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“La divergenza della serie armonica”, un libro da leggere sulla resilienza

Oggi vi consigliamo il libro "La divergenza della serie armonica", scritto da Giuseppe Farella che parla del concetto di resilienza

Il libro che vi consigliamo oggi è “La divergenza della serie armonica” scritto da Giuseppe Farella per Another Coffee Stories: l’opera parla di resilienza, ovvero “la capacità di un materiale di assorbire gli urti”, ma anche delle persone di reagire e affrontare le problematiche della vita. 

Il libro sarà presentato, il 14 aprile 2024 alle ore 19:00. Vecchie segherie Mondadori (Bisceglie) ospiterà l’evento che vede coinvolti altri autori come Ivana Ferriol, Rudy Pesenti, Edith Maria Frattesi, Valentina Gambino e Libera Martignetti.

Gli autori sono uniti da un comune denominatore letterario: la resilienza. L’incontro ha come mission quella di costruire un percorso di resilienza attraverso la letteratura e sarà moderata da Giada Anna Altomare.

Entrato nel linguaggio comune, il lemma “resilienza” si riferisce alla capacità e abilità propria della persona di superare un evento traumatico, riprendendo con forza e coraggio la propria vita.

La divergenza della serie armonica

Sinossi del libro

Joshua è un ragazzo introverso e insicuro che fatica a trovare un posto nel mondo.

Soltanto l’incontro con Marta riesce a infondergli nuove consapevolezze e, soprattutto, a fargli provare il vero amore. Almeno fino a quando qualcosa non cambia.

Marta pian piano diventa scostante, passa sempre più tempo fuori casa, non si lascia sfiorare.

Josh perde tutto, ogni tassello del suo mondo in apparenza perfetto si sgretola.

Questa spirale di dolore lo porta ad affrontare un percorso tanto angosciante quanto disperato dentro e fuori di sé. 

Un viaggio verso un luogo cupo, infernale, in compagnia di un uomo misterioso che lo guida per vicoli oscuri e boschi tenebrosi. Solo quando il suo mentore gli comunicherà di essere giunti a destinazione, Josh scoprirà il senso del suo viaggio.

«Ti domandi mai come sarebbe andata la tua vita se avessi fatto scelte diverse?»

Intervista all’autore Giuseppe Farella

Ci descrivi l’emozione per aver ricevuto il tuo primo contratto d’edizione e nel vedere il tuo libro pubblicato?

Grazie per la domanda, mi ha riportato alla mente un piacevole ricordo. Faccio una premessa: oggi credo non sia facile per un esordiente affacciarsi in questo mondo.

Esiste una zona grigia in cui gravitano diversi personaggi pronti ad approfittare dei sogni di chi ha un libro nel cassetto che vorrebbe pubblicare. Sia ben inteso, con questo non voglio spaventare nessuno, piuttosto invitare tutti i coloro che aspirano a diventare scrittori a prestare sempre la dovuta attenzione.

Mi riferisco alle Case Editrici a pagamento che a mio avviso sono il male dell’editoria seria, e mi riferisco a pseudo scrittori/agenti/editor che millantando contatti e amicizie presso questa o quella importante Case Editrice, truffano soldi e fiducia dei poveri malcapitati che cadono nella loro rete. Tornando alla domanda, ricordo come fosse ieri quando finalmente ottenni il mio primo e inaspettato contratto di pubblicazione: novembre 2021, quella la data.

Non vi nascondo che la sorpresa fu tanta, anche perché era quasi un anno che provavo a inviare il mio manoscritto a destra e a manca, molto spesso senza ottenere risposta. E proprio quando stavo per perdere le speranze, ecco la proposta di pubblicazione da parte di Another Coffee Stories.

Di loro, mi aveva colpito il progetto editoriale, giovane ma al tempo stesso innovativo, e un catalogo variegato ma in linea con il mio romanzo, per questo non esitai ad accettare la loro collaborazione. Poi a volte il destino è assai strano: infatti, pochi giorno dopo aver firmato il contratto, ricevetti alcune proposte da parte di altre Case Editrici, proposte che però non presi in considerazione visto che sapevo di aver già scelto per il meglio.

