno” è un romanzo di formazione tenero e travolgente che racconta il primo, grande amore di un adolescente qualsiasi della provincia italiana. Marco ha sedici anni, frequenta la quarta liceo e vive giornate tutte uguali, scandite da compiti, partite di pallone e un senso di noia che sembra non finire mai. La sua vita cambia quando in classe arriva Federica: bella, intelligente, diversa da tutte le altre. Con lei tutto prende una nuova luce, e quel mondo che gli pariva piccolo all’improvviso diventa vastissimo e pieno di possibilità.
Iurato dipinge con ironia e nostalgia un’epoca in cui ci si innamorava senza smartphone, con i walkman nelle orecchie e le cassette registrate al posto delle playlist. La colonna sonora degli anni Novanta — dagli 883 ai Radiohead, passando per i brani delle estati italiane — accompagna Marco in un turbinio di emozioni: il primo bacio, la gelosia, gli amici inseparabili, le delusioni improvvise, le scoperte che segnano per sempre.
È una storia semplice ma universale, che parla dell’amore assoluto e totalizzante dell’adolescenza, quello che fa sentire invincibili e vulnerabili allo stesso tempo. Un romanzo che restituisce, con leggerezza e autenticità, il sapore di un’età irripetibile e il ricordo ancora vivo di ciò che significa crescere.
“Autopsia” di Vittorio Cimmino (BRE Edizioni, 21 novembre)
“Autopsia” è un’opera singolare e profondamente umana, a metà tra il saggio filosofico e il racconto di formazione. Il suo protagonista è Errol, un bambino piccolo e quasi muto, chiuso in un silenzio che sfiora l’autismo ma che nasconde, fin dall’inizio, una sensibilità straordinaria. Attraverso brevi capitoli che seguono Errol dalla prima infanzia fino all’età adulta, il libro mette in scena una crescita interiore fuori dal comune: più il bambino tace, più osserva; più osserva, più comprende.
La sua mente si apre come una miniera di conoscenze, e Cimmino — novantaseienne innamorato del sapere — accompagna il lettore in un percorso che tocca filosofia antica, mitologia greca, metafisica platonica, Parmenide, Plotino, e l’intero immaginario culturale che ha plasmato l’Occidente. Non c’è tema che l’autore non sfiori: dalla nascita del pensiero astratto alle grandi domande sull’identità, sulla verità e sulla possibilità stessa di conoscere.
Ma “Autopsia” non è un trattato accademico: è un racconto che respira, che vive, che segue Errol mentre trasforma la fragilità in lucidità e il silenzio in una forma altra di linguaggio. È anche una dichiarazione d’amore per lo studio, una celebrazione della curiosità che dura una vita intera. Alla fine, ciò che rimane è il testamento spirituale di un uomo che vede nel sapere non un accumulo, ma un destino: una via per comprendere se stessi, gli altri e il mondo.
“A Firenze gira voce” di Christine von Borries (Piemme, 18 novembre)
In un giallo teso e serrato, Christine von Borries conduce il lettore dentro le stanze solenni, e spesso feroci, del Palazzo di Giustizia di Firenze. Il processo dell’anno sta per concludersi: Attilio Bergamini, amministratore delegato della Safe Word, è accusato di bancarotta fraudolenta. La condanna appare imminente, eppure la caduta di un uomo potente non avviene mai senza rumore. Pochi istanti dopo l’udienza, un colpo di pistola squarcia la quiete del tribunale, aprendo una frattura che nessuna procedura può contenere.
A sostenere l’accusa c’è Valeria Parri, pubblico ministero brillante e provata da una maternità complessa. Accanto a lei altre tre donne altrettanto determinate: Giulia Gori, giornalista d’inchiesta con il fiuto per la verità, Monica Giusti, commercialista di talento segnata da relazioni tumultuose, ed Erika Martini, poliziotta tenace, pronta a inseguire ogni traccia pur di chiarire la sparatoria.
Quattro protagoniste forti ma vulnerabili, diverse per storia e temperamento, unite dalla stessa esigenza: non arrendersi davanti a un ambiente dominato da uomini influenti, inganni e minacce sottili. Sullo sfondo di una Firenze splendida e crudele, fatta di lungarni, arcate e ombre, la loro solidarietà femminile diventa l’unica arma possibile contro soprusi e abusi di potere.
“A Firenze gira voce” è un romanzo d’indagine che mette al centro il coraggio delle donne e il prezzo della verità.
