Le estati eccentriche di Gabriele D’Annunzio

25 Luglio 2025

C'è chi in estate si riposa, ma per Gabriele D'Annunzio la stagione estiva rappresentava un palcoscenico, un momento di vita intensa.

Le estati eccentriche di Gabriele D'Annunzio

C’è chi in estate si riposa. E poi c’è Gabriele D’Annunzio. Per lui l’estate non era solo una stagione, ma un palcoscenico . Un’occasione per dare sfogo alla sua natura più teatrale, sensuale e narcisista. In una parola: d’annunziana. Seducente e megalomane, affascinato dal lusso e dai sensi, il Vate non si accontentava di villeggiare: trasformava ogni estate in un’opera d’arte vivente , fatta di conquiste amorose, cene sontuose, bagni in laghi incantati e fughe letterarie dal sapore scandaloso. In questo articolo esploriamo alcune delle sue estati più memorabili e folli, quelle che ancora oggi alimentano la leggenda di uno degli uomini più discussi e magnetici della letteratura italiana.

Le estati eccentriche di Gabriele D’Annunzio: tra passioni proibite, profumi esotici e leggendarie fughe sul lago

Le estati di Gabriele D’Annunzio sono il simbolo perfetto del suo stile di vita: esagerate, teatrali, ossessive, barocche. Ma anche profondamente poetiche.

In quei mesi di luce e calore, il Vate inseguiva la bellezza con fame e con paura. Voleva essere amato, temuto, ricordato. E ci è riuscito. Oggi, le stanze del Vittoriale sembrano ancora trattenere l’eco di quelle estati: il rumore delle scarpe di cuoio, i sussurri tra le tende, il profumo di patchouli nell’aria immobile del pomeriggio.

Per Gabriele D’Annunzio, l’estate non finiva mai davvero. Era una promessa di eternità, un’illusione da rincorrere tra i versi e i corpi, un’opera d’arte che si consumava nel fuoco del desiderio.

Il lago come teatro della vanità

Tra le tante estati trascorse da D’Annunzio, quelle vissute tra il Lago di Garda e il Lago di Como restano iconiche. In particolare, il Vittoriale degli Italiani, che oggi è museo ma un tempo era il suo rifugio sul Garda, nacque proprio da un’estate prolungata.

Lì, dove la brezza accarezzava le sponde e i tramonti sembravano scritti da un poeta decadente, D’Annunzio faceva costruire scenografie vere e proprie per esaltare la propria presenza. Gli ospiti, rigorosamente selezionati, venivano accolti tra vasche profumate al muschio, stanze buie arredate con sete orientali e luci soffuse, mentre il poeta declamava versi o si vantava delle sue ultime conquiste. L’estate, per lui, non era riposo, ma una stagione del desiderio e della conquista . Ogni gita in barca, ogni cena sul terrazzo si trasformava in un atto rituale. Un giorno dichiarò: «Ogni mia estate deve avere un suo stile. Come una donna. Come un profumo».

Una stagione di profumi, fiori e corpi

D’Annunzio era un esteta totale, e nulla quanto l’estate stimolava i suoi sensi. Amava profumi speziati, fragranze forti, di terra e sudore, di gelsomini e incenso.

Si faceva spedire essenze rare anche nei mesi più caldi, e raccontava agli amici,  con tono da iniziato, che alcune di esse erano “filtri di seduzione”. Nelle lettere private descrive interi pomeriggi passati a letto con le persiane socchiuse, mentre l’aria sapeva di giaggiolo e spezie arabe, il tutto mentre accarezzava il corpo dell’amante di turno o leggeva a voce alta passi di Nietzsche o Baudelaire.

Le donne, le amanti, le muse d’estate

Molte delle più intense storie d’amore di D’Annunzio si sono consumate proprio durante l’estate. Alcune di queste furono passioni esplosive, al limite della follia.

Eleonora Duse, l’attrice divina, con la quale visse una relazione distruttiva e carnale, fu protagonista di lunghe estati in ville isolate, in cui i due si amavano e si laceravano , tra litigi e lettere infuocate.

Luisa Baccara , la pianista amante e segretaria del poeta, fu la compagna delle sue estati al Vittoriale. A lei toccava il compito di comporre melodie al pianoforte all’ora del tramonto, mentre D’Annunzio sorseggiava liquori speziati disteso su un divano, dettando poesie come in trance.

E poi le innumerevoli donne senza nome, chiamate nei suoi diari con soprannomi evocativi come “l’Impudica”, “la Serpente”, “la Divina del Lago”.

A ognuna dedicava una stagione, un profumo, una poesia. E poi spariva. O la faceva sparire.

Gli scandali estivi: voli, fughe e provocazioni

Non era estate, se D’Annunzio non scandalizzava qualcuno . In un’estate degli anni Dieci, organizzò un volo su una spiaggia dell’Adriatico in cui lanciò volantini scritti di suo pugno in cui si insultavano i moralisti e si inneggiava al culto del piacere.

In un’altra estate, si fece costruire un “bagno rituale” con acqua al latte e petali di rosa, in cui si immergeva completamente nudo ogni giorno a mezzogiorno.

Si racconta che fosse visibile dalle finestre di alcune stanze della villa e che lui non si premurasse troppo di chi potesse vederlo. In pubblico, appariva vestito di lino bianco, con monocolo e sigaretta d’oppio, mentre in privato si faceva massaggiare con olio d’ambra da due servitori. Tutto in lui era mise en scène, soprattutto d’estate.

Il mito della giovinezza eterna

D’Annunzio temeva l’invecchiamento, ma d’estate riusciva a ingannare il tempo. Si faceva fotografare in riva al lago con giacche leggere, camicie sbottonate, cravatte di seta dismesse con finto disinteresse.

Dichiarava che il sole “gli dava sangue nuovo” e si vantava di avere più energia di un ventenne.

Per lui, l’estate era la stagione in cui si poteva ancora essere immortali, in cui ogni amante era la prima e ogni sera poteva essere l’ultima. Viveva ogni giorno come un’ultima replica teatrale: con intensità, vanità e un pizzico di disperazione.

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