A dicembre dello stesso anno scoprii di essere stato inserito in calendario e che la pubblicazione del mio romanzo sarebbe avvenuta a ottobre dell’anno successivo.

E devo dire che quel giorno non lo scorderò mai: 6 ottobre 2022, una data davvero molto importante per me.

Come nasce il libro e qual è stata l’ispirazione?

Posso dire che il libro, o almeno l’idea embrionale del romanzo, trae la propria origine durante il periodo della mia adolescenza. Ero un quindicenne piuttosto confuso e arrabbiato – cosa peraltro comune a tanti adolescenti di ieri e di oggi – e il mio sogno era quello di fare il disegnatore di fumetti.

Quelli erano gli anni in cui Cobain urlava al mondo tutta la sua rabbia e il suo senso di inadeguatezza e io volevo fare il fumettista, volevo creare e disegnare le mie storie, scriverne i dialoghi, insomma occuparmi di tutto a 360 gradi; ispirato da autori come Frank Miller, Moebius e James O’Barr, volevo immaginare mondi misteriosi e sospesi, eroi sfaccettati e iconici, proprio come nei testi di gente del calibro di Alan Moore, Garth Ennis e Neil Gaiman.

Così, è in uno di quei pomeriggi passati a disegnare personaggi strambi che germoglia in me questa storia. E pensare che in quel momento la mia intenzione era quella di farne un fumetto! Però, a onor del vero, non ho mai cominciato a disegnare neanche una sola tavola.

E poi succede che la vita ti conduca per altre strade, a volte verso sentieri polverosi e sconosciuti, allontanandoti dai tuoi sogni, fino a che un giorno, chiamatela coincidenza, fato o magia, a distanza di vent’anni avviene qualcosa. Incontro una persona, si occupa di libri, dice di fare lo scouting letterario e mentre mi parla, misteriosamente quell’idea che avevo sepolta nella mente riaffiora. Passano alcuni giorni così la contatto raccontandole del mio libro; il suo invito fu quantomai netto: “Inizia a scrivere”, mi disse. E così cominciai.

Cosa ha ispirato il titolo del tuo libro?

Quando ho iniziato a scrivere il romanzo avevo già tutto ben chiaro nella mia testa: le caratteristiche del protagonista, i suoi limiti, le sue debolezze, comprimari e antagonisti; conoscevo già i fatti, l’evoluzione della storia, la piega che a un certo punto avrebbe preso, lo strappo; immaginavo persino quale sarebbe stata la fine. Insomma, sapevo tutto tranne una cosa: il titolo.

Però, accanto a quello che avevo ben chiaro, ero a conoscenza anche di un altro aspetto: sapevo che questo romanzo avrebbe vissuto dei suoi contrasti. Sì, perché al suo interno avrei accostato elementi in antitesi tra loro, avrei parlato di amore e odio, dolcezza e violenza, follia e ragione, buio e luce, vita e morte.

E quest’idea del contrasto mi rimbalzava in testa continuamente, ossessivamente.

Un giorno, in macchina, stavo ascoltando un programma radiofonico; parlavano di alcuni teoremi matematici e tra i diversi menzionati ve ne fu uno in particolare che mi colpì: “la divergenza della serie armonica”. Rimasi folgorato. Mi colpì perché trovavo quell’accostamento di parole la perfetta rappresentazione della mia idea di contrasto.

Quando tornai a casa approfondii il significato matematico del teorema, ma non ci capii molto, però più quel titolo mi girava in testa, più lo trovavo perfetto per la storia. Così è rimasto.

Oggi, a distanza di quasi cinque anni, posso dire che penso ancora che quello fosse il titolo più giusto per il mio romanzo.

Come costruisci i tuoi personaggi e la tua trama?

Bella domanda. A volte, quando cerco di descrivere il metodo di costruzione dei miei romanzi, scherzandoci un po’ su, lo definisco in maniera impropria (assolutamente impropria!) metodo Actor’s Studio. Perché quando immagino una storia è come se fossi sia regista che attore.

