Ci sono libri che non riusciamo a smettere di leggere, che ci inducono a riflessioni importanti e profonde, ma che per tale ragione infliggono anche qualche sofferenza. Sui nostri canali social vi abbiamo chiesto quali libri vi abbiano “distrutto emotivamente”. Fra le varie risposte, alcuni titoli ricorrono copiosamente. Siete curiosi di scoprire quali? Ecco cinque libri che ci hanno spezzato il cuore.
5 libri che quando abbiamo letto ci hanno spezzato il cuore
“Una vita come tante” di Hanya Yanagihara
“Una vita come tante” è stato il fenomeno editoriale degli scorsi anni in Italia. In tantissimi si sono avvicendati in libreria, curiosi di leggere l’esteso romanzo in cui Hanya Yanagihara racconta una profonda storia di amicizia, di sofferenza e di vita, in cui non mancano i momenti emozionanti e struggenti. In molti, alla domanda sui libri che vi hanno spezzato il cuore, avete risposto proprio con lui.
In una New York fervida e sontuosa vivono quattro ragazzi, ex compagni di college, che da sempre sono stati vicini l’uno all’altro. Si sono trasferiti nella metropoli da una cittadina del New England, e all’inizio sono sostenuti solo dalla loro amicizia e dall’ambizione. Willem, dall’animo gentile, vuole fare l’attore.
JB, scaltro e a volte crudele, insegue un accesso al mondo dell’arte. Malcolm è un architetto frustrato in uno studio prestigioso. Jude, avvocato brillante e di enigmatica riservatezza, è il loro centro di gravità.
Nei suoi riguardi l’affetto e la solidarietà prendono una piega differente, per lui i ragazzi hanno una cura particolare, una sensibilità speciale e tormentata, perché la sua vita sempre oscilla tra la luce del riscatto e il baratro dell’autodistruzione.
Intorno a Jude, al suo passato, alla sua lotta per conquistarsi un futuro, si plasmano campi di forze e tensioni, lealtà e tradimenti, sogni e disperazione. E la sua storia diventa una disamina, magnifica e perturbante, della crudeltà umana e del potere taumaturgico dell’amicizia.
“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin
Continuiamo con i casi editoriali internazionali, perché fra le vostre risposte più gettonate, fra i libri più citati, il primo è “Cambiare l’acqua ai fiori”, il commovente romanzo con cui abbiamo conosciuto Valérie Perrin e la sua penna straordinaria.
Violette Toussaint è guardiana di un cimitero di una cittadina della Borgogna. Ricorda un po’ Renée, la protagonista dell’Eleganza del riccio, perché come lei nasconde dietro un’apparenza sciatta una grande personalità e una storia piena di misteri.
Durante le visite ai loro cari, tante persone vengono a trovare nella sua casetta questa bella donna, solare, dal cuore grande, che ha sempre una parola gentile per tutti, è sempre pronta a offrire un caffè caldo o un cordiale.
Un giorno un poliziotto arrivato da Marsiglia si presenta con una strana richiesta: sua madre, recentemente scomparsa, ha espresso la volontà di essere sepolta in quel lontano paesino nella tomba di uno sconosciuto signore del posto.
“Se questo è un uomo” di Primo Levi
Torniamo in Italia con uno dei capisaldi della letteratura contemporanea: Primo Levi scopre la sua vocazione per la scrittura dopo la terribile esperienza della prigionia nei campi di concentramento.
Scrive per esorcizzare il dolore, per sopprimere l’oblio della memoria, per sopravvivere e fare sopravvivere. Il suo “Se questo è un uomo” è una lettura dolorosa ma necessaria. Anche perché la sofferenza narrata dall’autore nei suoi libri non è scomparsa.
Primo Levi, reduce da Auschwitz, pubblicò “Se questo è un uomo” nel 1947. Einaudi lo accolse nel 1958 nei “Saggi” e da allora viene continuamente ristampato ed è stato tradotto in tutto il mondo.
Testimonianza sconvolgente sull’inferno dei Lager, libro della dignità e dell’abiezione dell’uomo di fronte allo sterminio di massa, “Se questo è un uomo” è un capolavoro letterario di una misura, di una compostezza già classiche. È un’analisi fondamentale della composizione e della storia del Lager, ovvero dell’umiliazione, dell’offesa, della degradazione dell’uomo, prima ancora della sua soppressione nello sterminio.
“Non ti muovere” di Margaret Mazzantini
Coinvolgente e profondo, “Non ti muovere” è uno dei libri più amati di Margaret Mazzantini. È anche uno dei suoi più struggenti. In numerosi lo avete inserito fra i libri che vi hanno spezzato il cuore.
Una giornata di pioggia e di uccelli che sporcano le strade, una ragazza di quindici anni che scivola e cade dal motorino. Una corsa in ambulanza verso l’ospedale. Lo stesso dove il padre lavora come chirurgo. È lui che racconta l’accerchiamento terribile e minuzioso del destino.
Il padre in attesa, immobile nella sua casacca verde, in un salotto attiguo alla sala operatoria. E in questa attesa, gelata dal terrore di un evento estremo, quest’uomo, che da anni sembra essersi accomodato nella sua quieta esistenza di stimato professionista, di tiepido marito di una brillante giornalista, di padre distratto di un’adolescente come tante, è di colpo messo a nudo, scorticato, costretto a raccontarsi una verità straniata e violenta. Parla a sua figlia Angela, parla a se stesso.
Rivela un segreto doloroso, che sembrava sbiadito dal tempo, e che invece torna vivido, lancinante di luoghi, di odori, di oscuri richiami. Con precisione chirurgica Timoteo rivela ora alla figlia gli scompensi della sua vita, del suo cuore, in un viaggio all’indietro nelle stazioni interiori di una passione amorosa che lo ha trascinato lontano dalla propria identità borghese, verso un altro se stesso disarmato e osceno.
“Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini
Infine, il libro con cui Khaled Hosseini ci ha fatto innamorare delle sue storie. Una lettura coinvolgente, appassionante, che non può che emozionare chi si ritrovi fra le sue pagine.
Anche in questo caso, la trama narrata e lo stile utilizzato concorrono a creare profonda commozione ed empatia nei confronti dei personaggi. È di certo per questa ragione che in tantissimi lo avete nominato fra i libri che vi hanno spezzato il cuore.
A quindici anni, Mariam non è mai stata a Herat. Dalla sua “kolba” di legno in cima alla collina, osserva i minareti in lontananza e attende con ansia l’arrivo del giovedì, il giorno in cui il padre le fa visita e le parla di poeti e giardini meravigliosi, di razzi che atterrano sulla luna e dei film che proietta nel suo cinema.
Mariam vorrebbe avere le ali per raggiungere la casa del padre, dove lui non la porterà mai perché Mariam è una “harami”, una bastarda, e sarebbe un’umiliazione per le sue tre mogli e i dieci figli legittimi ospitarla sotto lo stesso tetto. Vorrebbe anche andare a scuola, ma sarebbe inutile, le dice sua madre, come lucidare una sputacchiera. L’unica cosa che deve imparare è la sopportazione.
Laila è nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell’aprile del 1978. Aveva solo due anni quando i suoi fratelli si sono arruolati nella jihad. Per questo, il giorno del loro funerale, le è difficile piangere.
Per Laila, il vero fratello è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma sa difenderla dai dispetti dei coetanei; il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashtu e ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra. Mariam e Laila non potrebbero essere più diverse, ma la guerra le farà incontrare in modo imprevedibile.