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“La bambinaia francese”: una storia nella storia

“La bambinaia francese”, di Bianca Pitzorno, racconta le medesime vicende del celebre romanzo ottocentesco inglese sotto una nuova ottica, riscrive la storia attraverso gli occhi di Sophie...

Quando ero una fanciulla, le bambinaie romanzesche non esistevano più. Erano i tempi delle baby sitter che, durante le ore in cui genitori, insegnanti o educatori non erano presenti, si prendevano cura dei piccoli, a volte con passione, a volte per inerzia, fra un cartone animato e un problema di matematica. Ma il fascino di queste figure cattura anche chi, come me, non ne ha avuto esperienza diretta.

 

Sophie vi porta lontano.

Prima in Francia, poi in Inghilterra, poi nelle Antille.

Fa anche di più, vi permette di valicare limiti temporali, proiettandovi nell’Ottocento.

E già queste caratteristiche, proprie di un buon romanzo storico, basterebbero per spingervi a preparare una valigia di emozioni e ad intraprendere il viaggio.

Eppure c’è di più.

Dopo alcune pagine, un interrogativo si farà, infatti, sempre più pressante nella vostra mente: dove siamo? Molte figure e molti luoghi vi sono noti, li conoscete nei dettagli, seppur tramite la carta. Siete finiti dentro il romanzo Jane Eyre di Charlotte Brontë! E non solo, ecco spuntar fuori due figure scappate dalla penna di Charles Dickens.

Un viaggio così, cari lettori, è davvero insolito.

La bambinaia francese”, di Bianca Pitzorno, racconta le medesime vicende del celebre romanzo ottocentesco inglese sotto una nuova ottica, quella rivoluzionaria e giacobina che si respirava in Francia, la quale viene filtrata attraverso gli occhi di un personaggio secondario, Sophie, appunto, che, stavolta, prende voce da solista e riscrive la storia dalla propria angolazione: la narrazione assume colori diversi e si farcisce di nuovi eventi e di nuove problematiche, come la schiavitù nelle colonie o l’emancipazione femminile tramite l’arte.

Il lavoro di ricerca storiografica condotto per la stesura del testo è encomiabile: i riferimenti letterari, filosofici, musicali e antropologici sono esaustivi e precisi, ma non opprimono il lettore, anzi, lo rendono l’ennesimo personaggio, quello a chi è affidata la libertà di esprimere la propria opinione, al termine della lettura.

Secondo l’insegnamento del Cittadino Marchese, adorabile personaggio del romanzo della Pitzorno, ogni lezione non contempla un ruolo definito che separa colui che insegna da colui che impara, ma la verità, quella imperfetta e molteplice perché squisitamente umana, emerge dal confronto e nessuno è tenuto ai margini del palco.

La musica ha inizio, ergetevi sulle punte e liberate le membra: roteate protesi verso l’alto, in cerca di nuove, e infinite, microstorie che non sempre appaiono ciò che sono realmente.

 

Emma Fenu

 

16 agosto 2015

 

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