Perché recuperare “La cattiva strada” (1944), il libro di Sébastien Japrisot sugli amori proibiti

27 Luglio 2025

Uscito ora in edizione economica per Adelphi, “La cattiva strada” ci restituisce una voce acerba ma sicura, capace di illuminare le zone più delicate e ambigue del desiderio, della fede e della scoperta di sé.

Perché recuperare “La cattiva strada” (1944), il libro di Sébastien Japrisot sugli amori proibiti

La cattiva strada” di Sébastien Japrisot è un piccolo romanzo che arriva a passo silenzioso, ma si pianta nel cuore con la forza di un amore impossibile, raccontato con una limpidezza quasi spiazzante. Scritto nel 1950 da un diciottenne che avrebbe poi firmato alcuni tra i più noti noir francesi del secondo Novecento, questo libro è un’opera prima e, insieme, un gesto dirompente: come se la giovinezza dell’autore gli avesse permesso di osare ciò che il pudore adulto non avrebbe concesso. Uscito ora in edizione economica per Adelphi, “La cattiva strada” ci restituisce una voce acerba ma sicura, capace di illuminare le zone più delicate e ambigue del desiderio, della fede e della scoperta di sé.

“La cattiva strada” (1944) di Sébastien Japrisot, un amore proibito e inarrestabile

“La cattiva strada” parla di Denis, quattordici anni, scolaro in un severo collegio religioso nella Marsiglia del 1944, in piena occupazione tedesca. Tutto inizia con una febbre, e con l’ingresso nella sua stanza d’infermeria di suor Clotilde, giovane anch’ella, ma legata dal voto di castità.

Clotilde ha da poco preso i voti, ma dietro il suo abito cela un’inquietudine profonda…

Tra i due nasce un legame immediato — quello che tra i trope moderni chiameremmo ista-love — fatto di dialoghi accennati, mani che si sfiorano, silenzi che diventano sempre più densi; insomma, un vero e proprio “amore a prima vista” che, tuttavia, risulta impossibile.

Quel che però colpisce nel racconto di Sébastien Japrisot non è tanto la dinamica scandalosa della relazione — un ragazzo minorenne che si prende la cotta per una suora — quanto il modo in cui l’autore riesce a sospendere ogni giudizio e a far parlare solo la forza dell’attrazione, l’autenticità dei sentimenti, spingendo il lettore a parteggiare per i due giovani protagonisti, fino ad abbandonare la morale.

Denis non è una vittima, né Clotilde è una seduttrice: sono due anime fuori posto, che si riconoscono. Due “mal partiti”, come recita il titolo originale francese, che si attraggono nonostante tutto ciò che il mondo oppone tra loro.

“La cattiva strada”, un romanzo mai esplicito che fa sospirare il lettore

La scrittura è sorprendentemente misurata, quasi pudica, se si considera l’età dell’autore. Sébastien Japrisot racconta l’amore fisico senza mai essere esplicito, e forse proprio per questo il desiderio emerge con più potenza; al diavolo gli spicy, Sébastien Japrisot riesce a far sospirare il lettore anche così! Non c’è morbosità, né retorica: solo l’inadeguatezza struggente di due persone che vorrebbero stare insieme e non possono. L’amore tra Denis e Clotilde è fatto di piccoli gesti, lettere rubate, attese interminabili.

Nel frattempo, la guerra attorno a loro continua a imperversare e, come se nulla fosse, i due sono chiusi nella loro bolla. È proprio questo isolamento emotivo, questa purezza resistente al rumore del mondo, a regalare alla storia una dimensione quasi estraniante. L’amore, qui, è l’unico vero motore che muove il sole e l’altre stelle — per citare Dante.

Entrambi fuggono dal proprio passato, rinchiusi nelle mura sacre. Lui dallo sguardo gesuita e lei da una perdita, o forse una colpa, un dolore. Ma nel romanzo non c’è una chiara critica alla religione, solo una domanda incisa tra le righe: “Credi nel tuo Dio se puoi, ma credi soprattutto nella vita”. È questa la tensione che guida tutta la narrazione, e che rende “La cattiva strada” un libro profondamente umano: non l’opposizione tra giusto e sbagliato, ma il tentativo di sopravvivere a ciò che ci viene imposto.

Il capolavoro dimenticato di Sébastien Japrisot

Non stupisce che la critica abbia accolto questo romanzo come un piccolo capolavoro dimenticato. Molti recensori ne hanno lodato la semplicità della lingua, la sobrietà della forma e la forza universale dei sentimenti descritti. Sébastien Japrisot scrive come chi conosce il peso dell’amore prima ancora di saperne parlare davvero: ed è forse per questo che il romanzo funziona così bene. Non c’è una voce onnisciente che spiega o commenta; tutto passa attraverso lo sguardo del giovane protagonista, che osserva e sente, senza filtri. È una storia di iniziazione, ma non nel senso tradizionale: non una formazione verso la maturità, bensì la scoperta improvvisa della passione, della fragilità e della scelta.

Rileggere oggi “La cattiva strada”, a più di settant’anni dalla sua prima pubblicazione, significa confrontarsi con un’idea di amore che non accetta etichette, che si fa spazio nella crepa di ciò che è proibito. E significa anche ascoltare una voce giovane, forse ingenua, ma capace di raccontare con verità qualcosa che molti adulti hanno dimenticato: che amare è spesso un atto controcorrente. Per questo motivo, la nuova edizione economica Adelphi non è solo un’occasione per scoprire un testo fuori dai radar, ma anche un invito a interrogarci su quanto siamo ancora disposti a rischiare per seguire il cuore.

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