3 libri brevi da leggere a colazione

26 Dicembre 2025

Hai poco tempo a colazione, ma non vuoi rinunciare a qualche pagina e a un buon libro? Questi libri brevi ti vengono in soccorso

3 libri brevi da leggere a colazione

Leggere nelle prime ore del giorno fa bene alla mente, lo dice la scienza: per questo vi consigliamo ben tre libri per passare le prossime colazioni tra le pagine!

3 libri sotto le 100 pagine

Scoprite quali leggendo le trame.

“È stato così” di Natalia Ginzburg

In “È stato cosìNatalia Ginzburg prende una vicenda estrema e la spoglia di tutto ciò che, di solito, la renderebbe “romanzesca”. Tra le pagine compare una voce che parla come se stesse facendo l’inventario di una vita, con quella tipica lingua asciutta e tagliente che sa diventare più crudele proprio perché non alza mai il tono.

La narratrice racconta un matrimonio e la sua lenta deformazione: l’amore che si confonde con la dipendenza, la gelosia che non ha bisogno di prove per diventare verità, l’umiliazione domestica che si accumula in piccole scene ripetute, finché un giorno la violenza esce dal pensiero e diventa gesto. Il punto non è “perché” in senso giudiziario, ma il clima emotivo: come ci si abitua al dolore, come ci si convince che certe cose siano normali, come si smette di riconoscersi.

Ginzburg non mette il lettore nella posizione comoda di chi sceglie un colpevole e un innocente. Piuttosto, lo costringe a stare dentro una coscienza che si racconta senza chiedere assoluzioni, con una lucidità che fa male: la miseria materiale e quella sentimentale si toccano, e la famiglia – invece di essere rifugio – diventa la stanza dove si impara a perdere pezzi.

È un romanzo breve, ma non “piccolo”: fa male, sembra scritto con una lama.

“Lacci” di Domenico Starnone

In “Lacci” Domenico Starnone prende un gesto “semplice” e lo rende protagonista. Un uomo se ne va di casa, ma non scappa in silenzio: lascia dietro di sé una moglie, Vanda, che gli scrive una lettera come si scaglia un oggetto contro una porta chiusa. “Sono tua moglie”: l’identità, qui, non è un fatto anagrafico ma un nodo che stringe quando qualcuno prova a scioglierlo.

Si erano sposati giovani, all’inizio degli anni Sessanta, inseguendo una forma di libertà. Poi il mondo è cambiato, e ritrovarsi a trent’anni con una famiglia da mantenere smette di sembrare autonomia e assomiglia a una condanna. Lui adesso è a Roma, sedotto dalla grazia leggera di una donna nuova, dall’idea che i giorni possano tornare “gioiosi” per definizione. Vanda resta a Napoli con i figli, a contare il rumore del silenzio, a misurare come cresce l’estraneità dentro le stanze che fino a ieri erano casa.

Che cosa siamo disposti a sacrificare pur di non sentirci in trappola? E cosa perdiamo quando scegliamo di tornare indietro, verso i nostri passi? Starnone racconta l’abbandono come atto radicale, e insieme l’altra forza, più ostinata: quei lacci invisibili che continuano a legare le persone anche quando si giurano libere.

“La chiave” di Jun’ichiro Tanizaki

Jun’ichirō Tanizaki in “La chiave” punta la lente su una cosa apparentemente domestica (un matrimonio, una casa, un oggetto lasciato “per caso”) e la trasforma in un congegno narrativo che scatta come una serratura. La storia si muove attraverso i diari paralleli dei due coniugi: due versioni della stessa intimità, due voci che si osservano, si provocano, si correggono con una perfezione tale che quasi sembra sappiano di essere letti.

Tutto comincia da una chiave “dimenticata”, un gioco di sguardi che cresce. Tanizaki non racconta l’eros come trasgressione, ma come potere, vergogna, strategia: un teatro dove il pudore non cancella la fame, la alimenta.

A ogni pagina aumenta la sensazione che i personaggi stiano costruendo la propria trappola: un cassetto, un appuntamento, un dettaglio annotato con cura.

Pubblicato nel 1956 e a lungo discusso per il suo presunto scandalo, “La chiave” oggi colpisce per la sua modernità: mette a nudo la zona grigia in cui l’amore diventa controllo e la confessione diventa messinscena. È un romanzo breve che lascia addosso l’impressione di aver spiato qualcosa di privato e di esserne stati spiati a nostra volta.

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