Una nuova settimana, la prima di dicembre, sta per cominciare e il panorama editoriale ha già preparato il catalogo con le sue nuove uscite; dunque siamo qui per presentarvele tutte.
Che siate alla ricerca di un’avventura esotica e commovente, di un thriller teso e pieno di mistero, di una saga familiare che tocca la grande Storia d’Italia o di storie d’amore femminili raccontate attraverso i secoli, c’è un libro pronto per ogni tipo di lettore e per ogni desiderio di evasione, divertimento o approfondimento.
Tuffatevi negli anni Ottanta, scoprite i segreti della Roma millenaria o lasciatevi sedurre dai diari intimi di un grande artista: la varietà non manca!
16 libri da leggere
Abbiamo selezionato per voi le trame più intriganti che stanno per vedere la luce in libreria.
Preparate la vostra lista dei desideri: è il momento di scoprire quali storie stanno per arrivare.
Ma, ricordate, questa non è una classifica basata su vendite o previsioni, perciò non badate all’ordine in cui presentiamo i libri, ma consideratela una bussola per orientarvi meglio tra le novità più interessanti di questa prima settimana di dicembre.
“Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” di Luis Sepúlveda (TEA, 5 dicembre)
“Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” di Luis Sepúlveda è un inno commovente e a tratti feroce alla natura incontaminata dell’Amazzonia e una cruda denuncia contro la cieca brutalità del progresso che mira unicamente alla distruzione.
Al centro della narrazione vi è Antonio José Bolívar Proaño, un anziano che ha scelto di vivere ai margini della foresta amazzonica ecuadoriana, in un luogo in cui il giorno appartiene all’uomo, ma la notte inesorabilmente torna alla foresta. Antonio José è un uomo segnato: porta con sé i ricordi di una fallita esperienza nel mondo dei “coloni bianchi” — i gringos — di cui gli resta solo la malinconia e qualche fotoromanzo d’amore sbiadito della defunta moglie, che rilegge in solitudine per alimentare la sua capacità di sognare.
Il suo vero tesoro, tuttavia, è una saggezza atavica e speciale acquisita vivendo in profonda simbiosi con gli indios Shuar. Egli possiede una conoscenza intima dei ritmi e dei segreti della natura che i bianchi invasori, preoccupati solo di sfruttare e depredare, non potranno mai comprendere.
La precaria quiete del villaggio di El Idilio viene spezzata da una tragedia: un tigrillo, un felino della foresta, accecato dal dolore per l’uccisione dei suoi cuccioli da parte di un cacciatore senza scrupoli, si trasforma in una macchina di vendetta, aggirandosi minaccioso per i boschi e le fattorie. Le sue aggressioni sanguinarie non si fermano.
Antonio José Bolívar è l’unico uomo che possiede la sensibilità e le abilità di cacciatore necessarie per rintracciare e affrontare la belva. Viene incaricato, suo malgrado, di portare a termine l’ingrato compito di inseguire e uccidere il felino vendicatore. Il duello che ne scaturisce non è solo uno scontro tra l’uomo e la natura, ma un epilogo amaro della storia: l’ultimo atto per difendere un luogo che preserva ancora intatta la sua “verginità”.
Il romanzo di Sepúlveda si configura come un canto d’amore dedicato a quest’ultimo baluardo di vita selvaggia, unendo l’ardore della denuncia ecologista alla malinconica speranza nell’irriducibile capacità dell’uomo di sognare.
“Stanotte voglio scriverti una lettera d’amore” di Ángeles Caso (Donzelli, 5 dicembre)
“Stanotte voglio scriverti una lettera d’amore” di Ángeles Caso è uno scrigno narrativo che raccoglie le corrispondenze appassionate e le storie di sedici grandi scrittrici, abbracciando un arco temporale che va dal Medioevo agli anni Sessanta del Novecento. Il volume è una vasta esplorazione del sentimento amoroso, raccontato senza filtri nella sua forma più intima, potente e contraddittoria.
