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”L’esatto contrario” di Giulio Perrone, storia di un irresoluto alle prese con un mistero che può cambiargli la vita

Giulio Perrone, editore, esordisce come narratore con il noir L’esatto contrario (Rizzoli). Non riesco a considerare Giulio Perrone un esordiente, perché da sempre si muove tra i libri (altrui)...

Giulio Perrone, editore, esordisce come narratore con il noir L’esatto contrario (Rizzoli).

 

Non riesco a considerare Giulio Perrone un esordiente, perché da sempre si muove tra i libri (altrui). Però è pure vero che L’esatto contrario è un’opera prima. Ma quanti autori pubblicano il primo libro con Rizzoli? Con questa provocazione scherzosa apro l’intervista di questa settimana, chiedendo a Giulio di stare al gioco e di raccontare ai lettori di questa rubrica la storia del suo romanzo. Che tempi di gestazione ha avuto? A quanti editori lo ha sottoposto? Ha avuto la tentazione di pubblicarlo con la sua casa editrice?

Ho cominciato a scrivere il libro un paio di anni fa in maniera assolutamente improvvisa e inattesa perché nel 2005 (anno in cui nasce la Giulio Perrone Editore) avevo preso la decisione di dedicarmi esclusivamente ai libri degli altri e al lavoro editoriale. A spingermi è stata la voglia di raccontare una storia che da un po’ di tempo avevo in mente senza pensare minimamente a una possibile pubblicazione. Arrivato a metà dell’opera ho spedito quello che avevo pronto a un paio di amici editor per avere un giudizio spassionato e anche per sapere se valesse la pena andare avanti o buttare tutto a mare. Inaspettatamente uno dei due ha apprezzato talmente quello che avevo scritto e l’idea del romanzo, da spingermi a proseguire con l’idea di pubblicarlo. Inutile dire che questo mi ha dato una grande spinta a continuare, così a metà del 2014 il romanzo era finito nella sua prima stesura. Da lì è partito il consueto lavoro di editing che lo ha portato alla versione poi uscita in libreria. Devo dire che non ho mai pensato neanche per un momento di auto-pubblicarmi. L’avrei trovato scorretto e anche un po’ ridicolo, perché il senso della scrittura sta nel mettersi in gioco e nell’avere un confronto con qualcuno che dall’altra parte decide o non decide di investire su di te. Se fai contemporaneamente tutti e due i ruoli diventa abbastanza grottesco.

 

Noir, gialli, polizieschi. Un tema sul quale nelle interviste mi capita di tornare spesso è quello dei generi letterari. Gli autori sono essenzialmente di due tipi: quelli che negano l’esistenza dei generi letterari (sarebbero un’invenzione di comodo degli editori dettata da esigenze di mercato) e quelli che rivendicano orgogliosamente l’appartenenza delle loro opere a un determinato genere. Una sparuta minoranza, sparutissima anzi (credo di ricordare un solo caso), fa capire (senza affermarlo recisamente) che oggi questi sono i generi più venduti e quindi per farsi pubblicare conviene puntare su quelli. Mi piacerebbe sapere cosa pensa di tutto ciò Giulio, nella sua doppia veste di autore e di editore.

Penso che i generi esistano e che servano sicuramente a dare delle indicazioni ai lettori e anche ai librai rispetto al libro che si trovano davanti, ma non bisogna diventarne schiavi. Un libro è buono o non lo è in assoluto e al di là del genere cui viene ascritto. Detto questo, la mia scelta è stata dettata dal fatto che la trama noir si legava molto bene al personaggio che volevo raccontare. Lo ritengo inoltre uno strumento perfetto per descrivere la realtà contemporanea. Non ho mai pensato invece a questioni commerciali o di opportunità perché credo sia impossibile forzarsi a scrivere un libro che non si sente o con uno stile non proprio. 

 

Sono d’accordo con te, la summa divisio è quella tra libri scritti bene (per esempio, potrei citare come capolavori assoluti del Novecento un paio di opere di fantascienza) e libri scritti male. Ma c’è qualche vantaggio per uno scrittore che ha una lunga esperienza da editore alle spalle? Conosce errori da non fare o strategie che l’esordiente inesperto non può conoscere?