“Bambino a Roma” di Chico Buarque (Feltrinelli, 18 novembre)
“Bambino a Roma” è un romanzo-memoria che scorre come un fiume lento e luminoso, riportando alla superficie un’infanzia attraversata da meraviglia, sradicamenti e prime scoperte. Chico Buarque rievoca gli anni romani della sua famiglia negli anni Cinquanta, quando il padre – illustre storico brasiliano – viene chiamato alla Sapienza. Per il piccolo Chico, Roma non è solo una città: è un universo che si apre, un labirinto di strade, profumi e voci che diventano le fondamenta del suo immaginario di uomo e di artista.
Tra partite a pallone nei cortili, corse in bicicletta e lunghe esplorazioni solitarie, il bambino osserva un mondo che si rialza faticosamente dal dopoguerra. A nutrirlo non sono solo gli affetti familiari, ma anche una nuova lingua da imparare, ascoltata alla radio e letta sui giornali, che si intreccia ai riti di passaggio, ai primi innamoramenti, alla scoperta del cinema italiano che accende la fantasia.
Il romanzo è un viaggio nel tempo, in cui ricordi personali e storia collettiva si fondono senza mai sfociare nella nostalgia sterile. Tutto culmina nel ritorno, molti anni dopo, a quel vecchio appartamento romano: un gesto semplice e struggente che trasforma la memoria in presente. Buarque costruisce così un racconto tenero e malinconico, dove realtà e invenzione si sovrappongono come foto sbiadite lasciate al sole — e dove un pallone, una bicicletta, una strada romana diventano le madeleine di un’esistenza intera.
“L’attesa” di Michael Connelly (Piemme, 18 novembre)
Ne “L’attesa“, Michael Connelly costruisce uno dei cold case più intriganti del suo universo narrativo, riunendo ancora una volta due figure amatissime dai lettori: Renée Ballard e Harry Bosch. L’indagine parte da una scoperta apparentemente semplice ma esplosiva: il DNA di un giovane ventiquattrenne arrestato per un reato minore coincide con quello di un violentatore e assassino seriale scomparso da oltre vent’anni.
Un match geneticamente inspiegabile, che apre una sola strada possibile: il vero killer potrebbe essere suo padre, un uomo che ha attraversato i decenni indisturbato, lasciando dietro di sé paura e morte.
Ballard capisce subito che per dimostrarlo non basteranno i protocolli di laboratorio: servirà l’esperienza, l’ostinazione e il fiuto di Bosch. Ma Harry è in una fase complessa della sua vita, e l’intervento della figlia Maddie — appena arruolata nell’Unità Casi Irrisolti come volontaria — renderà l’indagine ancora più personale. Maddie vuole a tutti i costi accedere alla “biblioteca delle anime perdute”, l’archivio segreto dei quaderni degli omicidi, e il caso potrebbe essere la chiave che aspettava.
Fra piste ingannevoli, segreti familiari e una tensione che cresce pagina dopo pagina, Connelly firma un thriller che parla di memoria, eredità e colpe che non svaniscono. Un romanzo magnetico, costruito con precisione chirurgica, in cui ogni dettaglio conta e ogni scelta può cambiare il corso della verità.
“Acqua salata” di Jessica Andrews (NNE, 21 novembre)
“Acqua salata” è il ritratto lirico e potentissimo di Lucy, una giovane donna che attraversa la soglia dell’età adulta cercando di capire chi è davvero, e soprattutto chi non vuole più essere. Cresciuta nel nord dell’Inghilterra, Lucy porta addosso i segni di una famiglia fragile: un padre segnato dall’alcolismo, le assenze e le sfuriate, un fratello sordo da proteggere, una madre appassionata e opaca, difficile da decifrare. La loro casa è un luogo di amore e inquietudine, che Lucy sogna di abbandonare per respirare altrove.
Il trasferimento a Londra sembra l’occasione giusta: la città la accoglie con promesse di libertà, studio, indipendenza. Ma la metropoli chiede molto in cambio, e Lucy si ritrova a vivere una vita che non riconosce, costruita più per compiacere gli altri che per ascoltare se stessa.
Così, appena laureata, fugge di nuovo: torna in Irlanda, nel Donegal, nella piccola casa che il nonno le ha lasciato. Tra vento, cielo e mare, prova a ricomporsi. La memoria si apre a lampi, episodi, immagini: l’infanzia, le amicizie, gli amori incerti, la fame feroce della giovinezza.
Brillante, poetico, frammentato come i moti dell’acqua, “Acqua salata” è il diario intimo di una ragazza che si è persa inseguendo le aspettative altrui e che sceglie, con coraggio, di ritrovare le proprie radici. Un romanzo sulla trasformazione, sull’eredità familiare e sulla possibilità di ricominciare senza rimpianti.