La raccolta include le voci di figure iconiche come Eloisa, Simone de Beauvoir, Mary Wollstonecraft, Charlotte Brontë, George Sand, Katherine Mansfield, Virginia Woolf e Vita Sackville-West. Attraverso queste pagine, molte delle quali inedite in italiano, le autrici raccontano l’estasi dell’amore, ma non nascondono l’ombra di un sentimento che divora, fatto di gelosia, dipendenza e disperazione per la perdita.
L’opera è strutturata in modo da presentare l’amore in tutte le sue metamorfosi: la pura felicità di un sentimento corrisposto si scontra con il tormento dell’attesa e le ferite delle delusioni. Per le scrittrici, la scrittura diventa uno strumento per interrogare il proprio sentimento, comprenderlo, e in molti casi, superarlo.
Ángeles Caso, nel ruolo di narratrice e curatrice, introduce ogni corrispondenza con testi brevi, che sono vere e proprie miniature narrative che inquadrano il dramma e la vita delle donne. Ne scaturisce un racconto corale e intimo che, pagina dopo pagina, compone una vera e propria mappa dell’amore femminile attraverso i secoli. Il risultato è una testimonianza preziosa delle complesse forme che l’amore può assumere, oltre che un piccolo, ma indispensabile, manuale di autodifesa sentimentale.
“L’albero delle parole” di Teolinda Gersão (Voland, 5 dicembre)
“L’albero delle parole” di Teolinda Gersão è una narrazione evocativa e profonda, ambientata nel Mozambico portoghese, che esplora il delicato e spesso doloroso passaggio dall’innocenza all’età adulta in un contesto coloniale in ebollizione.
La storia è inizialmente focalizzata sulla piccola Gita, che trascorre i suoi giorni immersa nella selvaggia e affascinante natura africana, accompagnata dalla governante Lóia. La sua esistenza è caratterizzata da una spontaneità quasi magica e dall’assoluta e incondizionata adorazione per il padre, Laureano. Questo mondo di meraviglia, tuttavia, contrasta in modo stridente con la realtà domestica.
La madre di Gita, Amélia, è una figura pervasa da un profondo senso di insoddisfazione e amarezza. Dietro la sua ostilità e la sua malcelata insofferenza per la vita in colonia e per il rapporto con il marito e la figlia, si cela la disillusione di un matrimonio che non ha mantenuto la promessa di un’esistenza migliore. L’atmosfera in casa è carica di una tensione emotiva che Gita, pur bambina, percepisce senza comprenderla.
Man mano che Gita cresce, il romanzo si allarga per abbracciare tematiche più vaste e complesse, riflettendo la realtà sociopolitica del Mozambico. L’autrice intreccia il percorso di crescita personale della protagonista con i grandi temi dell’indipendenza e della soggezione, del razzismo e dell’amicizia interrazziale.
Gita, osservando il mondo che la circonda, nutre il desiderio ardente di un futuro che sia radicalmente diverso sia per sé stessa che per la sua terra. Nell’Africa orientale narrata da Gersão, il confine tra l’esperienza personale e la storia collettiva si fa labile, e le differenze — di razza, di status, di aspettative — si fondono in un “universo magico fatto di parole e sogni”. L’opera si configura come una potente riflessione sull’identità, sulla memoria e sulla capacità di resistenza, utilizzando la lente della crescita per raccontare la storia di una nazione in bilico tra il desiderio di libertà e il peso del passato coloniale.
“Prima regola: non innamorarsi” di Felicia Kingsley – Edizione Limitata (Newton Compton Editori, 2 dicembre)
Prima regola: non innamorarsi di Felicia Kingsley è un vivace heist romance che unisce il brivido dell’inganno e del furto d’arte alla scintilla inattesa di una storia d’amore. La trama ruota attorno a un’impossibile collaborazione tra due maestri nell’arte della truffa e del furto, forzati a lavorare insieme nonostante si detestino cordialmente.
La protagonista è Sylvye, una ventenne apparentemente normale che in realtà è stata istruita alla perfezione nell’arte dell’inganno dalla madre, trasformandola in una truffatrice esperta. Nonostante sogni una vita banale, la sua realtà è tutt’altro. Sylvye vive seguendo due ferree regole: evitare i carboidrati e, soprattutto, non innamorarsi. Se è facile fare un’eccezione per un dolce, infrangere la regola del cuore è fuori discussione.