Il vantaggio sta nell’essere più consapevole di tutte le difficoltà che sorgono anche dopo la pubblicazione di un libro. Molti pensano che essere pubblicati, soprattutto se da un grande editore, sia un punto di arrivo, ma non è per niente così. L’uscita del libro è il primo passaggio e se non si riesce ad attivare un interesse, non si vende neanche una copia. Tutti si lamentano e credono che la distribuzione capillare basti a essere venduti ma ignorano che escono più di cento novità al giorno e che quindi anche una buona presenza in libreria non garantisce nulla. È necessario lavorare sul libro attraverso i social, attraverso la comunicazione stampa e anche facendo moltissime presentazioni. Il libro va accompagnato, condotto e supportato se si vuole raggiungere un buon risultato di vendita.

 

E adesso parliamo un po’ della storia che narri in questo tuo romanzo, senza troppe anticipazioni. Sembra il ritratto di una generazione un po’ confusa: appaiono confusi e spaesati in particolare i personaggi maschili, il protagonista innanzitutto. La trama noir sembra in fondo un pretesto per raccontarci la crescita un po’ tardiva di Riccardo, è così?

Uno scrittore che stimo molto durante la presentazione di Palermo ha detto che ho piegato la trama al personaggio e non viceversa e credo sia assolutamente vero; anche se il fatto criminale che dà avvio al libro è anche la prima cosa a cui ho pensato e da cui ho fatto scorrere tutto il resto. Devo dire che Riccardo rappresenta per me un tipo facile da trovare nelle nostre conoscenze, perché sono moltissime le persone che oggi scelgono di ‘sopravvivere’ e di affidarsi a quelle poche certezze che consentono di andare avanti. Le piccole passioni, come possono essere per lui il tifo per la Roma e il gruppo di amici con cui condivide da sempre ogni gioia e ogni momento di difficoltà. Persino le donne che in fondo per Riccardo sono una sorta di consolazione, un parentesi dolce nelle sue giornate un po’ piatte. Lui è al tempo stesso vittima dell’epoca che vive ma anche responsabile nel momento in cui non si mette in gioco, non rischia, non vuole avere di più. La storia che viene dal passato e lo coinvolge da vicino sarà il motore per provare a cambiare le cose.

 

Roma non è solo il luogo in cui la storia è ambientata, è molto di più: una presenza viva e costante, amata e odiata, debordante e misteriosa. Di solito non mi sforzo di trovare l’autore nelle sue pagine, mi pare operazione oziosa (per altro, cosa mai potrebbe esserci nelle pagine di un autore? Il precipitato di una miriade di esperienze, vissute o percepite), ma faccio un’eccezione per chiederti del tuo rapporto con Roma e del modo in cui esso ha influenzato la narrazione.

Ho sempre vissuto a Roma e in questo andirivieni di amore e odio mi ritrovo molto nel protagonista. L’ho scelta per questo ma anche perché mi sembrava adatta allo stile che volevo dare al romanzo. Non una narrazione dark, dura, ma ironica, sarcastica, a volte amara. Ecco, Roma sullo sfondo ti obbliga ad essere un po’ così perché anche nel momento peggiore, nella situazione più difficile riesce improvvisamente a darti un motivo per sorridere. Sarà così anche per Riccardo che nel corso della sua goffa e improvvisata indagine, pur sentendosi spesso “l’esatto contrario” di tanti personaggi che incontra nella storia, proverà a fare luce senza però mai raggomitolarsi troppo in sé stesso e mantenendo alto il grado di autoironia che lo contraddistingue.

 

Altri romanzi in vista? Altri noir?

Ho un paio di idee o meglio di progetti in testa e spero di avere quest’estate il tempo di dedicarmi ad uno dei due. Non so ancora però che tempi e che gestazione avranno perché voglio dedicarmi alla promozione del libro e anche alla parte bella che è quella di godersi la  sensazione di tenerlo tra le mani.

 

Grazie, Giulio, per il tuo tempo e le tue risposte.

 

Rosalia Messina

 

13 giugno 2015
 

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