Il romanzo definitivo del 900 perché “La morte di Virgilio” di Hermann Broch è un libro necessario

30 Dicembre 2025

Un capolavoro assoluto del Novecento: "La morte di Virgilio" di Hermann Broch è un romanzo estremo e visionario che riflette su arte, potere, verità e fine della civiltà. Un libro che interroga il senso stesso della scrittura.

Il romanzo definitivo del 900 perché “La morte di Virgilio” di Hermann Broch è un libro necessario

Ci sono libri che raccontano una storia e libri che interrogano il senso di raccontarla. “La morte di Virgilio” appartiene senza esitazioni alla seconda categoria. Pubblicato nel 1945, in un mondo appena uscito dall’orrore della guerra, questo romanzo monumentale non è soltanto l’opera più ambiziosa di Hermann Broch, ma uno dei testi più radicali della letteratura europea del Novecento.

Leggerlo significa accettare una sfida: non quella della trama, ma quella del pensiero. Broch immagina l’ultima notte di vita del poeta Virgilio, malato, febbricitante, ossessionato dall’idea di distruggere l’Eneide. In questo spazio temporale sospeso, il romanzo si trasforma in una lunga meditazione sul valore dell’arte, sulla responsabilità dell’intellettuale e sul rapporto ambiguo tra bellezza e potere.

“La morte di Virgilio” Non è un libro “facile”, né vuole esserlo. È un libro necessario.

“La morte di Virgilio” non è un romanzo da consigliare a tutti. È un romanzo da incontrare quando si è pronti a mettere in discussione le proprie certezze sulla letteratura e sul mondo. Hermann Broch ha scritto un libro che non teme di essere scomodo, oscuro, radicale.

Ed è proprio per questo che, a distanza di decenni, continua a parlare con una forza impressionante: perché ci ricorda che la vera arte non serve a decorare il potere, ma a metterlo in crisi.

Chi era Hermann Broch: uno scrittore contro il suo tempo

Nato a Vienna nel 1886 in una famiglia ebraica benestante legata all’industria tessile, Broch arrivò tardi alla letteratura. Per anni lavorò nell’azienda di famiglia, coltivando privatamente i suoi interessi intellettuali. Solo dopo la morte del padre, negli anni Venti, vendette tutto per dedicarsi allo studio di matematica, filosofia e psicologia all’Università di Vienna.

La sua traiettoria è atipica ma rivelatrice: Broch diventa scrittore quando la fiducia nei valori della modernità è già incrinata. Frequenta figure centrali del Novecento come Robert Musil, Rainer Maria Rilke ed Elias Canetti, e con la trilogia “I sonnambuli” inaugura una riflessione radicale sulla corruzione dei valori nella società contemporanea.

L’arresto da parte dei nazisti nel 1938, seguito dall’esilio prima in Europa e poi negli Stati Uniti, segna definitivamente la sua visione del mondo. “La morte di Virgilio” nasce proprio da questa frattura storica ed esistenziale: è il libro di un autore che ha visto crollare la civiltà europea dall’interno.

La morte di Virgilio: un romanzo senza compromessi

Un’anti-biografia che diventa metafisica. “Il Virgilio di Broch” non è l’eroe classico, ma un uomo morente che dubita. Durante il viaggio di ritorno ad Atene, il poeta latino è tormentato dal pensiero di aver tradito la verità dell’arte mettendo la propria poesia al servizio del potere imperiale di Augusto.

L’Eneide, capolavoro assoluto della letteratura occidentale, diventa così oggetto di accusa: è davvero possibile creare bellezza senza compromesso? O ogni opera che si lascia celebrare dal potere è già, in parte, una menzogna? Broch non risponde: costringe il lettore a restare dentro la domanda.

Lingua, forma, vertigine

Dal punto di vista formale, La morte di Virgilio è un’esperienza estrema. Prosa e poesia si fondono, il flusso di coscienza si dilata, il tempo narrativo si frantuma. Realtà, allucinazione e memoria convivono senza gerarchie.

Non c’è una narrazione tradizionale: c’è una immersione totale nella mente di un uomo che sta morendo e che, proprio per questo, vede con lucidità spietata ciò che conta davvero. È un libro che chiede lentezza, concentrazione, disponibilità a perdersi. Ma proprio in questa difficoltà risiede la sua forza.

Arte, potere e responsabilità

Il cuore del romanzo è una domanda che resta attualissima: qual è la responsabilità dell’artista di fronte al potere?

Virgilio teme che la sua poesia, pur perfetta, abbia contribuito a legittimare un ordine politico fondato sulla violenza. Broch scrive questo libro mentre il mondo scopre Auschwitz e Hiroshima: non è un caso. La morte di Virgilio è un atto d’accusa contro ogni estetica che dimentica l’etica. La bellezza, sembra dirci Broch, non basta. Se non è attraversata dalla verità, può diventare complice.

Perché leggere oggi “La morte di Virgilio”

“La morte di Virgilio” chiede al lettore di interrogarsi sul senso della letteratura, sul valore della parola, sulla possibilità di dire il vero in un mondo che preferisce l’apparenza.

È un libro che parla agli scrittori, agli artisti, ma anche a chiunque si chieda quale sia il prezzo della bellezza quando viene separata dalla responsabilità.

 

 

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