Il suo percorso incrocia quello di Nick Montecristo, un affascinante e astuto ladro gentiluomo, noto per la sua abilità nel campo del furto d’arte. Nick è l’antitesi di Sylvye: è “ghiaccio”, sempre un passo avanti con una strategia impermeabile ai sentimenti, un professionista che non ha mai fallito un incarico.
Entrambi i professionisti vengono selezionati da un ricco ed eccentrico collezionista per portare a termine un colpo sensazionale. Sono costretti a diventare complici, ma il passato li ha resi acerrimi rivali, e hanno non pochi conti in sospeso da regolare. Sylvye, descritta come “fuoco”, e Nick, come “ghiaccio”, formano una coppia esplosiva che si scontra in ogni momento.
La situazione si complica irrimediabilmente quando, inaspettatamente, tra i due scatta una fastidiosa e prepotente attrazione. Riusciranno a mettere da parte l’odio e i vecchi rancori per concentrarsi sul lavoro? E, soprattutto, potranno i due specialisti del rischio mantenere fede all’unica regola che conta, ignorando la chimica che li lega e impedendo che l’amore complichi le cose? Il romanzo promette un crescendo di tensione, inganni e passione in cui la regola d’oro sarà costantemente messa in discussione.
“Una di famiglia”di Freida McFadden (Newton Compton Editori, 2 dicembre)
“Una di famiglia” è un teso thriller psicologico che si svolge interamente nella lussuosa ma inquietante dimora dei Winchester, promettendo di intrappolare il lettore in una spirale di crescente paranoia e segreti oscuri.
La protagonista è Millie, una donna che cerca disperatamente di ricominciare una nuova vita, accettando un impiego come governante presso la facoltosa famiglia Winchester, nonostante non possa fornire referenze. Tuttavia, quello che dovrebbe essere un rifugio si rivela presto un incubo claustrofobico. La casa, pur essendo sontuosa, è pervasa da un inspiegabile odore di “polvere e cattivo odore”, e l’atmosfera è carica di tensione.
La padrona di casa, Nina Winchester, è una figura centrale e angosciante: annoiata, instabile e sadica, sembra trarre piacere dal vedere Millie faticare e soffrire. Millie è costretta a sopportare le sue angherie, cercando di fingersi al sicuro per scampare alle ombre del suo tormentato passato, che teme possano raggiungerla.
Man mano che Millie si addentra nella routine della casa, nota dettagli che non quadrano e presagi che si fanno sempre più inquietanti. La porta della sua stanza da governante, un dettaglio non trascurabile, si chiude soltanto dall’esterno, una circostanza che la fa sentire in trappola. A peggiorare il senso di minaccia sono gli avvertimenti criptici del giardiniere, Enzo, che tenta ripetutamente di metterla in guardia, senza svelare la vera natura del pericolo.
L’unica fonte di conforto è Andrew, l’affascinante marito di Nina, che offre a Millie un motivo per restare e una parvenza di sicurezza. Costretta a resistere, Millie è convinta che il suo passato sia il pericolo maggiore. Tuttavia, la trama si addentra in un crescendo di tensione, svelando che la governante ignora un’atroce verità: i segreti celati tra le mura dei Winchester sono infinitamente più oscuri e letali dei suoi, portando il romanzo verso un finale scioccante e completamente ribaltato.
“Tokyo soup” di Murakami Ryū (Atmosphere Libri, 5 dicembre)
“Tokyo soup” di Ryū Murakami è un romanzo seducente e conturbante che trascina il lettore in un viaggio noir e violento attraverso le viscere della vita notturna di Tokyo, portando la suspense a un livello di estasi sublime. La storia si sviluppa a ridosso di Capodanno, quando due personaggi apparentemente slegati si ritrovano fatalmente connessi.
Il protagonista è Kenji, un giovane ventenne che viene ingaggiato per fare da guida a un “inquietante turista americano sovrappeso” di nome Frank, accompagnandolo in un tour dei lati più oscuri della capitale giapponese. Kenji è descritto come un giovane candido e innocente, ma è proprio la natura ambigua e il comportamento enigmatico di Frank a innescare in lui un profondo allarme.
