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Khaled Hosseini, ”Un buon scrittore deve sensibilizzare la gente di fronte alla guerra e alle tragedie”

Portare l’attenzione dell’opinione pubblica sui rifugiati di tutto il mondo. E’ questa la mission di uno scrittore impegnato secondo Khaled Hosseini, autore di best-seller come Il cacciatore di aquiloni...

L’autore afgano, recentemente in Siria, parla della sua esperienza a stretto contatto con gli abitanti sopravvissuti alla guerra e costretti a ripartire da zero

MILANO – Portare l’attenzione dell’opinione pubblica sui rifugiati di tutto il mondo. E’ questa la mission di uno scrittore impegnato secondo Khaled Hosseini, autore di best-seller come ‘Il cacciatore di aquiloni’, intervistato da Libreriamo in occasione di un forum online organizzato dal The Guardian per parlare con l’autore afgano sulla crisi dei rifugiati del mondo e le sfide che devono affrontare le persone sfollate a causa del conflitto. Impegnato nei giorni scorsi in un viaggio in Siria in cui è stato a stretto contatto con gli abitanti sopravvissuti alla guerra e costretti a ripartire da zero, Khaled Hosseini ha risposto in questo modo alle nostre domande.

In che modo scrittori e intellettuali possono aiutare la gente che vive in terre di conflitto?
Posso parlare per me stesso. Penso che la cosa migliore che posso fare, all’interno dei miei propri mezzi e limiti, è quello di cercare di portare l’attenzione sui rifugiati di tutto il mondo, in un modo da sensibilizzare la gente nei loro confronti. Ho scoperto che le persone non necessariamente vengono colpite da statistiche e cifre, ma spesso vengono scosse o colpite molto più efficacemente se le si sollecita a livello umano.

Cosa porta con sé del suo viaggio in Siria?
Dopo la mia visita in Siria, mi sento come se i miei occhi siano stati aperti al massimo. Negli ultimi tre anni, avevo seguito la crescente crisi ed i suoi sviluppi attraverso le notizie di guerra. Ma le statistiche, utili comunque, non possono raccontare una storia umana. Solo ora, dopo la mia visita, posso cominciare a capire l’eredità spaventosa di questa guerra non come un consumatore di notizie, ma come un essere umano. Tutte le vite rovinate , le famiglie distrutte, tutti i sogni che sono stati spazzati via, giovani che rischiano di essere buttati via. Incontrare i rifugiati, sorseggiare tè con loro, ascoltare le loro storie, tutte queste esperienze trasformano numeri e cifre in volti umani. Ero profondamente commosso da quello che ho visto.

Qual è la situazione nella sua città Kabul? Qual è la speranza per il futuro?
C’è stato un recente aumento degli attacchi a Kabul, come probabilmente saprete, molti dei quali sono attribuibili alle prossime elezioni e alla promessa dei talebani di interromperle con la violenza.
Per quanto riguarda il futuro, i prossimi anni saranno un periodo di ansia e di incertezza per molti afgani. La grande domanda che tutti si pongono è come la Nato e la riduzione della presenza dell’esercito americano influenzeranno la sicurezza in Afghanistan. So che molte persone, tra cui molti afgani, temono un ritorno alla lotta intestina e ai giorni della guerra civile del 1990. Cosa che, francamente, sarebbe uno scenario da incubo. La mia speranza è che le elezioni evitino che si possano ripetere questi conflitti, e che chi è al potere questa volta possa esercitare maggiormente un ruolo di moderazione. Ma di ciò non si può essere sicuri, lo scopriremo nel corso dei prossimi anni.

3 aprile 2014

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