“La Cina ha vinto”, una provocazione utile e scomoda di Alessandro Aresu per capire il potere cinese

12 Ottobre 2025

Un saggio breve e provocatorio: in “La Cina ha vinto” Aresu racconta la Cina stratega tra tecnologia e industria, e cosa tutto questo implica per l’Europa.

“La Cina ha vinto”, una provocazione utile e scomoda di Alessandro Aresu per capire il potere cinese

La Cina ha vinto”, titolo forte e duro del saggio che vi presentiamo oggi, è palesemente una provocazione che Alessandro Aresu sceglie per costringerci a guardare la mappa del potere globale partendo da Pechino, non più dall’Atlantico.

Nelle 144 pagine del volume, l’autore invita a leggere la Cina come “stato–partito–tecnologia–capitale”: un ecosistema in cui industria, apparato politico e ricerca si sostengono a vicenda con obiettivi di lungo periodo, a differenza di altri Paesi.

Feltrinelli presenta il libro proprio in questi termini: un invito a “spostare lo sguardo” e a riconoscere che, nel XXI secolo, il centro di gravità non è più necessariamente occidentale.

Di cosa parla davvero questo saggio?

Una chiave forte del testo è l’attenzione alle politiche industriali — dai chip alle batterie, passando per le piattaforme digitali — e il pensiero di “ideologi” del potere cinese, come Wang Huning, il teorico che ha attraversato tre leadership contribuendo al lessico della “rinascita nazionale” e della “civiltà digitale”; su di lui, Aresu ha scritto a più riprese, aiutando a mettere a fuoco l’ingegneria sociale di lungo periodo con cui la Cina legittima sviluppo e controllo.

Un’altra cornice interpretativa arriva da Areale (podcast), dove Aresu ha discusso di “nuova guerra fredda ecologica”: competizione per standard verdi, catene del valore e tecnologie pulite. È lo sfondo che nel libro ritorna quando si parla di sussidi, transizione e dipendenze strategiche.

Alessandro Aresu: profilo e competenze

Aresu, nato a Cagliari nel 1983, è consigliere scientifico di “Limes” e analista di politiche pubbliche. Ha lavorato come consulente per istituzioni italiane (Presidenza del Consiglio, MEF, Agenzia Spaziale Italiana) e società internazionali; ha poi pubblicato libri su capitalismo politico e tecnopolitica — tra cui “Il dominio del XXI secolo” e “Geopolitica dell’intelligenza artificiale“. Un profilo che spiega la concretezza “tecnica” del suo sguardo sul potere.

“La Cina ha vinto” e l’accoglienza

La ricezione più avvertita del libro ha letto quel “ha vinto” non come un verdetto, ma come una scossa cognitiva: un invito a riconoscere lo spostamento del baricentro geopolitico e le sue conseguenze per un Paese come l’Italia, come suggerisce un’analisi recente.

Nelle conversazioni più ampie l’autore ha chiarito l’idea della Cina come piattaforma di potere: disciplina istituzionale, formazione delle élite, accumulo tecnologico. In questo senso “ha vinto” vuol dire soprattutto che gioca in casa su molte partite del XXI secolo — dagli standard industriali alle infrastrutture digitali — più che proclamare una supremazia definitiva.

In altri dialoghi pubblici e colloqui di taglio economico, Aresu ha insistito su una postura che rifiuta la caricatura “amico/nemico”: la relazione con Pechino è competizione selettiva con spazi di cooperazione.

Il punto, allora, non è indignarsi ma riformarsi — scuola, ricerca, politica industriale, attrazione dei talenti — per non restare cornice del quadro altrui.

A fare da sfondo concettuale, anche una puntata-dossier sul tema, mentre la scheda editoriale ribadisce la natura “provocazione metodica” del titolo.

L’importanza dei temi del libro di Aresu

Aresu propone di guardare la Cina non come un “grande mercato” brulicante di Pmi intraprendenti, ma come uno Stato-stratega: una macchina che combina pianificazione, campioni nazionali e definizione di standard.

Dentro questa cornice, l’avanzata nelle filiere critiche — pannelli solari, batterie, veicoli elettrici — non appare più come un miracolo improvviso, bensì come l’esito di scelte coerenti nel tempo: investimenti direzionati, protezione dell’industria nascente, controllo delle interfacce dove si decide il gioco — norme, piattaforme, logistica.

Da qui discende la seconda intuizione: la competizione globale non è solo fra imprese, ma fra ecosistemi tecnologici; semiconduttori, cloud, intelligenza artificiale, tecnologie “verdi” formano catene del valore dove il potere politico pesa tanto quanto quello industriale.

Aresu lega hardware, software e regole: export control, screening sugli investimenti, sicurezza dei dati. È la stessa traiettoria che attraversava i suoi libri precedenti, aggiornata alla fase post-pandemica in cui il lessico della “sicurezza economica” è entrato nelle scelte dei governi.

Il ruolo dell’Europa

In questo scenario, l’Europa può essere la “terza sponda” solo se smette di pensarsi come platea e si comporta da attore: politica industriale esplicita, uso intelligente del golden power, tutela dei talenti e dei nodi di ricerca. Altrimenti — è l’avvertimento — resterà campo di gioco degli altri, costretta a rincorrere standard e piattaforme altrui. Il punto, per Aresu, non è tifare: è dotarsi degli strumenti per non subire.

Le obiezioni utili

Un rischio del titolo è suggerire un esito definitivo, mentre la Cina affronta fragilità reali: demografia in declino, mercato immobiliare in crisi, occupazione giovanile sotto pressione. I dati più recenti mostrano una disoccupazione giovanile urbana al 16,9% (metodologia nuova, studenti esclusi), segnale di tensioni strutturali della crescita.

La lunga ristrutturazione di Country Garden fotografa la profondità della crisi real estate. Questi elementi non smentiscono il focus di Aresu, ma ne temperano l’asserto: “ha vinto” come vantaggio posizionale, non come fine della storia.

Altra obiezione riguarda il linguaggio del potere: quanto reggerà nel tempo un equilibrio che accetta livelli elevati di controllo interno per alimentare la proiezione esterna? Aresu, più che rispondere, propone una cassetta degli attrezzi per porre le domande giuste: leggere i documenti, osservare i piani, capire dove vanno capitali e cervelli.

Stile e metodo

Aresu scrive da policy analyst: prosa asciutta, esempi concreti, letteratura strategica citata senza accademismo. La forma breve della collana Scintille funziona: comprime l’argomento e lascia al lettore la voglia di approfondire con i titoli precedenti dell’autore su IA e tecnologie critiche.

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