Nonostante l’apparenza inoffensiva del turista, Kenji inizia a nutrire un terribile sospetto: il suo cliente potrebbe celare intenti omicidi o, peggio, essere il catalizzatore di una violenza inimmaginabile. Man mano che i due si addentrano nelle zone a luci rosse di Tokyo, la situazione precipita in un inferno di violenza e malvagità. La capitale, con i suoi neon e le sue oscurità, diventa lo scenario di una discesa nell’abiezione umana.
Nel mezzo di questa spirale, irrompe una figura che potrebbe avere un “effetto salvifico”: Jun, una ragazza sedicenne che si lega a Kenji. La sua presenza e la sua interazione con i due uomini rappresentano forse l’unica possibilità di redenzione o salvezza.
Il romanzo mescola elementi che richiamano atmosfere come quelle di Lost in Translation per la sua disamina dell’incontro tra culture e il senso di smarrimento urbano, e Il silenzio degli innocenti per la sua tensione psicologica e la presenza di una minaccia latente. Murakami Ryū utilizza il dinamismo di Tokyo e la violenza senza filtri per esplorare la parte più oscura dell’animo umano, in un’opera che è tanto un thriller mozzafiato quanto una cruda critica sociale.
“Incubus” di Marcello Carrà (La nave di Teseo +, 5 dicembre)
“Incubus” di Marcello Carrà è una vera e propria fiaba nera, un romanzo fantasy-horror di taglio poetico e barocco che mescola l’orrore all’assurdo, portando il lettore in un universo immaginario che evoca le derive visionarie del Codex Seraphinianus. La narrazione si sviluppa in un mondo remoto, quasi allucinato, popolato da creature grottesche, simbolismi sfuggenti e profonde allegorie.
La storia prende il via nel giardino del Duca Segesto, dove accade l’impensabile: dal pistillo di un fiore mai visto prima nasce Zanzarius, una creatura ibrida a metà tra l’uomo e l’insetto. Inizialmente viene allevato come un figlio, ma la sua natura eccentrica e mostruosa lo condanna ben presto a una vita di derisione e umiliazione, venendo infine rifiutato dal mondo.
Solo e disprezzato, Zanzarius è guidato da enigmatiche entità mitologiche alla scoperta del suo autentico e più oscuro potere: la capacità di generare mostri. Spinto dal profondo dolore e dall’ardente desiderio di riscatto, Zanzarius utilizza questa sua facoltà per creare un macabro “orto di creature” mutanti.
Queste creature, che rappresentano un’allucinata armata personale, vengono incaricate di una missione precisa e misteriosa: la ricerca di Skirm, un’entità perduta. La vendetta, annunciata nel prologo, è il motore di questo viaggio nel buio, dove Zanzarius cerca di riscattare la sua condizione di “diverso” e di reclamare il suo posto contro il mondo che lo ha umiliato.
Ispirato anche dalle tavole xilografiche e dall’immaginazione grafica di antichi romanzi allegorici come l’Hypnerotomachia Poliphili, Incubus è un’opera che esplora i temi del rifiuto, della metamorfosi e della vendetta attraverso l’orrore, offrendo un’esperienza di lettura complessa e densa di significati nascosti.
“La casa del salice” di Roberta Lucca (Baldini + Castoldi, 5 dicembre)
“La casa del salice” è un coinvolgente romanzo di formazione e riscatto femminile, che mescola note di mistero e thriller psicologico, ambientato nella suggestiva e misteriosa cornice di una vecchia dimora di famiglia in Toscana.
La protagonista è Beatrice, una giovane di ventinove anni con un sogno da attrice temporaneamente infranto e il cuore a pezzi dopo la fine di una relazione importante. Cerca rifugio e conforto nella vecchia casa di famiglia in Chianti, “La Casa del Salice,” un luogo che spera possa garantirle l’oblio, ma dove il passato si rivela invece vivo e ansioso di essere svelato.
All’interno della casa, Beatrice si trova a confrontarsi con una famiglia complessa, composta da una madre invadente e una sorella considerata “perfetta,” ma è la presenza di una zia eccentrica, custode di memorie e archivi dimenticati, a darle il via per un vero e proprio viaggio di riscoperta. Presto, l’ambiente si popola di visioni, lettere perdute e verità sussurrate che spingono Beatrice a indagare sulle profonde crepe della sua storia familiare.
