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”La lezione di Falcone è sempre viva nei giovani di oggi” di Francesca Barra

SPECIALE GIOVANNI FALCONE - La giornalista, scrittrice ed autrice televisiva e teatrale Francesca Barra rende omaggio al giudice Giovanni Falcone a 20 anni dalla strage di Capaci, dove perse la vita insieme alla moglie e a 3 agenti della scorta...

Sono nata in un paese in Basilicata che ha sempre fornito tanti stimoli e scenari meravigliosi. Culturalmente purtroppo non è mai stata una zona molto viva e non ho alcun ricordo di quel terribile 23 maggio 1992. Poi ho deciso di partire, stimolata da questo fatto e dalla voglia di conoscere, di sapere. A distanza di tanti anni ho capito che la memoria è fondamentale perché le nuove generazioni vengano informate di tutto ciò che accade: è il loro strumento di critica, di lotta e di resistenza. Allora mi si aprì un mondo davanti ed è forse anche per queste mie lacune che decisi di intraprendere la mia professione. Ho raccontato tantissime storie, conosciuto diversi profili umani e incrociato quella meravigliosa figura che è stato Mario Francese, il giornalista ucciso dalla mafia sotto casa nel 1979 di cui poco si è parlato e troppo presto è stato messo in sordina. Crescevo e capivo, spinta dal desiderio di cercare un perché. Interrogativo che ho sciolto quando mi è stato chiesto di raccontare la storia di Giovanni Falcone, l’esempio e la figura di riferimento, forse più alta, che la nostra generazione ha avuto e deve avere in un momento di crisi così forte.

Ricordare la storia di qualcuno che crede nello Stato e nell’applicazione delle leggi, quando oggi sembra che le leggi siano contro la società civile e lo Stato non più un punto di riferimento, ho pensato che fosse un dovere morale.  Giovanni Falcone non aveva figli e con la compagna Francesca aveva deciso di non averne proprio perché non voleva farli crescere in una situazione così pericolosa. Oggi la custode spirituale e morale del giudice è la sorella Maria. Grazie a lei è nata e sopravvive la Fondazione Falcone e se non fosse stato per lei oggi il giudice Falcone avrebbe rischiato, come purtroppo in un certo senso accadde in vita, di essere non dico dimenticato, perché è impossibile visto che le sue leggi sono il suo più grande testamento che ci ha lasciato, ma quanto meno di essere raccontato alle nuove generazioni. Quello che mi stupisce è vedere ragazzini di dieci, undici anni, seguire con interesse e annuire quando io racconto chi fosse Giovanni Falcone, cosa che io, alla loro età, non avrei mai potuto fare.

Ci sono uomini che hanno calpestato il sangue di altri uomini e uomini che sono chiamati a pulirlo. Quello che è successo sabato a Brindisi è terribile, aberrante. Colpisce una generazione che stava smettendo di avere paura e tentando di tornare a combattere. Ma i giovani oggi vogliono pulire quel sangue versato. Non ignorano assolutamente cosa sta succedendo e questo è un grande valore della nostra società. Ciclicamente ci raccontano che i ragazzi sono pigri ma ciò non è vero: lo dimostrano i libri che comprano anche grazie a una nuova generazione di scrittori e giornalisti che ha permesso di avvicinare con un nuovo linguaggio i ragazzi. Se prima parlare di mafia era soltanto appannaggio di una casta o un’intellighenzia poco rappresentativa del nostro Paese o più tecnica, oggi invece i ragazzi si informano, leggono, ne parlano in televisione, ne scrivono sui giornali. Di questo dobbiamo dare merito soprattutto ad associazioni come Libera, a persone come Roberto Saviano, ai ragazzi calabresi che fanno le marce, manifestazioni spontanee che nel nostro Paese, soprattutto in certi territori, suscitano una eco quasi rivoluzionaria. Le scuole richiedono questi incontri di riflessioni, i giovani si avvicinano ai libri di denuncia, di inchiesta ed è questo ciò che fa veramente capire che il mondo sta cambiando. Ma se nessuno ce lo dice continueremo a pensare che non sia così.

 

Francesca Barra

 

22 maggio 2012

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