Le amicizie sono belle proprio perché vaste, come i gusti in fatto di libri: e non tutti, a Natale, desiderano storie a lieto fine, il pentimento di un anziano signore, o biscotti allo zenzero in compagnia della persona amata.
Lo sappiamo, c’è chi, tra una fetta di panettone e una tombolata, sogna solo case infestate alla Shirley Jackson, boschi che non finiscono mai, mostri che si nascondono dietro porte socchiuse.
Se la persona a cui devi fare un regalo è quella che “tifa per il serial killer” nei film o che legge horror tutto l’anno, allora un buon romanzo dell’orrore sotto l’albero è più azzeccato di qualsiasi maglione con le renne.
Libri perfetti per il caso
In questo articolo abbiamo scelto libri che non si limitano a spaventare: sono storie che usano il terrore per parlare di traumi, ingiustizie, società che scivolano verso il baratro; incubi gotici che è bene rispolverare proprio adesso che è arrivata in Italia la serie tv, ma anche titoli attesi da anni, che nascondono i segreti degli autori di culto.
Sono libri per lettori che amano le narrazioni che restano addosso anche dopo aver chiuso il libro, magari mentre la casa è silenziosa e le lucine dell’albero si riflettono sui vetri.
“Fantasmagoriana” curata da Fabio Camilletti
Per chi ama l’orrore “classico”, “Fantasmagoriana” è il regalo che fa brillare gli occhi ancora prima di essere scartato. Non è un romanzo, ma l’antologia-leggenda che, nell’estate del 1816, ispirò Mary Shelley e il gruppo di Villa Diodati a mettersi a raccontare storie di fantasmi.
Da quelle serate nacquero “Frankenstein” e “Il vampiro” di Polidori.
Regalare questo libro significa andare direttamente alla sorgente dell’horror moderno.
Il volume raccoglie otto racconti tedeschi di fine Settecento, tradotti in francese e poi approdati fino a noi: storie di castelli infestati, apparizioni notturne, morti che tornano, maledizioni familiari.
L’orrore non è mai splatter, ma insinuante: corridoi bui, scricchiolii dietro le porte, volti intravisti nello specchio, un lume che si spegne nel momento meno opportuno. Sono racconti costruiti sull’arte dell’attesa più che sul colpo di scena, perfetti per chi ama farsi suggestionare piano, una pagina dopo l’altra.
Questa edizione italiana, curata e commentata, è un piccolo scrigno: introduce il lettore nel clima culturale dell’epoca, racconta come funzionavano gli spettacoli di “fantasmagorie” con lanterne magiche, luci e fumi, e mostra come da queste storie sia nato tutto un immaginario di fantasmi, spettri e case infestate che ancora oggi popola cinema e serie tv.
È un libro da leggere lentamente, magari durante le vacanze di Natale, con il rumore della pioggia o del vento fuori dalla finestra. Ideale per quell’amico che ha già letto tutti gli horror contemporanei e vuole scoprire le radici del brivido, o per chi colleziona grandi classici gotici.
Con “Fantasmagoriana” sotto l’albero, il 1816 sembrerà improvvisamente molto più vicino…
“Gormenghast. La trilogia” di Merlin Peake
Per chi ama l’orrore che non ha bisogno di mostri per far paura, la trilogia di “Gormenghast” è il regalo perfetto. Niente jumpscare, niente serial killer: qui l’incubo è un castello immenso, vivo quasi quanto i suoi abitanti, un labirinto di pietra e rituali dove il tempo sembra essersi fermato.
Nel primo volume seguiamo la nascita di Tito, erede designato del casato di Groan, e il suo crescere sotto il peso schiacciante di una tradizione millenaria fatta di cerimonie assurde e regole immutabili. Attorno a lui sfilano servitori grotteschi, nobili pietrificati dalle abitudini, figure inquietanti come Sepulcrio, Fucsia, Barbacane: un catalogo di personaggi che sembra uscito da un incubo dickensiano.
Il vero orrore, però, è il castello stesso: una caverna-architettura che divora la natura o ne è stata divorata, un luogo chiuso in sé dove chi nasce non sa nemmeno immaginare che cosa ci sia là fuori. Quando il giovane sguattero Steerpike decide di scalare i ranghi sociali, la trama prende una piega sempre più oscura: intrighi, tradimenti e follia si intrecciano in una lenta discesa verso il disastro, in cui Gormenghast diventa una prigione mentale prima ancora che fisica.
Mervyn Peake, illustratore oltre che scrittore, costruisce pagina dopo pagina un mondo visivo, barocco, saturato di dettagli morbosi: corridoi infiniti, torri che sembrano tumori di pietra, piogge torrenziali che non finiscono mai.
Non è un horror “di consumo”, ma un’esperienza totalizzante, da affrontare con calma, lasciandosi inghiottire dalla sua atmosfera gotica. Perfetto da regalare a chi ha già letto tutto di Lovecraft e Poe e cerca un monolite letterario in cui perdersi per settimane, scoprendo che a volte il castello è il mostro più spaventoso di tutti.