Il soggiorno si trasforma in un’indagine personale e storica, incentrata su due segreti che la tormentano: cosa accadde esattamente alla sua bisnonna Ornella nella chiesa di San Gaudenzio nel 1944? E perché nessuno in famiglia ha mai voluto parlare della nonna Elsa, scomparsa misteriosamente proprio il giorno della sua nascita?
In un percorso che alterna prove teatrali, corsi di scrittura e lo spulciare archivi misteriosi, Beatrice affronta con ironia e malinconia le ferite del passato. La Casa del Salice è la storia di donne che hanno trovato il coraggio di perdonarsi, di ritrovarsi e di salvarsi, trovando le proprie radici che feriscono e salvano. Il romanzo celebra la capacità di rinascita e offre una voce luminosa, suggerendo che, anche quando tutto sembra perduto, una nuova vita possa sempre sbocciare all’ombra protettiva della propria memoria e identità.
“Casa Farfalla e altre storie di Castroianni” di Michele Guardì (Baldini + Castoldi, 5 dicembre)
“Casa Farfalla e altre storie di Castroianni” di Michele Guardì è un ritratto narrativo vibrante e corale di un piccolo paese siciliano, Castroianni, dove ogni angolo nasconde un segreto e la vita è un perpetuo intreccio di passione, politica e umanità fragilissima. Il romanzo si concentra sulle vicende che animano la comunità a partire dal 1943, anno dell’arrivo degli americani, che segna l’inizio di una nuova era di intrighi e passioni inconfessabili.
Castroianni si rivela un vero e proprio teatro umano. Le trame politiche sono orchestrate dal senatore Crisantemo, un personaggio astuto e cinico che riesce a prosperare proprio sulle disgrazie e le debolezze dei suoi concittadini. La sua abilità nel muovere le fila del potere si scontra e si mescola continuamente con la semplicità della vita quotidiana del paese.
I luoghi sono fondamentali per la narrazione. Al Caffè Moka, il circolo culturale del paese, si consumano i complotti e si spettegola, gettando luce (o ombra) sui destini degli abitanti. Ma il vero fulcro di passioni e segreti è la Casa Farfalla, il bordello locale, dove si danno appuntamento amori clandestini e desideri proibiti. È in questo luogo che le maschere sociali cadono e si rivelano le vere, inconfessabili pulsioni degli uomini.
Strutturato come un mosaico di storie, ogni capitolo svela una sfaccettatura di quest’umanità complessa, oscillando costantemente tra il comico e lo struggente. Guardì riesce a dipingere un “mondo sospeso” in cui la politica si fonde con la quotidianità, e il destino collettivo si riflette nelle vicende personali. Il romanzo è un affettuoso e al contempo disincantato omaggio alla Sicilia, ai suoi personaggi e alla loro irriducibile capacità di nascondere e svelare, ridere e soffrire.
“Nove novelle senza lieto fine” di Enrica Bonaccorti (Baldini + Castoldi, 5 dicembre)
“Nove novelle senza lieto fine” di Enrica Bonaccorti è una raccolta che indaga con stile raffinato e umorismo nero le esistenze di nove personaggi le cui vite, per un attimo, sembrano toccare la felicità, prima che il Caso, cinico e imprevedibile, le devii bruscamente verso un destino agrodolce o, come promette il titolo, senza un lieto fine tradizionale.
L’autrice intreccia lirismo e una sottile crudeltà, dando vita a un mosaico di esistenze irrimediabilmente umane. Le trame ruotano attorno a figure complesse e sfaccettate, colte nel momento di una svolta inattesa. Troviamo Vina, che cerca di esorcizzare l’amore e il dolore del passato trasformando la propria vita in un film, e Marina, vedova e nonna, che insegue una fragile illusione al fianco di un giovane capace di farla ridere.