Regista, perché so già dove e come si muoveranno le varie scene che comporranno il mio film/romanzo, attore, perché come in una sorta di mood stanislavskiano mi immergo, mi immedesimo totalmente nel personaggio che voglio raccontare cercando di diventare lui.

È come se interpretassi una parte, un ruolo. Cerco di azzerarmi, di diventare altro. E questo credo mi aiuti a inventare dei character reali, non banali e mai uguali a sé stessi, ma in continuo viaggio, in perenne cambiamento, proprio come è l’uomo. E penso che chi leggerà la Divergenza della Serie Armonica noterà che il protagonista che troviamo alla fine del testo è una persona diversa rispetto all’inizio del libro; questo perché il suo viaggio dentro e fuori di sé lo ha portato a un cambiamento.

Credo che questo metodo si avvicini un po’ all’idea di sceneggiatura.

In questo libro emerge il concetto di resilienza. In che modo il tuo personaggio esercita resilienza?

Già, la resilienza. Faccio una confessione: io odio questo termine. Però allo stesso tempo devo ammettere che è una parola affascinante. La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire gli urti; la gomma è resiliente, il linoleum è resiliente, il PVC è resiliente.

Ma l’uomo? Possiamo dire che, al pari dei materiali appena citati, anche l’uomo sia resiliente? Lui che per sua natura è fatto di ossa, carne, tessuti molli e cartilagini, lui che quando viene colpito duro dalla vita si spezza, lui che quando è investito da eventi drammatici implode, ecco, di fronte a tutto questo, possiamo asserire con assoluta certezza che anche l’uomo sia resiliente? Non lo so.

Ciò che so è che il protagonista del mio romanzo esercita la resilienza solo attraverso la propria disperazione. E potrebbe sembrare assurdo che due elementi così idiosincratici tra loro possano coesistere, ma è così.

Quanto è importante essere resilienti e qual è secondo te, un modo per sviluppare resilienza attraverso la letteratura?

Per me essere resilienti significa opporsi agli eventi, significa rialzarsi, significa credere in qualcosa. Ecco perché ritengo sia importante essere resilienti. E sì, credo che la letteratura possa giocare un ruolo determinante in questo.

Ma dobbiamo portare questo concetto alle nuove generazioni, e dobbiamo farlo nelle scuole, nello sport, in tutti i luoghi di aggregazione. Solo in questo modo potremo contribuire alla creazione di una società resiliente.

L’autore

Giuseppe Farella nasce a Bari nel 1981. Consegue il diploma scientifico e attualmente lavora come Project Manager presso un’azienda di Telemarketing e Comunicazione.

È appassionato di cinema, fumetti, musica e sport.

Nel 2021 partecipa a un corso di scrittura creativa presso la Scuola Holden.

Nel tempo, quando non scrive, ama andare a correre. Tra i suoi autori preferiti si possono annoverare: Haruki Murakami, Neil Gaiman, Alan Moore,  MirceaCărtărescu, Niccolò Ammaniti, Nicola Lagioia. La Divergenza della Serie Armonica è il suo primo romanzo.

“Scorsi dall’altra parte del bancone, nella penombra, due occhi blu che mi fissavano.

Un blu intenso. Ricambiai per un attimo ma poi, imbarazzato, volsi subito lo sguardo sul collo della bottiglia che stringevo tra le mani.

Ero sorpreso.

“Probabilmente mi avrà scambiato per qualcun altro”. Fui talmente idiota che guardai persino dietro di me, credendo ci fosse qualcuno. Invece no, non c’era nessuno.

Così alzai lo sguardo girandomi in direzione di quei due fari, timoroso ma allo stesso tempo speranzoso di ritrovarli: e sì che li ritrovai.

Sempre lì, sempre intensi, avvolgenti. Fari che squarciavano la notte, in grado di bruciarti la pelle, far avvampare il viso, il corpo, l’anima. Poi riuscii a poco a poco a individuare anche il contorno.

Carnagione scura, capelli lunghi e castani, un neo vicino alle labbra. Un bellissimo neo, che impreziosiva tutto il resto come un grosso diamante incastonato in un anello d’oro. Rimasi pietrificato.”

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