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Juan Jacinto Muñoz Rengel, ”Nel mio romanzo contamino più generi in un unico libro”

Il signor Y. è un solitario: rimasto orfano da piccolo, da sempre cerca rifugio nei libri e in un mondo popolato da grandi pensatori e letterati del passato. Così ce lo presenta Juan Jacinto Muñoz Rengel, autore de ''L'assassino ipocondriaco'', suo romanzo d'esordio uscito quest'anno in Spagna e poi in Italia. La storia è quella di un killer professionista che crede di soffrire di ogni malattia di cui abbia letto nei libri...

L’autore spagnolo parla del suo libro d’esordio, “L’assassino ipocondriaco”

 

MILANO – Il signor Y. è un solitario: rimasto orfano da piccolo, da sempre cerca rifugio nei libri e in un mondo popolato da grandi pensatori e letterati del passato. Così ce lo presenta Juan Jacinto Muñoz Rengel, autore de “L’assassino ipocondriaco”, suo romanzo d’esordio uscito quest’anno in Spagna e poi in Italia per Castelvecchi Editore. La storia è quella di un killer professionista che crede di soffrire di ogni malattia di cui abbia letto nei libri, e di cui prima di lui hanno sofferto personaggi come Kant, Descartes, Voltaire, Poe, Swift, Proust. Perennemente in fin di vita – ogni giorno è secondo lui il suo ultimo giorno –, il signor Y. deve portare a termine un ultimo incarico: uccidere l’inafferrabile signor Blaisten. Questa l’ossatura della trama, da cui si sviluppa un libro che spazia dal racconto giallo e dalla parodia alla riflessione filosofica e metaletteraria.

 

Perché ha deciso di mescolare più generi in un unico libro? Voleva fare una parodia dei romanzi gialli, far ridere il lettore, oppure entrambe le cose?

Penso entrambe, ma non ne sono sicuro. Quel che è certo è che la contaminazione tra generi modella l’intero libro. Da subito ho iniziato a scrivere molto liberamente, ed è forse per questo che il romanzo oltrepassa i percorsi già battuti e costruisce da sé le proprie regole. Ed è per questo che è così difficile etichettarlo. In verità, si potrebbe dire che si tratta di un romanzo “di generi”.

 

In tutto il mondo il giallo è uno dei generi di maggior successo. Il suo libro però è solo in apparenza un giallo, giusto? Pensa che si sia esagerato con le pubblicazioni di questo tipo?

Effettivamente solo a una prima occhiata  il mio romanzo si può classificare come un giallo, ma in realtà non lo è. E non è neppure un thriller, né un  romanzo poliziesco, né un “mistery novel”. C’è certamente un tributo alla “crime fiction”, ma i meccanismi sono quelli della parodia. Subito infatti emergono altri generi: la parodia, il fantasy, l’urban fiction, il romanzo gotico, il metaromanzo. Dopo oltre un secolo di romanzi gialli, il modo migliore per continuare a fare cose nuove è l’ibridazione. 

 

Il protagonista è una figura complessa: ce lo può descrivere?

Come tutti i killer professionisti, è un solitario. Rimasto orfano da piccolo, si trova a crescere solo in un Paese straniero, e da quel momento inizia a costruirsi un suo mondo privato.  Dotato di un temperamento  eccessivamente sensibile, si rifugia nei libri, dove raccoglie informazioni su ogni genere di malattie: una volta convintosi di averle tutte, inizia ad andare in cerca di altri animi sensibili come lui, e con loro (con Kant, Descartes, Voltaire, Edgar Allan Poe, Jonathan Swift, Proust) popola il suo universo e dà un senso alla propria esistenza. Questo pover’uomo, il signor Y., si sente perseguitato dalla cattiva sorte, ma chi lo conosce sa che la causa della sua sfortuna risiede nella sua stessa immaginazione.

 

Il libro ha avuto ottime recensioni: si aspettava questo successo? Ha altri romanzi in cantiere?

Non mi aspettavo per nulla questo successo, difatti il libro è rimasto per qualche anno chiuso in un cassetto. Fortunatamente, nel frattempo stavo già scrivendo il mio nuovo romanzo, che uscirà tra qualche mese in Spagna e spero molto presto in Italia, sicché non mi sono ritrovato successivamente a dover lavorare sotto pressione.

 

Il signor Y. cerca rifugio nella filosofia e nei libri: che ruolo hanno questi nella vita del protagonista? E nella sua?

Per lui i libri sono estremamente importanti, perché sono i suoi amici immaginari – i suoi unici amici – e il suo solo conforto. Da parte mia, attraverso questa storia ho voluto rendere un omaggio a grandi personaggi che ammiro e, soprattutto, mostrare che anche i geni devono fare i conti con la malattia – e anche molti di loro si ritengono perseguitati dalla sfortuna.

 

Purtroppo in Italia non si legge molto. Anche in Spagna c’è lo stesso problema?

Penso che da questo punto di vista Italia e Spagna siano i due Paesi europei più simili tra loro, almeno stando alle statistiche. Solo il 50% degli spagnoli legge almeno un libro all’anno, e lo stesso dato vale per l’Italia. Nelle graduatorie sulla diffusione della lettura siamo il fanalino di coda dell’Europa, ma per fortuna siamo gli unici due Paesi nei quali il pubblico dei lettori sta crescendo.

 

30 novembre 2012

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