Il destino gioca brutti scherzi: Dino, un uomo dissoluto, viene colpito da un fulmine e si riscopre santo suo malgrado, mentre Ignazio, scrittore cinico ossessionato dal successo, ricorre alla chirurgia estetica per sedurre, finendo per innamorarsi di un’unanimista che odia profondamente gli animali. Le passioni si consumano in modo inesorabile: l’egocentrico artista Paolinodivora l’amore incondizionato della sua assistente, e Carla ritrova l’ardore del primo amore in un croupier incontrato al tavolo di un casinò.
La raccolta tocca anche i temi del tradimento e della vendetta: Giovanni, un affarista infedele, si ritrova intrappolato in un intrigo che coinvolge la moglie, la figlia e un ritratto; e Anna Paola detta Cosicosi scopre che, anche per le persone più discrete, la vendetta può giungere dolce ma implacabile dopo anni, grazie all’incontro con un’amica del liceo.
Ogni racconto è un ritratto affilato della condizione umana, arricchito da inserti poetici, ballate, aforismi e una preghiera finale, che sottolineano l’ineluttabilità di un destino che raramente concede sconti.
“Il peso della galena” di Laura Lanza (Santelli, 5 dicembre)
“Il peso della galena” di Laura Lanza è un intenso romanzo storico e familiare che si svolge nel diciannovesimo secolo, sullo sfondo del turbolento Risorgimento italiano, narrando l’ascesa e i drammi di una nuova e potente classe borghese.
Il protagonista è Giovanni Antonio Sanna, un giovane sardo ambizioso e anticonformista, determinato a sfidare le convenzioni dell’Ottocento per costruire un impero economico. Il suo successo è legato a una preziosa concessione mineraria — ottenuta dal re Carlo Alberto in seguito alla battaglia di Peschiera — che gli permette di sfruttare il minerale di galena estratto a Montevecchio. La sua vita e la sua scalata sociale sono un simbolo del conflitto perenne tra la sete di ricchezza e la difficile conquista della felicità autentica.
La storia di Giovanni Antonio Sanna si intreccia inevitabilmente con i destini della sua famiglia. Al centro della narrazione ci sono sua moglie, Mariette, e le loro quattro figlie, ognuna con una personalità ben distinta: la passionale Ignazia, l’ingenua e dolce Amélia, l’introversa Enedina e la caparbia Zeli. Tutte e quattro cercheranno, ognuna a suo modo, di ritagliarsi uno spazio di felicità personale, ma dovranno pagare l’amaro e inesorabile prezzo del “peso della galena,” il fardello emotivo e morale imposto dal successo e dalle ambizioni paterne.
La saga della famiglia Sanna è narrata in parallelo con la storia dell’unità d’Italia. Il romanzo offre un intimo e potente spaccato delle vicende del Risorgimento, seguendo la famiglia attraverso le capitali di Torino, Firenze e Roma. L’opera riflette sulla Rivoluzione Industriale e sulla transizione sociale che ha scardinato le antiche gerarchie nobiliari, affermando il dominio di una nuova borghesia il cui potere, sebbene inebriante, si dimostra gravoso sul piano umano ed esistenziale.
“La tomba del barbaro” di Roberto Magini (Leone Editore, 5 dicembre)
“La tomba del barbaro” di Roberto Magini è un noir archeologico e d’azione che mescola la crisi esistenziale di un uomo con un profondo e misterioso intrigo criminale radicato nel cuore della Puglia più segreta.
Il protagonista è l’ispettore Marco Rivalta, un uomo con la vita a pezzi a causa di un doloroso tradimento. In cerca di rifugio e oblio, si isola tra le suggestive e silenziose gravine pugliesi, un paesaggio aspro e spirituale, ricco di storia e vestigia. L’intenzione di Rivalta è di dedicarsi unicamente a sé stesso e alla guarigione delle proprie ferite, ma il destino lo trascina nuovamente nel vortice dell’indagine.
La scoperta di una necropoli romana e di antichi segreti archeologici nel sottosuolo lo attirano in un mistero che presto si rivela ben più grande della sua crisi personale. Viene richiamato in servizio per investigare una serie di rapimenti inquietanti e l’emergere di un fitto intreccio di crimini e traffici spietati. Rivalta scopre rapidamente che queste attività criminali non sono isolate, ma affondano le loro radici in un passato lontano, che continua a determinare la violenza del presente.
