Sei qui: Home » Libri » Jonathan Safran Foer, “Il problema è che non siamo mai chi vorremmo essere”

Jonathan Safran Foer, “Il problema è che non siamo mai chi vorremmo essere”

"Sono molto grato all'Italia", ha detto Jonathan Safran Foer (l'autore di "Ogni cosa è illuminata") alla seconda anteprima di Tempo di Libri

MILANO – “Sono molto grato all’Italia. L’editore Guanda mi ha scoperto, pubblicando il mio primo romanzo prima qui che nel mio paese, e l’affetto dei lettori è sempre fantastico”, ha detto Jonathan Safran Foer (l’autore di “Ogni cosa è illuminata” e “Molto forte incredibilmente vicino“) alla seconda anteprima di Tempo di Libri, tenutasi ieri sera al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano, davanti a un pubblico numeroso ed entusiasta. Con lui sul palco c’erano la scrittrice e direttrice di Tempo di Libri Chiara Valerio, che ha dialogato con lo scrittore americano, e l’attore Fabrizio Gifuni, che ha interpretato magistralmente alcuni brani dell’ultimo romanzo di Safran Foer, “Eccomi” (Guanda 2016).

LE SEPARAZIONI – “Jonathan Safran Foer – ha detto Chiara Valerio – è il cantore delle separazioni e in questo ultimo romanzo lo ha dimostrato in maniera definitiva”. A partire dalla separazione dei due protagonisti, infatti, riesce a parlare di tutte le distanze. Non a caso Jacob, il protagonista di “Eccomi”, misura ogni cosa. “Jakob misura la distanza tra dove si trova e dove si crede di essere, chi è e chi vorrebbe essere. Misura distanze piccole, come quelle domestiche, a quelle grandi, come quelle relative a Israele. Il problema nel misurare le cose è che durante la misurazione le distanze cambiano”. Un personaggio, questo di Jacob, che per tutto il romanzo tenta di raggiungere la propria identità finale. “Ma fare una cosa del genere è parecchio difficile – ha raccontato Safran Foer – perché ognuno di noi è molto affezionato a tutte le sue diverse identità e scegliere vorrebbe dire escludere tutte le altre”. D’altra parte, qualcuno diceva che ogni scelta è una rinuncia.

UNA SCRITTURA AUTENTICA – Un’altra cosa alla quale Safran Foer non rinuncerebbe mai è l’autenticità della scrittura. “Il mio processo di scrittura – ha confessato – non è né intellettuale né argomentativo e cerco di non pensare troppo perché pensare troppo, come nel sesso o nel basket, può essere pericoloso”. E poi ci vuole gioia e convinzione. “Una delle cose che mi dà più felicità è la consegna del romanzo all’editore – ha detto l’autore – perché è proprio in quel momento che mi rendo conto che quello di cui ho parlato mi ha appassionato fino all’ultima parola. Scrivo ogni libro come se fosse l’ultimo, non tanto perché penso che morirò a breve, ma perché fra un anno o due non sarò la stessa persona che ero, per dire, sei mesi fa”. Una convinzione che va oltre la sua vita di scrittore. “L’altro giorno ero sulle Dolomiti con i miei figli – ha raccontato in chiusura – e ho detto loro di dire addio alle montagne, perché quando ci torneranno saranno persone diverse e quelle cime trasmetteranno loro tutt’altre emozioni. Quello che hanno provato questa volta, così come la persona che ha scritto ‘Eccomi’, non esisteranno mai più”.

© Riproduzione Riservata