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Le parole più ricorrenti nei libri degli ultimi anni? Crisi e infelicità

La frequenza delle parole che esprimono infelicità nei libri è fortemente correlata alla situazione economica del mondo che ci circonda: in tempi di depressione come quelli che stiamo vivendo, questi termini ricorrono sempre più spesso nel vocabolario degli scrittori...

Una ricerca inglese dimostra che, in tempi di crisi economica come i nostri, i termini più usati dagli scrittori sono quelli che esprimono infelicità

MILANO – La frequenza delle parole che esprimono infelicità nei libri è fortemente correlata alla situazione economica del mondo che ci circonda: in tempi di depressione come quelli che stiamo vivendo, questi termini ricorrono sempre più spesso nel vocabolario degli scrittori. È quanto rivela uno studio svolto tra Bristol e Londra, di cui presenta i risultati il Science Daily. Dopo aver creato un “indice di infelicità letteraria”, gli studiosi hanno dimostrato come questo sia correlato, nel corso di tutto il 20° secolo, con la situazione economica mondiale. ‘Quando osserviamo i milioni di libri pubblicati in inglese ogni anno cercando le parole che rimandano all’infelicità – ha spiegato uno degli autori, il professor Alex Bentley dell’Università di Bristol – ci accorgiamo che queste aumentano di numero se l’autore vive in un periodo economicamente difficile”.

LO STUDIO – I ricercatori inglesi hanno lavorato su sei categorie di parole che rimandano all’umore (rabbia, disgusto, paura, gioia, tristezza, sorpresa), calcolando quanto spesso queste ricorrono in un database di libri fornito dalla Google. Partendo da questi dati è stato creato “l’indice di infelicità letteraria”, in sintesi la differenza tra numero di parole tristi e numero di parole felici che ricorrono in un libro. Gli studiosi hanno scoperto che alcuni periodi, come gli anni ’80, sono caratterizzati da una tristezza letteraria maggiore di altri, che potremmo definire gioiosi.

CRISI ECONOMICA E INFELICITÀ LETTERARIA – Questo andamento altalenante somiglia alla storia economica dell’occidente, ma con qualche sfasamento. “Le crisi economiche coincidono con la fine della prima Guerra mondiale (1918), con la Grande Depressione (1935) e con la crisi energetica (1975) – spiega il dottor Alberto Acerbi, co-autore dello studio – ma in tutti questi casi la risposta letteraria si fa attendere di circa una decade. È come se gli autori sperimentassero la situazione drammatica per una decina d’anni, per poi riflettere nel lessico dei libri questo scoraggiamento generale solo dopo un po’ di tempo”. Questo gap potrebbe anche corrispondere a un dato anagrafico: gli autori hanno vissuto una situazione difficile da bambini e solo anni dopo, da adulti, hanno scritto le loro opere.

LA LETTERATURA RISPECCHIA LA CONDIZIONE UMANA  – Per dimostrare la correttezza della teoria, l’analisi ha preso in considerazione anche libri scritti in tedesco. Paul Ormerod, economista a Londra, ha detto: “Siamo stati molto attenti a trarre conclusioni affrettate, ma visti i risultati dell’analisi possiamo affermare che anche per la lingua tedesca si riscontra una correlazione simile tra situazione contemporanea e lessico. I risultati sembrano anche dimostrare che, contrariamente a quanto affermato dalla teoria letteraria post-moderna, la letteratura ha uno scopo. Serve per informare le persone della condizione umana, e i contenuti hanno una correlazione con le condizioni di un certo periodo”.

Roberta Turillazzi

13 marzo 2014

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