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“Le conseguenze”, una graphic novel da leggere contro la violenza sulle donne

Vi consigliamo di leggere la graphic novel dell'autrice Sted dal titolo "Le conseguenze" per denunciare la violenza sulle donne. Leggi l'intervista all'autrice

Le conseguenze” è il titolo della graphic novel contro la violenza sulle donne scritto da Stefania Lancia, alias Sted, ed edito per Another Coffee Stories. Il fumetto è corredato dalla prefazione della scrittrice Valentina Mira la quale afferma che: «Le conseguenze è magia nera, eppure guarisce. È una donna che ripara una sorellanza. È immaginare un finale alternativo. È liberare la rabbia, ripervertire ragionamenti perversi mettendoli finalmente al dritto.»

Le conseguenze

«Sei pazza?! Avrebbe potuto farti male!»

«Lo aveva già fatto. Almeno ora sa che potrebbe non andargli sempre bene.»

Intervista all’autrice

Ci descrivi l’emozione per aver ricevuto il tuo primo contratto d’edizione e nel vedere il tuo libro pubblicato?

In realtà le emozioni sono state due, la gioia e l’ansia, entrambe della stessa intensità. Quando ho preso in mano una copia stampata per la prima volta eravamo al lingotto, era il mio compleanno, il giorno prima dell’apertura del Salone e dell’uscita del libro, che coincidevano: ammetto che lì il mio lato emo ha preso il sopravvento e mi stava per scendere una lacrimuccia.

Come nasce il libro e qual è stata l’ispirazione?

“Le conseguenze” ha avuto tante nascite, soprattutto stilisticamente. Ci ho lavorato negli ultimi due anni e non riuscivo mai ad essere del tutto soddisfatta del tratto, finché sono giunta a una sintesi che m’è piaciuta: volevo che il risultato fondesse il mio tratto con quello degli anime e dei manga che amo. Spero di esserci riuscita!

Il libro è stato prefato da Valentina Mira, come nasce questo sodalizio?

Valentina è una sorella per me, l’ho conosciuta parecchi anni fa (sei!) grazie alla sua scrittura, che m’ha fatto innamorare di un amore che dura ancora: è una delle mie scrittrici preferite di tutti i tempi.

Ci siamo conosciute prima virtualmente, poi dal vivo, e il nostro rapporto si è  solidificato definitivamente quando lei era in tour col suo libro d’esordio, X, e io con “Questo non è amore – L’amore non uccide”. Erano due libri che dialogavano bene, come noi.

Valentina non è solo una grande scrittrice, la stimo anche come persona e come compagna. So che lei è un “posto sicuro”, che non è una che si riempie la bocca a vuoto. È una delle mie persone preferite al mondo.

Così quando la mia editrice mi ha chiesto se volessi che qualcuno scrivesse la prefazione a “Le conseguenze”, per me è stato spontaneo pensare a lei. Chi altri avrebbe potuto comprendere così a fondo l’anima del mio libro?

Che messaggio hai voluto lanciare con “Le conseguenze”?

I messaggi che spero “Le conseguenze” lanci sono diversi. In primis che essere socializzata donna non implica doversi accollare, come a molti piace, il concetto di “vittima”: succube, piangente, passiva, “resiliente” (mi sono studiata il significato di “resilienza” sul dizionario.

La resilienza è la “capacità di un corpo di assorbire un urto”): una donna può essere resistente. E anche qui ho fatto ricorso al dizionario, non parlo della Resistenza, che è qualcosa di collettivo, enorme, molto più grosso di me e di un libro, e di cui dovremmo parlare con cognizione di causa soprattutto visti i tempi. Parlo di resistenza intesa come l’azione che contrasta l’azione nemica.

Poi spero che “Le conseguenze” ribalti quel cliché che vuole le donne come “le peggiori nemiche delle donne”.

A chi narra le donne in questo modo fa molto comodo questo concetto, perché lascia tutto così com’è. Se le donne sono prese a litigare tra loro per lo sguardo e l’accettazione maschile, non hanno modo di mettersi insieme per resistere alla violenza maschile. Io invece questo auspico e lo riconosco come possibile.

La sorellanza transfemminista questo mi ha insegnato: che non siamo sole, non dobbiamo più esserlo. E possiamo lottare assieme e addirittura vincere.

Come hai avuto la prima idea per questo libro e cosa hai imparato scrivendolo?

La prima idea mi è venuta a partire da un profondo senso di colpa che nutro nei confronti di una persona che è uscita di botto dalla mia vita. Al tempo la biasimavo perché non avevo gli strumenti per capirla. Ora quegli strumenti li ho e vorrei tanto che quella persona sapesse che farei di più per lei. Che vorrei provarci almeno. Che se potessi tornare indietro nel tempo, andrebbe così, come va nel libro, o come vuole lei, qualsiasi cosa voglia.