L’indagine dell’ispettore si svolge su due livelli: quello della cronaca nera contemporanea e quello della storia millenaria che si nasconde sotto la terra. Rivalta è costretto a confrontarsi con la realtà più oscura della sua terra adottiva, scoprendo che la verità che lo attende è sconvolgente. Il male si annida proprio in quella terra che credeva amica e salvifica, un segreto a lungo sepolto che, come la tomba di un antico barbaro, è pronto a riemergere e a chiedere il suo tributo di vittime.
“C’era una volta in Italia: gli anni Ottanta” di Enrico Deaglio e Ivan Carozzi (Feltrinelli, 5 dicembre)
“C’era una volta in Italia: gli anni Ottanta” di Enrico Deaglio e Ivan Carozzi è un potente e lucido affresco storico che analizza un decennio di trasformazioni radicali e contraddizioni, definito dagli autori come una “guerra civile che non si vuole vedere.” Il libro, costruito attraverso un mosaico di cronache, voci, immagini e fatti, esplora come l’Italia sia diventata la nazione che è oggi.
Gli anni Ottanta vengono circoscritti tra due eventi simbolici: l’inizio con la tragica strage di Bologna del 2 agosto 1980 e la chiusura con la caduta del Muro di Berlino, che segna la fine di un’epoca. Nonostante l’apparente modernizzazione e il nuovo entusiasmo, il saggio mostra come il Paese abbia mantenuto intatti i suoi fantasmi, tra guerre di Mafia, Camorra e ‘ndrangheta, lo spettro della P2 e degli estremismi fascisti.
Il decennio è segnato da un’impressionante serie di violenze, inclusi gli omicidi di magistrati e figure chiave come Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Walter Tobagi e Carlo Alberto Dalla Chiesa. In questo contesto di stragi e crisi, emergono anche i “nuovi cavalieri del capitalismo”—figure come Benetton, Gardini, De Benedetti e Berlusconi—la cui ascesa si accompagna a un’euforia diffusa di successo e status individuale.
L’analisi si focalizza sul cambiamento sociale: il “popolo” cessa di credere nella politica e si trasforma in “audience,” affidando le proprie speranze alla televisione. Il Nord prospera con giovani milanesi che mangiano hamburger, mentre il Sud si trasforma in un “laboratorio di un capitalismo delinquenziale,” con la Mafia che fa il suo ingresso in Borsa.
Il libro è un racconto corale che non dimentica i simboli positivi, come il calcio di Maradona e lo Scudetto del Napoli, e nemmeno le perdite, come quelle di Calvino, Sciascia e Primo Levi. Deaglio e Carozzi tracciano un quadro complesso in cui i sogni, le paure e la violenza si mescolano per definire l’identità di un’Italia moderna, cinica e affamata di successo.
“Roma. La città dei segreti” di Francesco Rutelli (Newton Compton Editori, 2 dicembre)
“Roma. La città dei segreti” di Francesco Rutelli è un’opera che si presenta come un “romanzo d’eccezione,” offrendo un viaggio intimo e coinvolgente nell’anima più nascosta, enigmatica e millenaria della Capitale. L’autore, profondo conoscitore e innamorato della sua città, guida il lettore alla scoperta di segreti e storie sentimentali e imprevedibili che si nascondono in ogni vicolo, anche nei luoghi apparentemente più noti.
Il libro è strutturato in capitoli tematici e narrativi che esplorano la stratificazione storica e le trasformazioni urbane di Roma, svelando la bellezza e l’avventura che si celano dietro le quinte. La narrazione spazia ampiamente, toccando i grandi temi storici, dalle epiche battaglie alle evoluzioni artistiche, focalizzandosi su particolari affascinanti come le cupole in competizione e le torri ormai dimenticate.
Rutelli conduce il lettore attraverso un itinerario che va dai fatti del Vaticano alle imponenti rovine del Circo Massimo. Il racconto abbraccia una pluralità di aspetti, dalle sofisticate tecnologie romane alle storie delle minoranze invisibili che hanno plasmato la comunità. L’obiettivo è spingere il lettore a guardare la Città Eterna con occhi nuovi, fornendo una chiave di lettura per decifrare i miti, le rivoluzioni e le complesse dinamiche sociali.