“L’orrore di Abbot’s Grange / Il vampiro di Kaldenstein” di Frederick Cowles
Se la persona a cui vuoi fare il regalo è ossessionata dai vampiri “classici”, quelli che odorano di nebbia inglese e cinema in bianco e nero, questo piccolo volume di ABEditore è una chicca praticamente perfetta.
Dentro ci sono due racconti lunghi scritti negli anni Trenta, quando il mito di Dracula si era già sedimentato nell’immaginario collettivo ma il genere stava ancora cercando nuove forme per spaventare i lettori.
Cowles si muove esattamente in questo spazio: da un lato riprende il vampiro come lo conosciamo – affascinante e mostruoso, legato a castelli in rovina, cripte, leggende familiari – dall’altro lo scolpisce in scenari che hanno qualcosa di già “cinematografico”: corridoi bui, antiche dimore di campagna, presenze che non si vedono ma che si avvertono in ogni scricchiolio del legno.
“L’orrore di Abbot’s Grange” e “Il vampiro di Kaldenstein” sono due variazioni sul tema, brevi ma densissime: atmosfere gotiche, personaggi che portano addosso piccoli segni di colpa o debolezza, un crescendo di indizi fino alla rivelazione finale, spesso più tragica che liberatoria.
Il fascino del libro sta anche nel suo essere un documento storico del genere: i racconti sono del 1936 e del 1938, cioè nel momento in cui il vampiro letterario si consolida e le prime trasposizioni teatrali e cinematografiche iniziano a influenzare la scrittura stessa.
Cowles assorbe tutto questo e lo restituisce in due storie che sembrano fatte apposta per essere lette a voce alta, magari in una sera d’inverno. È un regalo ideale per chi ama le edizioni curate, le atmosfere rétro e le paure “di una volta” che, proprio perché così codificate, riescono ancora a colpire nel segno.
“Ed & Lorraine Warren” di Gianfranco Staltari.
Non è un romanzo, ma si legge con lo stesso ritmo di un horror ben congegnato.
Staltari ricostruisce la vita e la carriera dei più celebri demonologi del Novecento, i coniugi Warren, le cui indagini hanno ispirato la saga cinematografica “The Conjuring”.
A partire dai casi più iconici – la casa di Amityville, la bambola Annabelle, il poltergeist di Enfield, la famiglia Perron – il libro ripercorre dossier, testimonianze, fotografie, articoli di giornale e tutto l’immaginario che nel tempo si è stratificato intorno a queste storie.
Non si limita però alla semplice cronaca: prova anche a spiegare l’approccio dei Warren alla demonologia, i loro metodi di indagine, i famosi “tre stadi” dell’attività demoniaca, e come questi elementi siano stati poi tradotti al cinema.
Una parte importante del volume è dedicata al modo in cui Ed e Lorraine sono diventati un fenomeno culturale: tra conferenze, libri, interviste televisive e merchandising, la loro figura ha contribuito a riscrivere l’idea stessa di “investigatore del paranormale” nell’immaginario collettivo.
Staltari non evita le zone d’ombra: affronta anche le controversie, le accuse di spettacolarizzazione del dolore altrui, le domande su quanto ci fosse di verità e quanto di costruzione narrativa nelle loro inchieste.
È un regalo ideale per chi conosce a memoria i film di “The Conjuring”, ama podcast e documentari su possessioni e poltergeist e vuole andare oltre il jumpscare, esplorando il confine sfocato tra fede, superstizione e show business dell’orrore.
Dopo averlo letto, sarà difficile riguardare i film o sentire nominare Annabelle con la stessa leggerezza di prima.
“Intervista col vampiro” di Anne Rice
Chi ama l’horror elegante, sensuale e malinconico dovrebbe avere almeno un romanzo di Anne Rice in casa, e questo è il punto da cui iniziare.
“Intervista col vampiro” si apre in una stanza buia: un giornalista accende il registratore e ascolta la confessione di Louis de Pointe du Lac, vampiro da oltre due secoli.
Da lì, il libro diventa un lungo flashback che attraversa piantagioni settecentesche in Louisiana, vicoli nebbiosi di New Orleans, teatri infestati di Parigi. Il cuore della storia è il rapporto distorto e magnetico tra Louis e Lestat, il vampiro che lo ha “creato”: un legame che oscilla continuamente tra dipendenza, odio, amore e fascinazione.
Quando entra in scena Claudia, bambina trasformata in vampira per un gesto di egoismo e disperazione, il romanzo diventa una tragedia familiare gotica: una creatura condannata a restare bambina per sempre, con una mente che cresce dentro un corpo immobile.
Più che sull’orrore esplicito, Rice lavora sulle atmosfere: il sangue è sempre presente, ma ciò che inquieta davvero è la domanda che attraversa tutte le pagine – cosa significa essere mostri, e cosa significa essere umani?
Louis è un vampiro che rifiuta di uccidere, che si interroga su colpa, redenzione, libero arbitrio; Lestat incarna invece il fascino crudele dell’eternità senza scrupoli.
Regalarlo a Natale significa mettere sotto l’albero un classico del genere gotico, perfetto per chi vuole un horror ricco di filosofia, estetica decadente e personaggi indimenticabili, molto lontano dai soliti spaventi usa e getta.