Non so dirti cosa ho imparato scrivendolo, magari fra qualche mese potrò dirti cosa ho imparato portandolo un po’ in giro. Credo che sia sempre il contatto con le altre persone a insegnarmi qualcosa, la solitudine può essere ricca di creatività e ne ho bisogno per disegnare, ma le lezioni vengono sempre dal contatto con gli altri per me.

Quale personaggio letterario ti piacerebbe essere?

In generale? Più che dalla letteratura prenderei spunto dalla cinematografia e ti direi la principessa Leila di Star Wars, l’ho amata dalla primissima visione (ed ero molto piccola al tempo!), vedere una donna così forte -che non significa insensibile- è stato davvero WOW. Folgorante.

Cosa vorresti che i lettori ricordassero della tua storia?

Cito la prefazione di Valentina di cui parlavamo prima: “Che lo sappiamo che in natura le rose hanno le spine per difendersi: dovevamo solo ricordarci che le abbiamo anche noi.”

Da dove viene lo pseudonimo Sted?

Il compagno di banco al liceo mi chiamava così, non so perché da “Ste” sia passato a un certo punto a “Sted”. D’altro canto io ho iniziato a firmare i miei disegni con questo pseudonimo quando ho scoperto che Kurt Cobain si firmava Kur-d-t Cobain. Ho pensato: “Ho la D di Cobain!” e m’è piaciuto moltissimo. E quindi Sted.

Quanti libri non pubblicati hai nel cassetto?

Se parliamo di storie, un numero che tende a più infinito. Più che nel cassetto però stanno nella mia testa. Il difficile è tirarle fuori in un modo che mi renda un po’ orgogliosa, o quanto meno che non mi faccia vergognare troppo.

Quello della violenza di genere è un tema attuale e l’impressione è che neanche la sensibilizzazione costante dell’opinione pubblica riesca a diminuirne la portata. Qual è secondo te il maggiore ostacolo culturale e sociale che incontra chi vuole fermare questo tipo di abusi e creare consapevolezza attorno ad essi?

In primis considerarlo un tema. La società abbandona sistematicamente intere fasce di popolazione e anziché prendercela con suddetto sistema ce la prendiamo con individui che sono la dimostrazione che il sistema non funziona.

A meno che reputiamo giusto che esistano persone di serie a e persone di serie b. Per me tutto questo è inaccettabile.

Ed è estremamente collegato alla violenza di genere, che pure è sistemica e non si risolve prendendosela con un singolo violento, ma con tutto ciò che c’è dietro quel singolo cresciuto violento, tutte le persone che evidentemente non hanno fatto abbastanza per crescerlo non violento.

La responsabilità è collettiva. Finché non accetteremo questo assunto, la situazione non migliorerà secondo me.

Come sei diventata fumettista?

Ho sempre disegnato da quando ho imparato a tenere in mano una matita. È qualcosa che credo facciano un sacco di bambini, forse tutti? Crescendo però in molti smettono. Io non ho mai smesso. Non so perché. Sicuramente ha a che fare con il modo in cui mi sento quando disegno: leggera. Libera.

Una sera è venuto a cena da me un amico, ha trovato una pila di miei disegni e m’ha detto due cose: che erano bellissimi. E che ero un’egoista a tenerli per me. Mi ha fatto sentire benissimo e malissimo contemporaneamente.

Mi è rimasto sto tarlo in testa per un bel po’, non volevo essere egoista, ma non sapevo come far uscire quei disegni dalla mia cameretta. Facevo parte della libreria indipendente del centro sociale, avevamo il festival di letteratura e io mi sono ritrovata al banchetto dei fumetti.

Ho aperto un libro di Zerocalcare e sono rimasta folgorata. Ho capito che potevo fare proprio così, unire disegno e scrittura per dire le mie cose. E così ho fatto ed eccoci qui.

L’autrice

Stefania Lancia, classe ‘93, in arte Sted, è una fumettista marchigiana.

Scarabocchiava sin da piccola e crescendo decide di unire il disegno alla scrittura impegnata. Ha collaborato come vignettista con Intersezionale Magazine tra il 2020 e il 2021.

Alcune sue tavole sono state esposte assieme alla mostra fotografica sulla violenza di genere “The Consequences” di Stefania Prandi, al Teatro Massimo di Cagliari, tra maggio e giugno 2021.

Ad ottobre 2021 ha autoprodotto“ Questo non è amore – L’amore non uccide”, graphic novel destinata ad un enorme successo.

A settembre 2022 ha autoprodotto “(Non) tutte le vignette!”, una raccolta delle sue strisce a fumetti.

Collabora con centri antiviolenza, collettivi transfemministi e associazioni di volontariato, con cui ha realizzato live painting, laboratori di fumetto per tutte le età, laboratori di psicodramma.

“Le conseguenze” è il suo terzo libro a fumetti ed è edito e pubblicato nel 2024 da Another Coffee Stories.

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