La guida non si ferma al centro storico, ma include anche “incursioni fuori porta,” portando alla luce la bellezza di quartieri meno conosciuti e di percorsi spirituali come quelli che si snodano lungo l’antica Via Francigena. Roma. La città dei segreti è, in definitiva, un’esplorazione appassionata che rivela i misteri e le meraviglie di una città eterna, unendo la precisione storica alla leggerezza del racconto sentimentale.
“Pasolini. Le lettere” Pier Paolo Pasolini, a cura di Antonella Giordano e Nico Naldini (Garzanti, 5 dicembre)
“Pasolini. Le lettere” è un’opera monumentale e di eccezionale importanza, che per la prima volta riunisce in forma completa l’intero epistolario di Pier Paolo Pasolini. Non si tratta di una semplice raccolta, ma di un vero e proprio “montaggio finale delle varie voci” che ricostruisce, attraverso i dialoghi intersecati e simultanei, l’anima più nascosta e complessa dell’intellettuale.
Il volume integra le lettere già note con oltre trecento missive finora inedite, frutto di un’imponente opera di ricerca presso fondazioni, biblioteche ed eredi. Questo vasto corpo di corrispondenza svela la verità di Pasolini, i suoi ambienti, i climi culturali e le situazioni espresse tra le righe, offrendo un quadro completo e variegato senza alcun privilegio di destinatari.
La raccolta è arricchita dalla qualità e ampiezza dei suoi interlocutori, tra cui spiccano nomi fondamentali della letteratura italiana del Novecento come Elsa Morante, Paolo Volponi, Giuseppe Ungaretti, Attilio Bertolucci, Gianfranco Contini e Giorgio Bassani. Attraverso questi scambi epistolari, Pasolini si rivela in tutte le sue sfaccettature, dalle vicende più personali ai drammi più pubblici.
Il risultato è un’opera che funge da vera e propria nuova autobiografia dell’autore. I curatori hanno voluto creare l’equivalente di una Cronologia aggiornata della sua vita e delle sue opere, tenendo conto dei ritrovamenti degli ultimi anni e dando voce piena e autentica a Pasolini stesso. Pasolini. Le lettere è un documento storico-letterario fondamentale, essenziale per comprendere a fondo uno degli intellettuali più discussi e cruciali del Novecento italiano, attraverso la sua voce più diretta e intima.
“Molto dipendeva dal futuro. Diari 1922-1974” di Cecil Beaton (Neri Pozza, 5 dicembre)
“Molto dipendeva dal futuro. Diari 1922-1974” è la magnifica opera diaristica di Sir Cecil Beaton, un eccentrico e meticoloso cronista che ha attraversato oltre cinquant’anni di storia e cultura, considerando l’arte, come la vita stessa, un grande palcoscenico. Questa pubblicazione offre un ritratto intimo del fotografo, costumista e dandy esausto che fu Beaton, e funge da vera e propria autobiografia non intesa.
Il volume raccoglie le sue annotazioni dal 1922 al 1974, tracciando un arco temporale che va dai ruggenti anni Venti (Roaring Twenties) fino all’elegante disincanto della vecchiaia. Beaton è stato il fotografo prediletto di regine e dive, come Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Greta Garbo e la Regina Elisabetta II, immortalando chiunque contasse, da Winston Churchill a Coco Chanel.
Nei suoi diari, con uno sguardo acuto, pettegolo e talvolta perfido, Beaton riversa le cronache della mondanità e dell’alta società, dietro cui si celano ironia e malinconia. L’autore non risparmia nessuno, nemmeno sé stesso, lasciando trasparire la sua vulnerabilità e l’ossessione per la bellezza che ha tentato per tutta la vita di sottrarre alla tirannia del tempo.
Attraverso i racconti di viaggi, avventure creative e mirabolanti incontri, il libro offre un ritratto in movimento di un’epoca irripetibile della cultura britannica. I diari sono un flusso ininterrotto di pensieri e osservazioni che rivelano la voce sofisticata e contraddittoria di un grande protagonista del Novecento, il cui talento nell’usare la macchina fotografica era pari solo a quello di usare la penna.
